Racconti dall'ospizio #31 – Putty, la palla pazza che strumpallazza
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
La storia di Putty ha inizio nei primi anni Novanta in casa System 3. Lo studio e publisher britannico fondato un decennio prima da Mark Cale ha già messo a segno bombe clamorose del calibro di Myth: History in the Making, dei due International Karate e dei tre The Last Ninja, giusto per citare tre cosette, e si appresta a lanciare sul mercato uno fra i giochi di piattaforme più eccentrici, particolari e ingegnosi di quegli anni: Putty (o Silly Putty, Super Putty, o ancora Putty Moon a seconda del territorio e/o della piattaforma). Protagonista del gioco è, ovviamente, Putty, una specie di blob blu dalla forma sferica, capace di estendersi e trasformarsi in vari modi, mettendo alla prova la sua clamorosa elasticità. Putty è stato scacciato dalla luna su cui abita, invasa dalle forze dello stregone Dazzledaze, e deve cavarsela sul pianeta sottostante, liberando una serie di robot che lo aiuteranno nell'impresa.
Al momento dell'uscita, Silly Putty viene accolto dalla stampa specializzata come un nuovo messia del gioco di piattaforme per computer. La puntualizzazione “per computer” è d'obbligo, perché il confronto con certi pezzi da Novanta dagli occhi a mandorla già usciti su console sarebbe impietoso, ma effettivamente, nel filone dei platform/puzzle game, e soprattutto su Commodore Amiga, in quegli anni il gioco di System 3 non teme rivali. A renderlo vincente è soprattutto l'ingegnosità delle meccaniche e delle idee di gioco, con la pallotta blu che può deformarsi per attaccare i nemici, allungarsi per raggiungere piattaforme lontane, gonfiarsi per svolazzare in giro (ma pagando lo sforzo in salute) e appiattirsi per fagocitare quel che le passa sopra.
Quest'ultima mossa, in particolare, è particolarmente versatile, dato che permette di nascondersi, rifocillarsi, portare in giro i robot da salvare in ogni livello, eliminare alcuni nemici e, in certi casi, assumere fattezze e poteri degli antagonisti. E ci sono anche altre trovate folli, tipo la possibilità di distrarre temporaneamente i nemici producendo una tazza di caffé o scatenando la disco music. Tutte queste idee, unite a un level design particolarmente ricco e curato, anche se stronzo come si conviene per quegli anni, danno vita a un gioco intelligente, impegnativo ed esaltante, giustamente amato da critica e pubblico. Arrivano le classiche mille conversioni e, ovviamente, arriva anche il seguito. O forse no.
La storia di Putty Squad è infatti un coacervo di sfiga e fallimenti. Sviluppato da subito per Amiga 1200, ma in lavorazione anche per PC, Sega Megadrive e Super NES, il gioco raggiunge gli scaffali dei negozi solo sotto forma di cartucce per la macchina Nintendo, mentre le altre edizioni finiscono vittime di un teatrino ai limiti della barzelletta, figlio di mercati che stanno cambiando quando va bene, morendo quando va male. La versione Amiga, fatta e finita, si manifesta nel 1994 sotto forma di demo regalata da svariate riviste e viene inviata alla stampa per le recensioni, più o meno tutte trionfali. Non uscirà. La versione Megadrive, anch’essa pronta, viene inviata nel 1995 a svariate riviste europee e recensita con entusiasmo. Non uscirà. La versione PC non viene mai completata, ma si manifesta comunque sotto forma di demo allegata ad alcune riviste nello stesso anno. Ovviamente, non uscirà.
Quindi, insomma, perlomeno in quegli anni, il secondo e ultimo episodio della serie arriva nei negozi solo in versione nintendosa, dove per altro va a confrontarsi con una concorrenza vagamente agguerrita. L’accoglienza trionfale da parte della stampa rimane comunque stampata nero su bianco ed è, in linea di massima giustificata dalle numerose novità introdotte, fra il rinnovato sistema di controllo, la semplificazione di alcune meccaniche, l’estensione dei livelli decisamente superiore e il divertimento che il gioco è in grado di regalare a chi ha il coraggio di sostenere la sfida, ovviamente, ancora una volta micidiale. Però, appunto, solo su Super NES.
Sebbene la serie si concluda col secondo episodio, però, la storia di Putty Squad non finisce così, nella mestizia dell’oscurità. Diventato ormai oggetto del mito, il gioco torna a manifestarsi a più riprese e in forme diverse. Nel 1997, un’azienda di nome Alive Mediasoft sostiene di avere per le mani la versione Amiga e che la metterà in vendita a breve. Incassa i soldi di svariate prenotazioni e poi sfuma tutto nel nulla, probabilmente con il titolare fuggito a Cuba. All’inizio del decennio successivo, il programmatore John Twiddy annuncia di avere il gioco completo e sembra volerlo distribuire, ma non se ne fa nulla. Rimane quindi tutto nel limbo fino al 2013, quando System 3 regala un doppio colpo. Da un lato pubblica gratuitamente, tramite il suo sito ufficiale, la ROM della versione Amiga 1200, giocabile quindi tramite emulatore o piazzandola su dischetto. Dall’altro ne pubblica, su praticamente tutti i formati del momento, a cavallo fra 2013 e 2014, un remake in alta definizione, con grafica ridisegnata (per approfondire, consiglio questa intervista dell’epoca).
Il remake viene accolto dalla stampa in un tripudio di pernacchie, anche se molti fan, pur non amando il restyle visivo, apprezzano il risultato. Rimane comunque forse discutibile il tipo di remake, che prova a svecchiare l’estetica, senza però trovare particolare ispirazione e conservando in toto gli elementi più anacronistici del design, bastardo e ottuso come un tempo. Gli ultimi lampi di vita, botte per gli appassionati terminali, arrivano nei due anni successivi. Nel 2014, la campagna di raccolta fondi per il libro Commodore Amiga – a visual Commpendium propone nel taglio d’offerta da 60 sterline una copia scatolata di Putty Squad per Amiga 1200 in edizione limitata. Ne esistono solo cento al mondo e una me la sono puppata io. Così, lo segnalo. Un anno dopo, un matto fan di Sega riesce a recuperare un prototipo del gioco in versione Sega Megadrive e lo rende disponibile gratuitamente sotto forma di ROM. Così si chiude il cerchio, anzi, la sfera gommosa, e tutte le versioni di quel gioco dal destino così folle sono finalmente disponibili. E io, qualche tempo fa, ho ripreso in mano primo e secondo episodio per Amiga e me li sono giocati a suon di bestemmie.
All’epoca, Silly Putty mi sfiorò appena. Misi le mani su una copia, ehm, pirata, e non riuscii mai ad innamorarmene, vuoi per una difficoltà obiettivamente altina, vuoi perché senza il manuale mi mancavano varie informazioni utili nell’approccio a nemici e situazioni, vuoi perché, si sa, coi giochi pirata ti stanchi in fretta e passi ad altro. Tipo a quelli originali che hai pagato molto di più. A rigiocarci oggi, comunque, non mi sono stupito né delle lodi che ricevette né del mio scoglionamento quasi istantaneo. È effettivamente un gioco estremamente ingegnoso, pieno di soluzioni brillanti e, per l’epoca, spettacolari, oltre che caratterizzato da uno stile visivo surreale e delizioso. La colonna sonora a rotazione stanca un po’ ma, insomma, è figlia dell’epoca.
E col seguito, che all’epoca non provai mai, va ancora meglio: rispetto al sistema di controllo onestamente un po’ legnoso della prima uscita, Putty Squad rilancia con movenze più morbide, armoniose e moderne, proponendo oltretutto un level design più arioso e ricco e una sfida lievemente meno ostica. Intendiamoci, tanto nel recuperare il primo, quanto nel giocarmi il secondo, ho ringraziato il santo patrono dei save state, ma i passi avanti fra i due episodi sono innegabili sotto tanti punti di vista. Anche se, va detto, in quest’ansia da semplificazione, Putty si perde per strada alcune fra le sue abilità più affascinanti in termini di trasformazioni e strumenti di difesa.
Chiaramente, comunque, si tratta di antiquariato puro, giochi che oggi bisogna avere una gran voglia di affrontare. Lo stesso Putty Squad, che rispetto al legno massello di Silly Putty sembra pura avanguardia postmoderna, è un gioco brutalmente dei suoi tempi, oggi ostico, impietoso e invecchiato come in fondo lo sono tutti (o quasi) i platform game di quegli anni, soprattutto quelli di matrice occidentale. Rimane però un’adorabile testimonianza dell’ingegno, della fantasia e della voglia di innovare che i piccoli sviluppatori europei dell’epoca riuscivano a infondere nei loro giochi, oltre che il lascito di un’odissea produttiva forse ancora più figlia di quel periodo rispetto al gioco stesso. Se siete curiosi e volete metterci le mani su, comunque, non c’è molto da girarci attorno: lasciate perdere il remake di Putty Squad, che come progetto ha davvero poco senso, e recuperate i due pezzi originali, poco importa se in copia fisica da far girare sull’hardware adatto o passando per il fantastico mondo degli emulatori. Tirerete bestemmie in quantità bibliche, ma vi delizierete.