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Ruiner - Vi vedo… ROSSI!

Ruiner - Vi vedo… ROSSI!

Reikon Games sembra non avere dubbi: il mondo nel 2091 sarà cyberpunk, distopico, metallico ma soprattutto rosso! Un’orda di lampadine e luci rosse invaderà il pianeta, forse a causa di problemi nella produzione di led di tonalità differente, tingendo tutto di tinte cremisi. Cremisi come il sangue che scorre copioso fra le strade, i vicoli e i palazzi abbandonati della fittizia cittadina di Renkok, ma anche e soprattutto sui guanti di pelle del protagonista di Ruiner, Puppy.

Guidato dalla strana, inquietante e pucciosa hacker Her, Puppy non è esattamente un tipo loquace, anzi. Gran parte della sua espressività è affidata alla maschera/schermo, simile a quella di Wrench di Watch Dogs 2, che ne copre completamente il volto e mostra immagini e scritte differenti a seconda delle situazioni in cui si trova, con effetti a volte comici, a volte drammatici. Ciò in cui Puppy è bravo, però, è uccidere, e non a caso è quello che sarà chiamato a fare per gran parte del gioco: sterminare ondate dopo ondate di nemici e boss in arene più o meno complesse, in maniera non dissimile, almeno concettualmente, da quanto accadeva in Hotline Miami.

Sul piano stilistico, c’è ben poco da eccepire, nella realizzazione di Ruiner, che riesce a dipingere un futuro cyberpunk non particolarmente originale ma ben congegnato, brutale e brutalista non solo nelle sue logiche interne, ma anche nell’aspetto, fatto di contrasti cromatici forti e qualche tocco neon. In particolare, ho adorato Rangkok, la città che fa da sfondo agli avvenimenti del gioco e che funge anche da hub, col suo look squisitamente Blade Runner e i tanti strani abitanti che la popolano. Le citazioni e i rimandi ad altri, più famosi approcci al cyberpunk, specie quello nipponico, si sprecano, spaziando dall’ovvio Ghost in the Shell fino ad arrivare ad Evangelion.

Dal punto di vista del gameplay, il paragone più semplice è certamente quello con Hotline Miami, svestito delle sue tinte lisergiche anni Ottanta qui sostituite da un approccio ben più realistico e meno surreale. Nell’essenza, Ruiner è infatti un twin-stick shooter in visuale isometrica, meno semplificato e più ambizioso rispetto a quanto siamo normalmente abituati a vedere. Sono infatti disponibili decine di armi con caratteristiche e comportamenti radicalmente diversi, sia per quel che riguarda gli approcci a distanza, che per quello corpo a corpo. Inoltre, il giocatore ha a disposizione una buona quantità di abilità diverse e relativi upgrade, da acquisire avanzando nell’avventura grazie a un sistema di punti esperienza qui chiamati “karma” (Shadowrun, anyone?), che permettono di avere accesso a punti abilità ad ogni level up. Questi punti abilità possono poi essere usati per attivare i vari poteri, ed è possibile riassegnarli in ogni momento, anche durante uno scontro. Fra i poteri spicca sicuramente un dash (chiamato Rapid Movement Booster ovvero RMB, e indovinate qual è il pulsante di default per attivarlo?), per spostarsi velocemente da un punto all’altro delle arene di gioco. È inoltre possibile concatenare questi scatti attivando una sorta di breve bullet time e scegliendo più punti della mappa in cui far scattare sequenzialmente il protagonista. I poteri a disposizione di Puppy spaziano comunque anche in altre direzioni: scudi, bonus all’attacco o al drop delle armi, controllo mentale e tanti altri classici del mondo dei potenziamenti.

Le tinte perennemente rosse di gran parte del gioco sono affascinanti ma alla lunga stancano.

Come già anticipato, Ruiner presenta meccaniche decisamente più complesse rispetto alla media dei suoi colleghi. Ma tutto questo accrocchio risulta divertente, oltre che stiloso Personalmente ho avuto qualche problema a divertirmi con Ruiner, e gran parte degli elementi di gioco fin qui descritti ha finito per estraniarmi, piuttosto che invogliarmi. Specialmente in relazione all’altro grande problema del gioco: la difficoltà. Non sono un giocatore particolarmente masochista ma neanche uno che si tira indietro di fronte a una sfida, specie quando è posta in una maniera chiara e giusta. Con Ruiner l’approccio è risultato essere molto più quello di un “Difficile solo per il piacere di farlo”, con la difficoltà Normale caratterizzata da sbalzi e a volte muri di frustrazione. Nella maggior parte delle situazioni non c’è modo di memorizzare pattern, che cambiano ad ogni respawn, e raramente ho percepito una sensazione di crescita delle mie abilità nel gioco avanzando di ondata in ondata, fattore fondamentale per invogliare a misurarsi con situazioni ostiche anche al trecentesima tentativo. Si ha l’impressione che, gran parte delle volte, il destino di Puppy sia nelle mani del fato che decide gli spawn dei nemici o, al più, di una scelta adatta delle configurazioni di abilità, che hanno un peso troppo spesso fondamentale per la buona riuscita di passaggi particolarmente ostici. Certo, è possibile assegnare i propri punti abilità quante volte si vuole, ma ciò snatura abbastanza le prospettive di freneticità del gioco, ritrovandosi spesso a ripetere il ciclo di “Prova lo scenario, crepa, riprova con un’altra configurazione, crepa” ecc.

Gli strambi personaggi che abitano le vie di Rangkok mi sono sembrati la parte più interessante del gioco, per quanto quasi del tutto avulsi dal normale gameplay.

C’è anche da segnalare un chiaro scompenso nell’equilibrio delle varie abilità: ad esempio, la granata in grado di frastornare i nemici sembra del tutto imprescindibile nell’economia del gioco, così come ogni bonus al drop di armi e punti vita, mentre altre abilità paiono del tutto inutili, per esempio il controllo mentale, che prende troppo tempo per un beneficio tutto sommato limitato. Nel complesso, ho avuto l’impressione che il gioco spingesse affinché “risolvessi” un determinato scenario come se fosse un puzzle a soluzione unica, con i punti abilità come variabili, piuttosto di lasciarmelo affrontare per diventare più abile in spari e schivate. Inoltre, l’utilità della schivata concatenata al rallentatore mi è sembrata del tutto risibile, non permettendo al giocatore di effettuare azioni fra uno scatto e l’altro. Il tutto senza considerare che spesso il gioco ci pone in quelle classiche situazioni bassamente frustranti di instant death, del tipo “Entri nella stanza e mezzo secondo dopo un laserone ti fa a pezzi senza alcuna avvisaglia”, che trovo francamente becere. A tutto ciò aggiungo anche che Ruiner ha una certa tendenza a lanciare addosso al giocatore “bullet sponge” non indifferenti, tanto per allungare un poco il brodo e fornire bullet timealla cazzo di cane, risultando ancora più confusionario del dovuto. Non posso non segnalare anche la grossa ripetitività degli ambienti e delle situazioni di gioco. Possibile che il 2091 non offra nient’altro che lunghi corridoi metallici costellati di corpi insanguinati e luci rossastre?

Notate che Her indossa, fra le altre cose, anche una spillina col marchio del sacrificio del manga Berserk.

Nel complesso, Ruiner non è un pessimo gioco, ma ha un approccio abbastanza confusionario e sbilanciato al gameplay, che non mi ha divertito particolarmente fin dalle primissime fasi, nonostante mi ritenga un grande fan di Hotline Miami. Inoltre, la difficoltà brutale e ad andamento verticale, unita all’assenza di una reale percezione di crescita delle mie capacità, ha ulteriormente spento i miei entusiasmi. Può darsi che, come nelle migliori (o peggiori?) conclusioni di una storia d’amore, sia tutto un “Non sei tu, sono io!”, ma sinceramente Ruiner mi è sembrato molto più stile che sostanza.

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Ho giocato a Ruiner grazie a un codice Steam gentilmente offerto dagli sviluppatori completando in tre ore circa tre quarti della storia principale, prima di crollare di fronte a un misto di frustrazione e noia. Ho guardato il resto del gioco su YouTube (saltando qui e là), sperando in un sussulto o una sorpresa nelle fasi finali, che però non si verifica. Ruiner è disponibile anche su PlayStation 4 e Xbox One.

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