Racconti dall'ospizio #126 - God of War: Chains of Olympus, Spade del Caos in metropolitana
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Se Sony avesse prodotto console portatili nel 1989, sicuramente avrebbe tirato fuori un oggetto molto più simile all’Atari Lynx che non al Game Boy. La visione della casa del walkman è sempre stata una, sia per le console da salotto che per quelle da mettere in tasca, ovvero potenza prima di tutto, quasi un “desktop replacement”.
È con questa idea in testa che alla fine del 2004 in Giappone, e l’anno successivo nel resto del mondo, arriva sugli scaffali dei negozi la Playstation Portable, nome che era appunto un manifesto: una Playstation Portatile, con tutti i pro e i contro che una scelta simile si porta dietro. I pro, ovviamente, sono la potenza, un impatto grafico impossibile sui Nintendo DS che allora dominavano il mercato mobile. Per altro, proprio grazie a un hardware veramente possente, e sempre in linea con la strategia già utilizzata con PlayStation 2, Sony mirava a far diventare PSP un device multimediale a tutto tondo, con la possibilità di acquistare non solo giochi, ma anche film e di navigare su internet.
Purtroppo, maggiore potenza significava anche maggiori risorse da mettere in campo per produrre giochi che giustificassero un hardware di tale portata, e considerando la velocità e facilità con cui la console portatile di Sony è stata craccata, la cosa rendeva molto poco remunerativi progetti di livello adeguato. Da non sottovalutare, per altro, il fatto che Sony aveva deciso di gestire la piattaforma con supporti proprietari, sia quelli che contenevano i giochi o i film (i vituperati Unversal Media Disk, UMD per gli amici), sia per le schede di memoria per i salvataggi, le costosissime Memory Stick.
Tutto 'sto pippone per dire che God of War: Chanis of Olympus, prequel del primo God of War per PlayStation 2, uscì in un contesto non proprio semplicissimo. Il team ingaggiato per portare Kratos sullo schermo da 4,3” fu Ready at Dawn, studio californiano capitanato dal possente Andrea Pessino, che sbaragliando i più che leciti dubbi nell'immaginare un gioco graficamente imponente come God of War su una console portatile, face un ottimo lavoro.
Chains of Olympus è un God of War al 100%, senza se e senza ma. Durante lo sviluppo, in Ready at Dawn si sono resi conto di un piccolo problema: la console non ce la faceva a gestire il gioco, perché la frequenza a cui girava il processore, 222 MHz, era insufficiente per muovere tutto quel ben di Dio. Così Sony, con un upgrade del firmware sblocca, la frequenza del processore, che può arrivare al massimo consentito, ovvero a 333 Mhz. Nonostante questo potenziamento, Chains of Olympus fa fatica in diversi punti e il frame rate è tutt'altro che granitico, ma insomma mi sembra che sia un piccolo prezzo da pagare per poter mulinare le Spade del Caos in metropolitana.
Come si diceva prima, PSP è stata una fra le piattaforme più massacrate dalla pirateria della storia videoludica. La procedura che permetteva di installare il cosiddetto “custom firmware” era relativamente semplice e molti si sono lanciati nel modificare la console non solo per usare i giochi scaricati a scrocco, ma anche per usufruire dell’immenso parco di homebrew che la scena underground produceva, emulatori delle vecchie piattaforme su tutti.
Purtroppo, Chains of Olympus e il suo seguito, Ghost of Sparta, sono stati tra i titoli più scaricati e utilizzati illegalmente della storia di PSP, e ahimè era anche fisiologico, visto che sono rimasti probabilmente i giochi tecnicamente più impressionanti nella softeca della piccola console Sony. E proprio su questo tema si era espresso Ru Weerasuriya, co-fondatore insieme a Pessino di Ready at Dawn, che poco prima dell'uscita di Ghost of Sparta aveva rilasciato interviste decisamente forti, dove si chiedeva che senso avesse produrre giochi per una console che navigava in mari così tempestosi a livello di pirateria.
L'unico vero difetto, almeno dal mio punto di vista, del gioco di Ready at Dawn non era imputabile a loro ma bensì alla mancanza del secondo analogico su PSP. Su PlayStation 2, per far effettuare una schivata o una manovra evasiva al buon Kratos, era sufficiente dare un colpetto alla levetta analogica di destra: semplice, immediato. Su PSP, mancando fisicamente la leva, si dovevano premere in contemporanea i due dorsali e muovere la levetta sinistra. Oddio, non era un dramma eh, però, insomma, ovvio che un certo tipo di movimenti ne risentiva.
Chains Of Olympus rimane comunque, nonostante questo neo, ancora oggi un ottimo God of War, godibilissimo anche nella collection approdata qualche anno dopo su PlayStation 3, dove, pur essendo evidente l'origine portatile del gioco a livello tecnico, si lascia giocare sempre con la medesima piacevolezza dell'intera saga, in questo caso sulla TV grande del salotto. Volendo, è disponibile anche su PS Vita come gioco PSP scaricabile dal Playstation Store, e probabilmente questa ultima soluzione è quella migliore, se si vuole recuperare un titolo che comunque in ambito portatile è una piccola pietra miliare.
Questo articolo fa parte della Cover Story su God of War, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.