Clamoroso al Cibali, mi è piaciuto The Walking Dead – Episode 1: A New Day
Per avviare questa recensione è d'uopo stabilire alcune premesse che chiariscano lo stato d'animo del sottoscritto. Personalmente ritengo che Telltale Games sia uno studio valido e con diverse buone produzioni nella sua storia, ma anche parecchio sopravvalutato in virtù della fame di avventure grafiche Lucasarts che c'era quando loro han cominciato a recuperarle e del fenomeno che potremmo definire "simpatia indie". Penso inoltre che i loro Ritorno al futuro e Jurassic Park siano brutti, sbagliati nella concezione, mal realizzati, veramente difficili da difendere. Inoltre va detto che sono un grande appassionato di The Walking Dead – tanto il fumetto quanto la serie televisiva – e delle storie di morti viventi in generale. Cosa che, a scanso di equivoci, non necessariamente dovrebbe ben dispormi nei confronti di questo videogioco, visto che sono appassionato anche di Ritorno al futuro, Jurassic Park, viaggi nel tempo e dinosauri, ma i due giochi in questione li trovo comunque brutti brutti brutti. Perché tutto questo preambolo? Perché, come forse si è intuito dal titolo dell'articolo, il primo episodio di The Walking Dead mi è piaciuto, e neanche poco, nonostante alcuni limiti e una natura un po' particolare che potrebbe renderlo indigesto a molti.
Volendo descrivere il The Walking Dead di Telltale Games, si potrebbe dire che hanno provato di nuovo a fare quel che avevano tentato con Jurassic Park e gli è venuto molto meglio, per diversi motivi. Ma la struttura di base è fondamentalmente la stessa, ovvero quella di un titolo completamente incentrato sul far giocare con la narrazione, in assenza quasi totale di meccaniche d'altro tipo, e la cui riuscita non può quindi che basarsi su una valida scrittura, un'atmosfera azzeccata e la possibilità di pasticciare davvero, almeno un po', con gli sviluppi della storia. Una specie di Heavy Rain in miniatura, meno tentacolare nei possibili sviluppi narrativi e con minori possibilità d'intervento sull'incedere degli eventi, ma che risponde ad esigenze e idee piuttosto simili. E che, rispetto a Jurassic Park, appare anche più convinto della propria natura, senza sentire la necessità di infilare qua e là "momenti" da avventura grafica posticci e fuori luogo. Gli enigmi di The Walking Dead sono pochi e piuttosto basici (uno, fra l'altro, è del tutto facoltativo), ma perfettamente integrati nel flusso e nelle meccaniche di gioco. Non è che all'improvviso ci si trova davanti a una gru da spostare avanti e indietro dodici volte per muovere quattro casse.
La sostanza, comunque, è quella di un gioco in cui, tolti un lieve accenno di esplorazione, qualche oggetto da raccogliere e utilizzare al momento giusto e dei momenti "action" con quick time event all'acqua di rose, in The Walking Dead si passa fondamentalmente la maggior parte del tempo a chiacchierare. In questo, Telltale ha colto alla perfezione, e in maniera piuttosto intelligente, lo spirito dell'opera a cui si ispira (che, a proposito, è strettamente il fumetto, con una storia ambientata durante il coma di Rick Grimes, quando l'epidemia era ancora agli inizi), incentrando quindi le vicende sui rapporti umani e utilizzando gli zombi come minaccia costante e sempre pronta a irrompere sulla scena. Attraverso i dialoghi si impara a conoscere i personaggi, quasi tutti inediti, si decide la caratterizzazione del protagonista e si compiono tutta una serie di piccole e grandi scelte. Nel corso del gioco è possibile decidere soprattutto l'atteggiamento di Lee nei confronti di chi lo circonda e, di conseguenza, come gli altri si comporteranno nei confronti suoi. Ci si trova quindi a scegliere se raccontare la verità o mentire, dalla parte di chi schierarsi nelle discussioni e, in generale, a vagliare una serie di possibili risposte (che prevedono spesso anche il silenzio). Ne viene fuori una struttura di gioco che permette davvero di costruire la propria versione del racconto, seppur delimitata da paletti precisi, e la cui efficacia è direttamente proporzionale al livello di coinvolgimento di chi gioca.
La scrittura è buona e accompagnata da un'ottima colonna sonora e una regia efficace e dagli insospettabili "colpi" nei momenti chiave. Lo stile grafico fumettoso, poi, rende giustizia alle tavole di Charlie Adlard e, allo stesso tempo, si adatta meravigliosamente ai valori di produzioni soliti di Telltale, che comunque mostrano come sempre il fianco nelle fasi più "movimentate" e in certe animazioni rivedibili, ma tengono assolutamente botta per la maggior parte del tempo. E, se ci si fa coinvolgere, la struttura narrativa funziona davvero bene, proponendo svolte spesso difficili da affrontare e che possono mettere in crisi, specie poi quandi ci si rende conto di stare decidendo fra la vita e la morte di personaggi cui magari ci si è affezionati. Il risultato è un gioco in cui le scelte sono continue e fanno realmente sentire il loro peso, tanto che, nel provare a rivivere la storia da capo per pasticciare un po' con le varie svolte, ho finito per dovermi quasi sforzare nel "cambiare idea".
In tutto questo, poi, ripetere l'avventura dall'inizio per provare altre vie è interessante perché da un lato, chiaramente, rompe il giocattolo, mostrando in maniera più evidente quanto sia davvero libero e quali passaggi risultino invece obbligati, mentre dall'altro mostra una certa intelligenza nella costruzione della struttura. Tante piccole decisioni ampiamente minori hanno in realtà conseguenze importanti sullo sviluppo e viceversa alcuni passaggi danno l'impressione di stare compiendo una scelta fondamentale che invece, a conti fatti, non cambia nulla. Nel complesso, in ogni caso, le varianti ci sono e generano fra l'altro conseguenze che si ripercuoteranno anche sui prossimi episodi, al punto da giustificare senza problemi un secondo walkthrough con cui creare un salvataggio alternativo per seguire una storia un po' diversa.
La brevità del singolo episodio, che può durare anche due o tre ore se si gironzola senza tregua e ci si dedica a ogni singola conversazione, ma si può serenamente finire in metà tempo "correndo", rappresenta poi un ulteriore stimolo alla creazione di una partita alternativa, rendendola esperienza poco impegnativa. Certo, a parer mio rimane più affascinante vivere la storia una volta sola, pagando le conseguenze delle proprie scelte ed evitando di rompere il meccanismo svelando i fili che muovono le marionette. Tanto più che fra i temi del racconto c'è anche l'idea delle scelte compiute in momenti critici che a conti fatti diventano obbligate. Se basta caricare un salvataggio per cambiarle, se ne perde un po' il senso ma, insomma, ognuno faccia un po' quel che vuole, anche sulla base di quanto possa ritenere accettabile pagare cinque euro per un'esperienza da tre ore scarse.
Detto questo, The Walking Dead è un esperimento senza dubbio riuscito e ben realizzato per quelle che sono le sue intenzioni. Ogni tanto tradisce uno spirito nascosto da avventura grafica con qualche elemento un po' stonato (l'enigma della radio ha delle premesse dalla stupidità quasi offensiva) e la sua natura di videogioco "narrativo" può risultare troppo esile per chi pretende un gameplay più articolato, ma il meccanismo funziona e le scelte danno spesso l'impressione – non sempre corretta, va detto – di avere un peso forte. Mi sono comunque ritrovato a giocarlo dall'inizio alla fine per tre volte, in parte per provarlo in tutti e tre i formati (senza notare differenze abissali, anche se la maggior risoluzione su PC è gradevole), ma soprattutto per il gusto di esplorare le ben orchestrate varianti sulla trama. E se la terza partita è stata sicuramente di troppo, due "passaggi" sono, ribadisco, più che giustificati. La sostanza, comunque, è che, dopo aver detto peste e corna di Telltale Games per tutto il 2011, apro questo 2012 avendo davvero apprezzato il primo episodio di The Walking Dead e aspettando con grande interesse il proseguimento. Non ci avrei scommesso.