Old! #265 – Luglio 1998
Old! è esattamente quella stessa rubrica che da vent'anni vedete apparire su tonnellate di riviste o siti di videogiochi. Quella in cui si dice "cosa accadeva, nel mondo dei videogiochi, [inserire a piacere] anni fa?" Esatto, come su Retro Gamer. La facciamo anche noi, grazie a Wikipedia, pescando in giro un po' a caso, perché siamo vecchi nostalgici, perché è comoda per coprire il sabato e perché sì. Ogni settimana, anni Settanta, Ottanta, Novanta e Zero, o come si chiamano. A volte saremo brevissimi, a volte saremo lunghissimi, ogni singola volta si tratterà di una cosa fatta senza impegno, per divertirci assieme a chi legge, e anzi ci piacerebbe se le maestrine in ascolto venissero a dirci "oh, avete dimenticato [inserire a piacere]".
A luglio del 1998, Sega si decide finalmente sul nome per la sua nuova console, la prima a 128 bit, e svela quindi il Dreamcast, annunciandone l'uscita fissata per novembre dello stesso anno in Giappone, con le edizioni occidentali previste per l'autunno del 1999. Nelle sue previsioni, il produttore giapponese se la abbaia puntando a una base installata da ventidue milioni nella sola Europa: finirà per superare a malapena i dieci nel mondo. La presentazione della macchina si incentra anche sulla Visual Memory Unit, un aggeggio da connettere al gamepad che, oltre a fare da memory card, può vantare un piccolo schermo monocromatico, una croce direzionale e dei tasti, facendo sostanzialmente da companion app molti anni prima che il termine diventi popolare. Viene mostrato un solo gioco, l'horror D2, che sembra promettere bene in termini di atmosfera e qualità grafica.
Lo stesso mese vede l'uscita di WarGames: Defcon 1 su PC e PlayStation. Curiosamente, i due giochi condividono storia, ambientazione e missioni, ma li declinano attraverso gameplay differenti: il primo è un gioco di strategia in tempo reale, il secondo è uno sparatutto tattico a bordo di veicoli. Alla storia, fra l'altro, ha lavorato come consulente John Badham, regista del film Wargames – Giochi di guerra, da cui è stata tratta vaga ispirazione.
Sempre a luglio del 1998, arriva sulle PlayStation europee Point Blank, delirante e divertentissimo sparatutto con pistola ottica targato Namco e, ovviamente, legato a doppio filo alla sua splendida light gun GunCon. Il gioco, nato in contesto arcade quattro anni prima, propone una serie di prove in stile poligono di tiro completamente non violente, folli, frenetiche e pensate per il multiplayer di gruppo, con tanto di modalità apposite in stile party game. Pur lasciando spesso trascorrere anni fra un episodio e l'altro, la serie andrà avanti per quasi due decenni, riuscendo fra l'altro nell'impresa di continuare a riscuotere buon sucesso anche in sala giochi.
Ma passiamo ad avvenimenti per i quali abbiamo a disposizione date precise (se poi siano affidabili è altra faccenda). Il 3 luglio del 1998, un tumore ai polmoni ci porta via Danielle Bunten Berry, game designer e programmatrice a cui dobbiamo giochi innovativi, seminali, anche se raramente dal grande successo commerciale, come M.U.L.E. e The Seven Cities of Gold. Appena due mesi prima della sua morte, Bunten aveva ricevuto il Lifetime Achievement Award dalla Game Developers Conference. Due anni dopo Will Wright le dedicherà The Sims e nel 2007 verrà inserita nella Hall of Fame della Academy of Interactive Arts & Sciences.
Il 4 luglio vede finalmente l'uscita di Heart of Darkness, attesissimo nuovo gioco di Eric Chahi, autore dell'acclamato Another World. Il gioco arriva a seguito di uno sviluppo lunghissimo e travagliato, anche a causa del suo essere nato durante un periodo di profondo mutamento del settore, fra la crescita dei team (Chahi non lavorava più da solo come in precedenza) e l'adozione del formato CD-ROM. I lavori erano cominciati nel 1992, con il primo annuncio pubblico avvenuto nel 1995, e prima di giungere alla sua "conformazione" definitiva di uscita PC/PlayStation, era stato annunciato anche per 3DO e poi perfino come esclusiva Saturn. Il gioco è sostanzialmente un altro arcade adventure bidimensionale, dalla grafica deliziosa – ma all'epoca criticata perché datata rispetto all'esplosione del poligono – e con un'atmosfera molto particolare. Si segnala, fra l'altro, per l'inserimento di occhiali per il 3D con lenti rosse e blu, da utilizzare sulla sequenza animata finale, piazzata dopo i titoli di coda before it was cool.
Venerdì 17 (!) vede invece l'uscita di Banjo-Kazooie, progetto targato Rare a lunghissima gestazione, concepito inizialmente come GdR per Super Nintendo e diventato poi gioco di piattaforme 3D per Nintendo 64. Acclamato da alcuni (tipo il sottoscritto) come perfino superiore al suo modello di riferimento Super Mario 64, Banjo-Kazooie conferma l'enorme talento dello studio britannico e dà vita a una serie che ci regalerà un seguito vero e proprio sulla stessa console e un tris di spin-off fra Game Boy Advance e Xbox 360.
Circa una settimana dopo, si manifesta sui Saturn giapponesi lo sparatutto a scorrimento Radiant Silvergun, con cui Treasure dimostra di poter spaccare svariati culi anche in un genere tradizionalmente non suo. Radiant Silvergun, nato in realtà pochi mesi prima come gioco da sala, diventerà culto totale soprattutto grazie a questa eccellente conversione, purtroppo mai portata in occidente e forse anche per questo fattasi velocemente costosetta sul mercato del collezionismo. L'unica altra edizione casalinga giungerà su Xbox 360 nel 2011, tramite la piattaforma Xbox Live Arcade. Treasure tornerà a bazzicare il genere nel 2001 con quell'altra roba clamorosa di Ikaruga.
Il mese si chiude con l'arrivo di Soul Calibur nelle sale giochi giapponesi, verificatosi giovedì 30. Il seguito di Soul Edge si manifesta oltre due anni dopo il primo episodio, forte dell'hardware Namco System 12. La storia ruota ancora attorno alla spada mitologica Soul Edge e vede il ritorno di nove personaggi, cui si aggiungono ovviamente alcuni volti nuovi. Fra le innovazioni più significative sul piano del gameplay si segnalano lo spostamento libero nelle otto direzioni (una prima assoluta per il genere), una maggior "morbidità" nella valutazione del tempismo per eseguire le mosse e un ampliamento delle meccaniche di difesa. Ma Soul Calibur verrà ricordato anche e soprattutto in quanto uno fra i pochi casi in cui l'edizione casalinga prende a calci in culo quella da sala, sancendo fra l'altro la nascita di una serie che andrà avanti per oltre due decenni. Ne riparleremo a tempo debito.