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God of War: Morte e resurrezione di un dio

God of War: Morte e resurrezione di un dio

God of War è un videogioco letteralmente stracolmo di pregi e di punti a suo favore, eppure credo che il più grande merito dell'ultima avventura di Kratos stia nella poderosa sensazione di pienezza e di massiccia solidità a tutto tondo che un'esperienza del genere è in grado di regalare, dall'inizio (deliziosamente in medias res, con tanto di cadavere fresco-fresco pronto per la pira funeraria) alla fine. Un appagamento totale e assoluto, per una sbalorditiva scorpacciata sensoriale, di quelle che gratificano occhi, cervello e cuore, lasciandoti quasi spaesato di fronte a un classico istantaneo che non può non lasciare il segno.

Fa in effetti quasi impressione prendere atto dell'incredibile cambiamento che Sony Santa Monica ha avuto il coraggio di apportare a una formula consolidata negli anni e in ben due generazioni di console: basta ripensare ai vecchi God of War, tra una goffa scopata tramite quick time event e una sezione minigioco alla Guitar Hero, ricordarsi del loro level design diretto ma ingenuamente elementare, volto esclusivamente ad esaltare i combattimenti, ed ecco che il confronto con il kolossal che trionfa oggi su PlayStation 4 diventa davvero impietoso.

Attenzione, però, non è solo e soltanto una questione prettamente tecnica, di puri mezzi tecnologici – posto che è evidente che i passi avanti in quel senso siano tra l'innegabile e lo stupefacente – bensì soprattutto di scala, di intenti e più in generale di respiro: senza alcun timore reverenziale e in barba ai pavidi diktat dettati dai colletti bianchi dei reparti marketing, Cory Barlog & Soci hanno osato prendere a picconate le fondamenta costitutive della saga, facendo tabula rasa delle convenzioni per ripartire da qualcosa di nuovo, di diverso e di unico. Tra i freddi ghiacci eterni di Midgard, God of War riparte allora pressapoco da zero, ritrovando se stesso in un'avventura monumentale e soverchiante, che vede proprio nella figura di Kratos l'unico punto di contatto con il passato.

Un Kratos comunque ben diverso dall'antieroe-macchietta che avevamo imparato a conoscere e ad amare un tempo: con il sopraggiungere della maturità, l'ex Fantasma di Sparta ha infatti messo da parte la sua furia cieca e sovrumana, il suo vivere ostinatamente per la vendetta ad ogni costo, passando da personaggio piattamente monodimensionale a barbuto e tormentato trionfo di chiaroscuri (e di “BOY!” gridati con perentoria severità ogni cinque minuti d'orologio). Perché, in perfetto accordo con le ultime giga produzioni Sony, God of War non è più solo e soltanto un action puro, un classico gioco di menare come i predecessori: al contrario, ci si trova al cospetto di un'avventura a tutto tondo, un viaggio carico di emozioni da vivere e stracolmo di cose da fare, con un'evidente enfasi sulla narrazione e una struttura ludica decisamente più ricca e complessa del solito – a cominciare dall'albero delle abilità quasi in stile GdR.

Un'epopea da gustare sia attraverso le eroiche gesta di Kratos e di Atreus – il giovane figlioletto del protagonista, a sorpresa assai meno indisponente del previsto, nonché addirittura utile/ben contestualizzato in termini di giocabilità – sia attraverso un racconto coinvolgente e stratificato, che si sviluppa tramite dialoghi che non interrompono mai l'azione ma anzi la accompagnano e la impreziosiscono, andando a riempire i vuoti tra uno scontro e l'altro con una scrittura di livello eccellente e una recitazione esaltata dall'ottimo performance capture. Elementi per nulla di contorno, che contribuiscono a dare spessore all'insieme stabilendo un tono intimo e raccolto (tono peraltro già veicolato a dovere dalla nuova telecamera posta alle spalle del personaggio, che ti sbatte accanto a Kratos con una prossimità quasi soffocante). E non finisce neppure qui, perché le storie della ciarliera testa parlante Mimir e le pagine illustrate del diario di Atreus delineano un'ambientazione potentissima, dal fascino innegabile: un mondo che non fa rimpiangere in alcun modo i trascorsi ellenici ma che anzi dà una forza e un vigore senza precedenti al Dio della Guerra.

Guai però a ridurre la nuova incarnazione di God of War alla sola forma, o comunque ad una sostanza che esuli in larga parte dalla tradizionale anima action della saga: non soltanto il gameplay c'è eccome, ma il lavoro di Barlog & company, nello specifico, è persino fenomenale. La decostruzione e ricostruzione della serie parte infatti proprio dal cuore del combat system: addio al tasto del salto, alle finisher a base di quick time event e alle inquadrature fisse, con la telecamera che, come già anticipato, finisce alle spalle di Kratos in maniera non dissimile da quanto visto in Resident Evil 4 o nel più recente Hellblade. Un cambiamento epocale, che rischiava di snaturare completamente l'essenza stessa del gioco e che è stato tuttavia accompagnato da un redesign delle meccaniche tanto profondo quanto intelligente: niente paura, in God of War non soltanto si mena, si mena pure alla grande, con una ferocia, un'intensità e vicinanza al massacro a dir poco galvanizzanti. Anzi, non solo: mettendo da parte le Lame del Caos in favore della prodigiosa Ascia del Leviatano – una new entry che si fa accogliere a braccia aperte e occhioni lucidi, in un tripudio di corpi barbaramente dilaniati – Sony Santa Monica s'è pure inventata per l'occasione un mezzo sottogenere.

Perché il combat system di questo God of War non si limita semplicemente a riproporre dinamiche consolidate a colpi di controller da una prospettiva inedita, nient'affatto: la creatura di Barlog riprende suggestioni in parte già viste altrove (in particolar modo negli sparatutto in terza persona) per creare un ibrido sensazionale fra action e shooter, in quello che io ho neanche troppo provocatoriamente definito in un articolo su Everyeye come il primo Aim'n Slash della storia. Se la componente corpo a corpo è tutto sommato almeno all'apparenza su per giù la solita – nonostante i controlli alla Dark Souls e un'interazione con lo spazio tutt'altro che ordinaria, fosse solo per il fatto di avere un angolo cieco che oscura metà dell'arena – ad aggiungersi è una gestione degli attacchi a distanza imparagonabile a quella dei vari Devil May Cry/Bayonetta/Ninja Gaiden.

In God of War anno 2018, è infatti fondamentale prendere continuamente la mira con l'Ascia-boomerang (tenendo premuto L2, come si farebbe appunto in uno sparatutto!): per tenere a debita distanza gli avversari, finirli in anticipo inchiodandoli alle pareti, congelarli come forma di crowd control o risolvere i piccoli enigmi che accompagnano Kratos nelle circa trenta ore di avventura. Un'impostazione che sulle prime va un filo metabolizzata – specie a livello di memoria muscolare, che come dicevo nella mia ode agli hack'n slash è una risorsa chiave per il genere – ma entro breve conquista con la sua ventata di nuovo e il suo feeling dannatamente appagante, destinato comunque vada a creare un precedente di lusso.

In un contesto di eccellenza assoluta e in un'operazione degna di lode per svariate ragioni, non manca ad ogni modo qualche piccola sbavatura: su tutte senza ombra di dubbio i boss fight deludenti e mai davvero memorabili, un tonfo imprevisto e quasi paradossale, considerando i gloriosi trascorsi di una saga che ci ha lasciato a bocca aperta proprio a partire da uno scontro con un boss, con quell'indimenticabile Idra che su PlayStation 2 ci aveva immediatamente fatto capire che con il Fantasma di Sparta non c'era nulla da scherzare (e non scomodo il Colosso di Rodi del secondo episodio perché sarebbe giocare al limite dello sporco). Eppure, al di la di tutto, hai voglia anche solo a provare a lamentarti, davanti a tutto questo ben di Dio: negli occhi dei protagonisti, nel ritmo dell'esplorazione squisitamente a misura di giocatore, nei livelli così densi di segreti e persino nei dettagli più irrisori sparsi qua e là ci sono una cura, un'attenzione e un amore fuori dal comune, di quelli che ti fanno un po' compiacere del livello a cui sono arrivati i videogiochi. E allora grazie Sony, grazie Cory e grazie Kratos: speriamo di ritrovarci prestissimo, c'è il Valhalla da macchiare di sangue.

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Ho giocato a God of War per trenta ore e oltre grazie ad una copia acquistata poco prima del day one da un negoziante per bene, facendomi pure due ore di auto fra andata e ritorno pur di metterci le zampacce sopra. Sony ci ha comunque gentilmente fornito pure una copia promo, arrivata però a destinazione quando ero già non dico il padrone di Midgard, ma certo neanche l’ultimo degli stronzi (cit). Ah, come al solito, se acquistate il gioco (o qualsiasi altra cosa) su Amazon passando dai seguenti link, una piccola percentuale di quello che spendete andrà a noi, senza alcun sovrapprezzo per voi. Se volete procedere su Amazon Italia dirigetevi qui, se preferite Amazon UK puntate qui.

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