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La mensola di Shin X #15 - Shadows Of The Damned, l'ombra incompresa

La mensola di Shin X #15 - Shadows Of The Damned, l'ombra incompresa

Da sempre sostenitore di titoli bistrattati dalla critica, Shin X è passato da “difensore dei poveri” a “masochista”, da “acquirente compulsivo” a “forzato bastian contrario”. La verità è che a suo parere ogni titolo può dire qualcosa: c’è chi sbraita, chi sussurra, chi lo fa con i sottotitoli e chi lo recita in versi. L’importante è avere lo spirito di voler ascoltare. E l’antro in cui riposano questi brutti anatroccoli è la sua mensola. L’unico luogo nel quale possono diventare cigni.

Gran rispovero di classici in casa Outcast. Mentre il genere umano è impegnato a contare i 792p(ixel)  di Titanfall (!), la plebaglia old gen annaspa nei cestoni dei centri commerciali, in cerca di qualche titolo degno di nota. L'importante è che costi poco più di un Dylan Dog. E allora ecco che spunta, come un fiore nel letame, Shadows Of The Damned, clone griffato di Resident Evil 4.

Osannati in ogni parte del globo poco meno della Santissima Trinità, Suda, Mikami e Yamaoka hanno dato vita (o forse prestato il nome) a questo “eclettico” action. Il principale ispiratore è senza dubbio Resident Evil 4, da cui eredita praticamente tutti i controlli, aggiungedovi però una maggiore agilità da parte del personaggio principale (che può scartare e camminare sparando). Tuttavia, proprio come per la pizza, il salmone e il tiramisù, gustosi se mangiati singolarmente, non è detto che mescolare cotanta grazia generi un’incredibile bontà culinaria. Shadows Of The Damned è un ottimo sparatutto, con una gestione dell’oscurità che ricalca in maniera gradevole quanto già visto in Alan Wake… e nulla più. Quello che lo risolleva dalla massa è una direzione artistica chiaramente (e a volte forzatamente) sopra le righe.

Paesaggi grotteschi e sanguinari, ma soprattutto volgarità e riferimenti sessuali, sono all’ordine del giorno: serrature viventi con facce da neonato, demoni che mangiano il proprio cuore o “di cul fanno trombetta” per generare ondate di oscurità, sushi con il ca**o (testuali parole del protagonista), mostri-checkpoint che in preda alla paura lasciano allegri ricordini a segnare la strada, battutacce da caserma, nudi assortiti e altre diavolerie. Risollevano il tutto i siparietti tra G e il suo teschio-accompagnatore, che fanno chiaramente il verso alla sadica maschera parlante di Splatterhouse. Insomma, un pasticcio media-ludico dal retrogusto kitsch, ma non per questo indegno di plauso.

Il gioco risulta divertente, nel suo guizzare continuo, nelle sparatorie veraci, anche se unte da un controllo fin troppo scivoloso. Shadows of the Damned non segna alcuna tappa importante ma riesce a proporre un mondo allucinato, in un contesto divertente e appagante. Solo il livello HARD presta il fianco a qualche critica, risultando tedioso e ridondante nelle interminabili boss fight. Tecnicamente più che sufficiente e pregno di sano nonsense nipponico, Shadows Of The Damned saprà divertirvi. A patto che la Trinità non vi abbia creato aspettative altrettanto divine.

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