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Tropico 6 ci dimostra che la democrazia è sopravvalutata

Tropico 6 ci dimostra che la democrazia è sopravvalutata

Nel corso degli anni avrò recensito i giochi della serie Tropico quattro o cinque volte e vi dico una cosa: è difficile parlarne senza citare Woody Allen. Quindi facciamo così, andate a guardarvi Il dittatore dello stato libero di Bananas e poi tornate. Ci siamo? Ecco. Io l’ho riguardato di recente e devo confessarvi che noto una vaga somiglianza fisica tra il capo dei ribelli e Salvini. Questo, ovviamente, non c’entra nulla con la recensione in oggetto, però serve ad allungare il brodo, perché, specialmente se siete veterani della serie, non c’è bisogno di molte parole per descrivere Tropico 6: è un’edizione ampliata dei titoli precedenti, specialmente Tropico 5, con qualche elemento nuovo che però non modifica particolarmente la giocabilità.

Ma non si tratta di una critica, tutt’altro: Tropico è una formula che funziona e Limbic, alla sua prima esperienza con una saga di culto (almeno all’interno del genere), ha preferito rendere onore alla tradizione. Del resto, per i gestionali, questa è un’epoca di amarcord: Two Point Hospital recupera Theme Hospital, Jurassic World Evolution ricorda Operation Genesis, Parkitect ripropone RollerCoaster Tycoon 2. Quindi, insomma, se vi manca vestire i panni del dittatore (l’ultimo capitolo è del 2014), potete stare piuttosto sicuri che Tropico 6 placherà la vostra nostalgia. Nel caso invece siate sempre stati degli ingenui sostenitori della democrazia liberale, è opportuno raccontarvi un po’ come funziona la faccenda.

Tropico 6 è, sostanzialmente, un city builder ambientato su un’isola caraibica di nome Tropico, appunto. Che, tecnicamente, è una nazione, ma nei fatti arriva a contare al massimo qualche migliaio di abitanti. Sembrerà poco, ma ciascuno di questi cittadini è simulato: ha una famiglia, un lavoro, idee politiche, si sposta per la mappa, può scegliere di votarci oppure non votarci, nel qual caso, probabilmente, finirà in galera insieme a tutti i suoi parenti. In Tropico 6, il limite è posto a diecimila cittadini, un numero più che sufficiente a garantire una simulazione politico-sociale variegata. E, a ben vedere, proprio questo elemento distingue Tropico da titoli altrimenti simili. Il nostro dittatore, al secolo El Presidente, detiene il potere assoluto non per decreto divino dei programmatori, come in SimCity, ma perché continua a vincere elezioni (più o meno) libere, oppure perché spara a tutti quelli che le chiedono. Dunque, Tropico 6 include una piccola componente militare, quasi del tutto automatizzata, che consiste nel costruire caserme, torrette, magari una portaerei, al fine di contrastare gli eventuali ribelli.

Dall’altra parte ci sono i rapporti con le diverse fazioni ideologiche della nazione, ad esempio comunisti, capitalisti, intellettuali. Ciascuna di esse è rappresentata da un personaggio vagamente caricaturale, che ogni tanto compare per inoltrarci richieste, magari una legge contro l’alcol o un’università in più. Il rapporto con queste fazioni è cruciale per ottenere il supporto dei cittadini, anche più del benessere effettivo: capita che i nostri isolani non ci votino solo per ragioni ideologiche, nonostante facciano tutto sommato una bella vita. Un meccanismo, questo, che appare in effetti un po’ strano a chi è nato e cresciuto in epoca post-ideologica, ma che forse ha senso nel contesto di un gioco che si snoda da fine ‘800 al 2000. Ci sono quattro epoche, appunto: quella coloniale, metà ‘900, la guerra fredda e il successivo mondo multipolare. Funzionano più che altro come sistema per sbloccare progressivamente gli edifici, ma ciascuna è caratterizzata da potenze internazionali diverse, che interagiscono con la nostra isola e che possiamo corteggiare per ottenere aiuti economici.

Parlando di edifici, ce ne sono veramente tanti, più che in qualsiasi altro capitolo della serie, e questo è il vero punto di forza del gioco. Cattedrali e chiese, ospedali, centri di controllo dei droni, centrali ad energia solare, piantagioni e fattorie idroponiche, sei o sette tipi di industrie manifatturiere e così via. Tutti graficamente piacevoli e caratterizzati: d’altra parte, parliamo dell’Unreal Engine 4 e Tropico 6 è uno fra i city builder più belli da guardare sul mercato. Particolarmente curiosi sono gli edifici dedicati ai raid: praticamente si accumulano punti da spendere in missioni all’estero, che vanno dal semplice furto di risorse a imprese deliranti, tipo rubare la Torre Eiffel. Che poi potremo, ovviamente, erigere sulla nostra isola: se Parigi avesse il mare, sarebbe una piccola Tropico, come recita il celebre detto pugliese. Questi monumenti sono circa una quindicina e funzionano un po’ come le meraviglie di Civilization, garantendo benefici su larga scala a tutta l’isola.

Parlando di cose nuove, salta all’occhio la nuova geografia di Tropico che, almeno in certe mappe, può essere un arcipelago. Ora, le diverse isolette sono comunque tutte a un tiro di schioppo e il valore di questa novità sta soprattutto nell’espansione del sistema dei trasporti, che adesso include ponti, tunnel e autobus, e nella possibilità di separare anche geograficamente aree industriali e residenziali. Possibilità che resta più che altro teorica, però, perché l’I.A. dei cittadini è un po’ tonta a riguardo, e la massima efficienza impone comunque di costruire una cittadina vicino alle nostre miniere e fabbriche, pena tempi di percorrenza biblici o gente che se ne va a dormire nelle baracche.

Poi ci sono una manciata di opzioni di personalizzazione per El Presidente e anche per il suo palazzo (fontane, giardinetti), e una nuova campagna. Che in effetti non è una campagna, ma una collezione di missioni scollegate, che raccontano la storia del simpatico dittatore. Alcune sono divertenti e rovesciano le meccaniche di gioco: in una, per esempio, non potremo costruire le case. Il piatto forte rimane comunque la modalità sandbox, a cui si può giocare su diverse mappe e che offre un’esperienza da city builder vecchia scuola, la gioia dell’architetto ossessivo-compulsivo che tutti conosciamo bene.

Insomma, la faccenda è questa: Tropico 6 è il miglior episodio della serie, secondo me, ma lo è perché recupera idee precedenti (i raid c’erano in Tropico 2, i discorsi elettorali erano scomparsi in Tropico 5 e sono tornati). L’unica cosa che c’era prima e continua a latitare è la scelta del background del Presidente, che adesso si riduce ad alcuni bonus piuttosto noiosi, mentre nel primo titolo della serie includeva opzioni separate per pregi, difetti e storia politica. Le innovazioni, invece, mi lasciano un po’ freddo. Ad essere onesti, quando si ha per le mani una serie storica, essere conservatori spesso paga, soprattutto all’interno di un genere che ha stabilito i propri fondamentali una ventina di anni fa. Se vi sono piaciuti i precedenti Tropico, vi piacerà anche questo. Se non vi sono piaciuti, non vi farà cambiare idea. Se, invece, siete novizi, si tratta di capire cosa vi interessi in un city builder: se l’urbanistica dura e pura è la vostra priorità, Cities: Skylines rimane, anche oggi, il miglior modo per spendere il vostro tempo ludico; se invece vi attirano un’ambientazione peculiare, una buona dose di umorismo e una varietà di elementi diversi, fra politica, simulazione sociale e un po’ di guerra, Tropico 6 è una scelta validissima.

Diciamo un’ultima parola sulla traduzione italiana, che c’è e include anche le voci. Però non è granché, e presenta qualche scivolone (“tubo” al posto di “pipa”, per dire). Comunque, fa piacere che la lingua di Dante non sia stata snobbata, com’è ormai relativamente comune. E diciamo anche un’ultimissima parola, cioè che il gioco sarà disponibile nei prossimi mesi su PlayStation 4 e Xbox One, ed è disponibile al momento su PC sia tramite Steam (e, tra qualche tempo, probabilmente anche tramite GOG), sia in edizione fisica da collezione, la El Prez edition, con un po’ di gadget carini.

Ho giocato a Tropico 6 grazie a un codice Steam gentilmente fornito dal publisher. Su una macchina dotata di processore AMD 2700x e scheda grafica Nvidia GTX 1070 il titolo si mantiene fluido, con qualche sporadico rallentamento in caso di città molto grandi. Tropico 6 è disponibile su PC, con le versioni PlayStation 4 e Xbox One in arrivo nei prossimi mesi. Come al solito, se acquistate il gioco (o qualsiasi altra cosa) su Amazon passando dai seguenti link, una piccola percentuale di quello che spendete andrà a noi, senza alcun sovrapprezzo per voi. Se volete procedere su Amazon Italia, dirigetevi qui, se preferite Amazon UK, puntate qui.

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