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L'occhio del Beholder vi controlla

Appena mi è stato proposto di dare un occhiata a questo gioco, ho avuto un flash mentale di poter interpretare nella mia partita una palla fluttuante xenofoba piena di tentacoli che terminano in occhi dagli effetti interessanti. Alla fine, ammetto, non mi sono neanche allontanato troppo dalla realtà: nel gioco si interpreta un ovoidale bipede che usa molti occhi (telecamere) per rendere misera la vita altrui in un sistema oppressivo.

Lasciando da parte citazioni oscure e più che altro pregne di nostalgia, il fulcro di Beholder gira tutto attorno al ruolo del protagonista nel suo nuovo lavoro: diventare l’amministratore di un palazzo in un regime oppressivo di nebulosa origine politica che deve, fondamentalmente, spiare i suoi condomini per verificare che questi non violino le varie direttive statali, che possono andare dal tutto sommato giusto divieto di produrre stupefacenti in casa al più moralmente ambiguo veto riguardo il leggere libri di un determinato autore sgradito al partito. Oltre a questo, si devono gestire l’economia di famiglia e la famiglia vera e propria, composta da moglie, figlio grande e figlia piccola.

Il risultato finale è un interessante mix di elementi che rendono Beholder un qualcosa a metà tra un gestionale e un’avventura grafica, in cui puzzle di vario tipo si mischiano con la necessità di riflettere e prendere decisioni non sempre facili, come sfrattare un inquilino che ha aiutato il figlio del protagonista a studiare per l’università, tenendolo lontano dalle miniere di carbone. Il gioco è in realtà pieno di questi momenti in cui il giocatore è costretto ad avere la morale di una faina psicopatica e la cosa… non è gradevole, sempre che ci si riesca a immedesimare un minimo nella situazione e nel personaggio. Anche perché, per quanto distopica e assurda a volte sembri la situazione presentata, è in realtà probabile che qualche decennio fa situazioni simili si siano realmente presentate ai danni di innocenti residenti. Ovviamente c’è anche la possibilità di schierarsi contro il regime e aiutare gli inquilini a sopravvivere attraverso le ingiustizie del partito, ma questo tipo di condotta è se possibile ancora più difficile da portare avanti con successo.

La gamma di azioni che si possono compiere è certamente ampia, dalla semplice conversazione attraverso cui scoprire che magari un condomino ha il debole del gioco d’azzardo, fino magari a piazzare microspie e altri strumenti di sorveglianza quando gli inquilini sono assenti. Bisogna anche far caso a non farsi scoprire durante queste missioni negli appartamenti altrui, perché i padroni di casa non apprezzano l’idea di vedere l’amministratore del condominio nella loro dimora.

Il gioco ha una sua trama di fondo, con alcuni obiettivi non proprio facili da raggiungere, e somiglia per alcune cose a Paper, Please, nel suo richiedere di stilare correttamente i rapporti sui “criminali”, citando correttamente le leggi e le infrazioni commesse, pena l’incorrere in ammende che rendono più difficile sfamare la famiglia o anche solo fare il proprio lavoro, dato che non si potranno riparare guasti o esaudire le richieste di partito.

Beholder è certamente un gioco particolare, quasi unico nel suo genere, e pone sul giocatore quel ritmo sempre crescente di incarichi che è difficile portare a termine con successo. Lo sviluppo della trama e delle situazioni dipendenti dalle proprie scelte e relative conseguenze è niente meno che lodevole e per quanto Beholder possa non essere un gioco adatto a tutti, lo considero certamente un prodotto che vale la pena di essere osservato.

Ho giocato a Beholder grazie a un codice Steam fornito dallo sviluppatore. Non posso dire che avessi grosse aspettative all’inizio ma andando avanti con la mia partita mi sono dovuto ricredere. Dopo più di una decina di ore passate a giocarci, mi sono ritrovato a ricominciare spesso il gioco per cercare di portare avanti l’avventura in modo diverso, magari evitando di finire ammazzato da uno dei miei inquilini.