Outcast

View Original

Racconti dall'ospizio #33 – I paesani spaccamaroni di Lure of the Temptress

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Verso la fine degli anni Ottanta, il giovane inglese di belle speranze Charles Cecil poteva vantare già una carriera da sviluppatore di videogiochi abbastanza avviata, che aveva avuto inizio, come spesso accadeva a quei tempi, negli anni della sua adolescenza. Dopo gli esordi a base di avventure testuali su ZX Spectrum per conto di Artic Computing, aveva fondato il suo primo studio di sviluppo (Paragon Programming) e poi assunto posizioni più "gestionali" per conto di U.S. Gold e Activision. Proprio durante il suo periodo presso il publisher americano, Cecil era entrato in contatto con il mondo di Sierra On-Line e aveva deciso che era il momento di gettarsi a capofitto nello sviluppo di avventure grafiche, sfidando direttamente quei pezzi grossi (e la da poco nata serie di avventure punta e clicca Lucasfilm Games) con le proprie idee e le proprie creazioni.

Fondò quindi un nuovo studio di sviluppo assieme a Tony Warriner, David Sykes e Noirin Carmody, tutta gente incontrata nelle sue precedenti esperienze lavorative. Lo studio nacque come Turnvale Limited, ma a fine 1990 avrebbe preso il nome di Revolution Software, con cui lo conosciamo ancora oggi. Spostandosi fra un ufficio e l'altro per inseguire le dimensioni sempre più ampie del team e le ambizioni notevoli che lo spingevano, Cecil e compagni lavorarono sulla creazione del loro primo gioco, nato come risposta diretta alle avventure Sierra. L'idea era di sfidare proprio il campione, quel King's Quest che tanti successi aveva regalato ai coniugi Williams, creando però un fantasy che si prendesse molto meno sul serio. Ma non era l'unica idea, anzi.

Revolution creò il proprio motore per lo sviluppo di avventure grafiche e lo battezzò Virtual Theatre Engine, in nome della sua caratteristica più affascinante. Il motore permetteva infatti di realizzare un mondo di gioco vivo e pulsante, nel quale i vari personaggi se ne andavano in giro indipendentemente dalle azioni del giocatore, compiendo azioni importanti per il prosieguo dell'avventura ma anche diverse più mondane. Si vedevano quindi paesani che andavano al lavoro, si facevano una pinta al pub, chiacchieravano per strada e potevano essere pedinati, ascoltati di nascosto, spiati da una finestra.

A questo si aggiungeva un sistema di gestione "fisica" per oggetti e personaggi che li rendeva impenetrabili, in nome del realismo, costringendo il giocatore e tutti i passanti a girare attorno agli ostacoli. E, ciliegina sulla torta, c'era anche un menu contestuale che permetteva di dare ordini piuttosto articolati al compagno d'avventura del protagonista, chiedendogli di compiere azioni in serie, di parlare col tal personaggio, di recuperare il tal oggetto e così via.

Un manifesto pubblicitario dell'epoca.

Insomma, Revolution Software fece fede al suo nome e creò un sistema di gioco parecchio ambizioso e innovativo, che sostanzialmente, fatti i debiti paragoni, sembrava quasi voler proporre il GTA delle avventure grafiche, molti anni prima che GTA venisse concepito. Poi, certo, non nascevano lì i concetti di open world e free roaming (Elite è del 1984, per dire) ma, nel contesto delle avventure grafiche, stavamo comunque parlando di una potenziale bomba dagli effetti deflagranti. Nei giochi Sierra si vedevano personaggi che passeggiavano fra gli ambienti e si verificavano eventi slegati dalle azioni del giocatore, ma erano casi specifici, tipicamente legati a qualche enigma e a un timer interno al gioco stesso. Il passo avanti, in questo senso, era clamoroso.

Chiaramente, il gioco in questione era Lure of the Temptress, così battezzato a seguito di pressioni da parte del publisher che finanziò lo sviluppo in un primo momento, quella Mirrorsoft così attenta al nome e alla personalità dei propri sviluppatori (vedi anche alla voce Bitmap Brothers), in controtendenza con le pratiche assodate del settore. Il titolo era considerato forte e venne abbracciato, a costo di allungare i tempi di sviluppo per inserire nel gioco, ehm, una tentatrice e una tentazione. Il paradosso? Mirrorsoft, nel frattempo, andò in bancarotta, fra l'altro per questioni slegate dai videogiochi che pubblicava, in realtà di buon successo, e Lure of the Temptress uscì poi sotto etichetta Virgin.

Lure of the Temptress venne accolto con entusiasmo dalla stampa specializzata, ipnotizzata dalle meraviglie del sistema di gioco ideato da Cecil e compagni, e riscosse un buon successo di vendite, tale da poter garantire a Revolution Software un futuro solido e lo sviluppo di altri progetti. Certo, non mancarono le critiche, rivolte per esempio a quella scelta all'insegna del realismo citata sopra: a furia di non potersi attraversare a vicenda, personaggi e oggetti finivano per ostacolarsi fin troppo, creando problemi al pathfinding e, in generale, facendo arrancare un po' nelle fasi di movimento. Ma, insomma, in linea di massima il gioco fu un successo.

Personalmente, ricordo il me stesso di allora affascinatissimo dal sistema che Cecil e compagni avevano messo in piedi. L'avventura grafica immersa in un mondo "vivo", pieno di gente che davvero se ne andava in giro libera a farsi i fatti suoi, era uno spettacolo. E il sistema tramite cui dare ordini al galoppino, anche, mi rapì. Passai un sacco di tempo a osservare gente, spiare da finestre, seguire personaggi, dare ordini contorti e complicatissimi e, insomma, godermi questo aspetto così concettuale del gioco, seppur inserito all'interno di un'avventura grafica che, nelle sue componenti più tradizionali, non si distingueva poi molto dalla concorrenza. E alla fin fine il Virtual Theatre era più che altro una meravigliosa promessa, che il gioco manteneva solo in parte e le successive produzioni di Revolution avrebbero fondamentalmente rinnegato. Ma a volte ci bastano le promesse, siamo fatti così.

Di là. No, vai di là. No, spostati. Mi scusi. No, per favore. Di là. Ho detto di là!

A rigiocarci oggi, Lure of the Temptress, è un po' un pasticcione. Intendiamoci: rimane un'avventura grafica gradevole, con uno stile visivo delizioso, un filmato introduttivo fenomenale e delle idee di design fulminanti, che conservano la propria forza anche e soprattutto perché rimaste uniche, o quasi, nel genere, ma diventate dominanti in altri ambiti. Però mostra anche in maniera brutale tutti i suoi limiti, nella scrittura ancora acerba, seppur comunque più curata rispetto a quella di tanti giochi suoi contemporanei, nella sostanziale brevità dell'avventura e nel modo a conti fatti limitato in cui il gioco sfrutta le potenzialità del Virtual Theatre. Già, perché il sistema c'era, ed era bello sul serio, ma era più che altro era bello pasticciarci, divertirsi a scoprirlo per la prima volta. Una volta smaltito quell'impatto, risulta evidente che il team di sviluppo non sapeva bene che farci. E, del resto, sono loro i primi ad ammetterlo nelle interviste: il motore è fichissimo, ma costruirci attorno del design sensato è difficilissimo.

Infatti, la verità è che i momenti in cui il gioco richiede davvero di sfruttare la “simulazione di vita paesana” e il sistema di ordini per il coprotagonista sono pochissimi. Per il resto del tempo, è tutto lasciato alla voglia di sperimentare del giocatore, senza che sia effettivamente necessario, o anche solo utile, farlo. Aggiungiamoci che forse un tempo ero più propenso a tollerare certi impacci, ma oggi il continuo incartarsi dei personaggi lungo i loro percorsi l'ho trovato davvero intollerabile, e Lure of the Temptress si iscrive di potenza nel club del retrogaming che richiede davvero tanta, tanta, tanta voglia per essere apprezzato e che finisce per farsi ammirare più che altro per le idee e la carica innovativa nel contesto storico. Rimane infatti un gioco importante per le sue caratteristiche quasi uniche e perché punto di partenza per uno studio magari non estremamente prolifico, ma capace di lasciare il segno.

La versione PC di Lure of the Temptress è disponibile da tempo per il download gratuito, anche su GOG. Il gioco è incluso nella Revolution 25th Anniversary Collection, un bello scatolozzo contenente tutta la produzione di Revolution spalmata su due DVD, oltre a un CD con la colonna sonora, un ulteriore disco pieno di materiali d'archivio, le ristampe dei fumetti di Beneath a Steel Sky e Broken Sword, i poster di tutti i giochi, una chiave USB a tema Broken Sword contenente altro materiale e la Revolution Timeline, sorta di enciclopedia interattiva sulla storia dello studio, con documentari e materiale vario. Pian piano mi sto giocando e/o rigiocando tutto e suppongo che andrò avanti a scriverne qua dentro. Ah, per il momento, la collezione sembra essere andata esaurita di qua e di là, ma Amazon la propone ancora come acquistabile a un prezzo dignitoso dalla Germania. E, come al solito, seguendo questo link potete accaparrarvela senza sovrapprezzi per voi, ma con una piccola percentuale di quanto spendete deviata verso di noi. Grazie!