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Lanciarsi nelle nuvole con AER

Porca miseria, sono passati già tre anni da quando ho messo le mani per la prima volta su AER. Come vola (wink wink), il tempo, quando ci si diverte. Ed è passato un anno da quando ne ho scritto anche qui su Outcast, dopo aver giocato con una versione teoricamente quasi completa, tanto che la pubblicazione era all’epoca prevista per la primavera del 2017. Poi, però, la vita ti mette i bastoni fra le ruote ed eccoci qui a chiacchierare di AER solo a fine anno, due giorni prima rispetto all’uscita prevista per mercoledì 25 ottobre. Cose che capitano. Ma insomma, chiacchieriamone: AER è un bel gioco di avventura, volo, esplorazione, volo, risoluzione di enigmi molto leggeri e soprattutto volo. Il cuore più profondo dell’esperienza di gioco, ciò che la distingue in maniera forte e le dà la sua personalità, è il sistema di volo, che permette di sfrecciare placidi fra e dentro nuvole cubettose, capaci di aprirsi per il nostro passaggio con uno stile e una ricerca estetica di cui è facile innamorarsi.

AER è anche un gioco essenziale, molto essenziale, forse pure troppo essenziale, ma quando apre le ali e mostra i suoi lati migliori sa affascinare, convincere e far innamorare. Certo, tre anni dopo, con nel mezzo tante altre esperienze che, volendo, si possono accostare a quella offerta dal gioco di Forgotten Key (un piccolo team svedese che si è affidato a Daedalic Entertainment per produzione e distribuzione), il colpo di fulmine di quella prima volta si è un po’ sbiadito. Ma quella che per noi è stata una storia d’amore a distanza, un rapporto platonico portato avanti con qualche saltuaria telefonata e un paio di incontri calorosi, per voi sarà un’esperienza tutta nuova e meritevole di essere assaporata. E magari non sarà colpo di fulmine, magari lo troverete solo simpatico, chissà. Però AER, pur coi suoi limiti, ha qualcosa da dire e qualcosa da dare.

Lo spirito alla base di tutto sta nell’idea di proporre un gioco in cui dare libero sfogo alla voglia di esplorazione e scoperta, senza menate. Non c’è azione vera e propria, non ci sono nemici, non ci sono pericoli, quando si cade da troppo in alto ci si salva con una planata a e il peggio che può capitare è di uscire dalla mappa ed essere rispediti indietro. La protagonista, tale Auk, è una ragazza appartenente a una specie di esploratori, che ha la capacità di tramutarsi in un grosso volatile per sfrecciare fra le isole fluttuanti che compongono la sua patria (e la mappa di gioco). Inoltre, ha con sé una lanterna speciale che, quando accesa, oltre ad illuminare il cammino, permette di interagire con vari meccanismi e di ascoltare le voci degli spiriti che popolano gli ambienti.

Auk è impegnata in un pellegrinaggio che la porta ad esplorare diversi templi, lasciti di civiltà perdute attraverso i quali può scoprire il passato del suo popolo e, allo stesso tempo, risolvere una crisi che sembra stare manifestandosi. Tutto questo si traduce in una serie di dungeon molto evocativi, ma anche molto semplici da affrontare, con enigmi ambientali sfiziosi nella concezione ma mai realmente impegnativi. L’ordine in cui approcciare l’esplorazione,poi, è lasciato totalmente nelle mani del giocatore: ci sono indicazioni e suggerimenti su come muoversi, ma possiamo esplorare a piacere e, al di là del tempio conclusivo, accessibile solo dopo aver completato gli altri, AER permette di muoversi in totale libertà.

Il gioco di Forgotten Key è sicuramente debitore dei tanti titoli indie incentrati su atmosfera e narrazione che sono usciti negli ultimi anni e per molti versi non può che far pensare a Journey, nonostante le similitudini siano per lo più circoscritte all’essenzialità dell’approccio estetico, al piacere del movimento elegante (lì sulla sabbia, qui in volo) e al modo in cui si scoprono dettagli e vicende di una civiltà scomparsa. AER, però, non propone un’esperienza lineare incentrata sulla forza emotiva e punta invece sul piacere di muoverti a piacere, coi tuoi ritmi e le tue scelte. L’ambiente di gioco è pieno di piccoli spunti d’interazione che non hanno alcuna valenza in termini di progressione ma stanno lì solo per il piacere della scoperta. Tutto l’aspetto narrativo può essere approfondito con attenzione ma anche completamente trascurato. La parte più classicamente avventurosa è accessibile nelle modalità che si preferiscono ed è comunque talmente esile da non costituire una vera e propria sfida.

Insomma, si tratta più che altro di un viaggio da un paio d’ore in un altro mondo fantastico, fascinoso e interessante. Se siete come me, qualsiasi cosa voglia dire, ve lo consiglio senza se e senza ma, perché so che vi piacerà. Se siete un po’ meno psicolabili del sottoscritto, tocca tenere conto del fatto che si tratta di un’esperienza breve, quasi per nulla impegnativa e priva della forza espressiva che caratterizza i migliori giochi a cui è possibile accostarla. Allo stesso tempo, però, offre almeno due ore di gioco molto gradevoli, rilassanti, con qualche idea stimolante, una realizzazione audiovisiva gradevole e ispirata, un sistema di controllo che fa centro perfetto nel gestire le fasi di volo e qualche enigma affascinante nella concezione, seppur molto facile. E, magari fa comodo saperlo, ha ipnotizzato mia figlia di due anni, che lo osservava rapita e si metteva a ballare quando partiva l’accompagnamento musicale.

Ho ricevuto da Daedalic Entertainment un codice per scaricare il gioco da Steam e ho impiegato circa due ore per portare a termine l’avventura. Chiaramente, la durata può variare in base a quanto tempo si passa ad esplorare ogni singolo angolo della mappa e a pasticciare con gli elementi interattivi. AER è disponibile anche su PlayStation 4 e Xbox One.