Outcast

View Original

Racconti dall'Ospizio #86 - Batman: The Videogame, quando saltare sul muro diventa un'ossessione

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Rigiocare nel 2017 a Batman: The Video Game fa davvero strano.

Originariamente fu pubblicato anche per Mega Drive e Game Boy (era il 1990, versioni di cui ci si è praticamente dimenticati, tutte sviluppate da Sunsoft), ma quella rimasta molto vivida nella memoria degli appassionati è la controparte NES.

Tu, amico Jader, sei l'esempio di lazy design più eclatante di questo gioco.

Un gioco che avevo vissuto per l’ultima volta a sette anni, a casa di un amico fornito di NES (che aveva un mare di giochi, quindi era il mio migliore amico) e che mi era sembrato epico e difficile. Nel 2017, a trentaquattro anni suonati, è ancora epico e sembra molto più facile, ma forse è solo l’esperienza accumulata negli anni; i primi due livelli li attraverso facilmente. Poi arrivo al terzo, l’Underground conduit, coi suoi Jader in agguato sin dal primo istante e scopro che forse, se me lo ricordavo difficile, un motivo c’era.

Neanche il tempo di iniziare il primo livello e già l’atmosfera si sente. In una Gotham City illuminata dalle luci ai vapori di sodio, il nostro Batman bicolore – il NES poteva visualizzarne venticinque contemporaneamente su schermo, quindi l’art direction richiedeva attenta pianificazione – si ritrova da solo ad affrontare una serie di nemici umani e dei dispositivi non ben riconoscibili (nel manuale indicati come Mobile Home Mine e Mobile Tracker), che lo danneggiano direttamente o dopo essere esplosi. Terminato questo primo, classico corridoio, ecco stagliarsi davanti al giocatore LA svolta.

Il salto sul muro, meccanica utilizzata fino allo sfinimento in ogni platform mariesco dall’incarnazione a 64 bit in poi, è presente qui in tutto il suo splendore: già visto precedentemente in Shadow Warriors/Ninja Gaiden – sempre per NES -, riesce a fare la differenza. Aggiunge verticalità a un gioco che, a parte il carisma derivante dal franchise, sarebbe potuto tranquillamente restare nel calderone dei tie-in brutti pubblicati tanto per spillare soldi ai gonzi.

I livelli sono ben strutturati: pieni di trappole ambientali, ingranaggi taglienti, zone elettrificate, lame trita-Batman subacquee. Il tutto da evitare attentamente mentre si cerca di sconfiggere i nemici e arrivare ai coriacei boss di fine livello, ben caratterizzati e con schemi di attacco a prima vista difficili ma che, una volta memorizzati, ricompensano dell’impegno, finendo sconfitti uno dopo l’altro sotto i colpi del nostro ricchissimo orfano.

Giusto qualche piccolo ostacolo elettrificato, niente di cui preoccuparsi, basta un wall jump!

I controlli, considerata l’era videoludica a cui il gioco appartiene, sono sorprendentemente precisi e ben calibrati. Lascia un po’ a desiderare l’inerzia residua a metà del salto, realistica ma sconveniente, nelle situazioni in cui bisogna allinearsi per cadere al centro di una colonna piena di trappole lungo entrambi i muri. Nel complesso, le meccaniche sono invecchiate bene e mantengono il gioco attraente e psicologicamente remunerativo.

Saltare su e giù per i muri di Gotham, della fabbrica chimica, delle fogne è, a conti fatti, divertentissimo. Quando poi si unisce questo dettaglio alle tre armi facenti parte dell’arsenale dell’uomo pipistrello - il Batarang, la Spear Gun e il Dirk -  tutte con munizioni limitate e diversa potenza, la realtà che ci circonda sfuma e improvvisamente si urla: “IO SONO BATMAN” rivolti allo schermo. Si torna bambini, si sente la responsabilità di salvare Gotham City dal Joker, che ci aspetta - come nel film - in cima alla Cattedrale della oscura metropoli.

Tu danzi mai col diavolo nel pallido plenilunio?

Peccato solo per un piccolo, insignificante dettaglio: non ci sono arrivato, al Joker, stavolta. È lì nei miei ricordi d’infanzia, e quei Jader mi hanno fermato intorno alla prima metà del terzo livello. Non mi arrenderò, so che è tutto un trucco del Joker per portarmi via Vicki Vale, perciò, appena avrò finito di scrivere questo articolo, tornerò lì e cercherò di riprendermela, dovesse volerci anche tutta la notte.

In fondo, se amiamo così tanto questo supereroe pieno di traumi, è perché almeno una volta nella vita, a sei anni così come a ottanta, è bellissimo urlare a pieni polmoni: “IO SONO BATMAN!”

In allegato, e senza sovrapprezzo alcuno, l'attuale record mondiale di velocità di completamento del gioco, raggiunto tranquillamente mentre il relativo figliuolo distrae il nostro speedrunner, così, tanto per non farsi mancar nulla.

See this content in the original post

Questo articolo fa parte della Cover Story "Justice League & Friends", che trovate riepilogata a questo indirizzo.