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Built for Speed: Croccante fuori, morbido dentro

Noi videogiocatori borderline lo sappiamo bene: frechete vuol dire tutto. Vuol dire fregno, fregnissimo, ben ti sta, c'ho piacere, te l'avevo detto, stupore, gioia e fottiti in culo. Il concetto del frechete, insomma, racchiude e dischiude all’interno di una parola così forte e grezza un intero caleidoscopio di emozioni.

A volte, però, esistono anche frechete che non esitono, che vivacchiano sull’orlo del vai a sapere. Pur sempre frechete, ma un po' più sbilenchi, soggettivi, opinabili e... frechete, per l’appunto. Come nel caso di un piccolo e tenero racing game che costa gratis su iOS (soldi in tasca non ne ho, ma lassù mi è rimasto Dio), c’ha la visuale top-down (di cui agevolo un filmato) e la bella grafica in pixel art croccante.

Vado subito al sodo: Built for Speed, sviluppato e cosato da Meizi Games, si guida dall’alto che è un piacere. Attenzione, non si tratta di uno di quei piaceri sublimi, che innaffiano i pollici di splendida melassa à la Reckless Racing di Pixelbite. Ci sarebbe del margine di miglioramento, è vero. Sarebbe più fregno avere dei tasti virtuali per azionare freni e freni a mano. O sarebbe anche fantastico poter accelerare, per gestire meglio la derapata. Ciononostante, 'sto giochino è sinceramente piacevole da controllare. Qui è tutta una questione di tagliare, pennellare, arrotondare e anticipare, ovviamente per stampare il miglior tempo sul giro, giocando con la morbida inerzia delle vetturette e lasciando scorrere, scorrere, scorrere. 

L'apice e la sua spasmodica ricerca.

Non si corre contro piloti virtuali ma solo contro i fantasmini di altri piloti reali (dobbiamo crederci? Boh, facciamo di sì). Niente tamponamenti, dunque, ma solo adorabili derapamenti con l’acceleratore automatico, alla ricerca della massima fluidità ed efficacia.

E poi, c’ha un certo stile che merita cuoricini. A cominciare dalla pixel art granulosa, retrò e pastellosa, per arrivare all’ampia selezione di auto (copie simpaticamente deformed di modelli reali. Nota per Stefano Talarico: c’è anche la Lancia Stratos con i colori Alitalia). Il vero fiore all’occhiello di Built for Speed, però, sono senza dubbio i tracciati.

Quattro superfici – asfalto, sterrato, ghiaia e neve (che, per la cronaca, è il terreno che fa impennare l’asticella di una qualche sbilenca forma di simulazione: ovvero fregnissima) e un track design che stupisce per semplicità, razionalità e pulizia.

Circuiti sinceri, onesti, pieni zeppi di chicane, lunghi rettilinei, tornanti da affrontare col giusto piglio e sfiziosi ostacoli (olio, salti/dossi, birilli o alberi) da evitare/assecondare/sfruttare.

Proprio lui. Condividete.

Oltre a tornei, coppe e sfide con i boss (difficili, ma ci sono in palio sfiziose automobiline), Built for Speed – lo dice il nome stesso – vanta un track editor versatile ed intuitivo, che sa far sbizzarrire la fantasia anche di chi, come me, non tocca un editor manco con i guanti in lattice. 

Il grip ridotto è sfizioso, tanto quanto il polverone in coda.

Il macro-difetto di Built for Speed coincide con un suo pregio: il modello free-to-play/pay-per-win, per nulla invadente, che da una un lato non propone neppure mezzo banner e risulta quasi invisibile, ma dall’altro estremizza vertiginosamente la longevità del gioco. Guadagnare denaro sufficiente ad acquistare una Lancia Stratos per fare contento Nabu, insomma, richiederà parecchio tempo. Ore, giorni, addirittura settimane di piccole gare qui e là. L’alternativa è sborsare qualche euro nel negozio in-game, o guardare qualche video che elargisce crediti.    

Ovviamente, bisogna acquistare potenziamenti ad hoc per primeggiare.

In sostanza, il frechete qui di seguito è un frechete d’incoraggiamento. Il lavoro svolto dagli sviluppatori è senza dubbio meritevole, ma c’è ancora margine di miglioramento per un eventuale Built for Speed 2. Magari qualche gara contro l’I.A., tornei online non–asincroni, un sistema di controllo ampliato (freno, freno a mano, acceleratore… ) e una progressione della carriera sensibilmente più rapida, perché non ho tutta la vita davanti e qui resta un po' quella sensazione di giocare a una cosa palesemente gratuita, ma che sarebbe stata migliore se l'avessi pagata due o tre euro.  

Ho scoperto Built for Speed per caso e ci sto giocando per caso, su iPad. Una gara mentre faccio il caffè, un’altra mentre faccio la cacca, e va benissimo così, in attesa di Racing Apex League.