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Librodrome #96: Lifeline non si ferma più

Attenzione, in questa rubrica si parla di cultura. Niente di strepitoso, o che ci farà mai vincere il Pulitzer, ma è meglio avvertire, perché sappiamo che siete persone impressionabili. E tratteremo anche dei libri. Sì, quelle cose che all’Ikea utilizzano per rendere più accattivanti le Billy. E anche le Expedit.

Ogni tanto, in questa rubrica, invertiamo i fattori e, invece di parlare di libri in qualche modo legati al videogioco, parliamo di videogiochi che sotto sotto fanno un po’ i libri. È capitato con la produzione di Inkle Studios e poi con quella di Simogo, oggi tocca a (quella che ormai è definibile come saga di) Lifeline. Il primo Lifeline si intitolava solo così, Lifeline, e aveva l’aria dell’esperimento intrigante, il giochino figlio di un’idea azzeccata che salta fuori dal nulla, si diffonde grazie al passaparola e diventa un piccolo cult. Che poi è esattamente quello che è successo, ma con la variabile impazzita del gran successo che trasforma Lifeline in un piccolo fenomeno, capace di generare una vera e propria serie ramificata di giochi. Three Minute Games è oggi lanciatissima sotto l’ombrello di Big Fish Games, i vari Lifeline (disponibili su iOS, Android e Amazon App Store) sono stati localizzati in più lingue, il creatore Dave Justus (a curriculum nientemeno che The Wolf Among Us, una fra le serie Telltale più amate) continua a sfornare nuovi episodi ed è stato affiancato da altri nel portare avanti la serie, con addirittura un Author Program aperto per tutti gli aspiranti autori. Mica male, no? E tutto, si diceva, ha avuto inizio un po’ dal nulla.

Lifeline racconta di Taylor, un astronauta dal sesso non definito, che si ritrova su una luna aliena dopo un atterraggio di fortuna. Il resto dell’equipaggio si divide fra morti e dispersi, non sembra esserci speranza. Taylor, però, riesce a comunicare con qualcuno sul pianeta Terra e grazie a questa “lifeline”, appunto, trova la forza di prendere le decisioni giuste per salvarsi la pellaccia. O forse no. Dichiaratamente ispirato a The Martian (il romanzo… ma l’uscita vicina a quella del film ha probabilmente dato una mano alle vendite), Lifeline si gioca tutto su un’idea molto azzeccata e anche piuttosto di moda negli ultimi anni: azzerare l’interfaccia, rendendola quasi trasparente e trasformando il dispositivo che si usa per giocare in un oggetto tecnologico contenuto nel mondo di gioco. Lo smartphone su cui giochi a Lifeline diventa sostanzialmente un dispositivo tramite cui comunichi con Taylor. O, volendo, l’app di Lifeline è in realtà un’app di messaggistica utilizzata per comunicare con lui/lei. L’interazione si sviluppa unicamente tramite una conversazione, con Taylor che descrive le situazioni in cui si trova e pone domande a cui bisogna dare risposte binarie. A volte si tratta di incoraggiamenti, a volte di suggerimenti su cosa fare, ma la sostanza rimane sempre quella: il giocatore, una volta tanto, non è protagonista assoluto ma solo spalla (comica?) di chi sta affrontando i veri pericoli.

Fun fact: nel 2003, Sony ha pubblicato su PlayStation 2 Lifeline, un’avventura fantascientifica interamente gestita tramite comandi vocali. Bruttarella ma intrigante.

E la cosa viene estremizzata in più modi. Tanto per cominciare, il gioco si svolge parzialmente in tempo reale. Taylor impiega del tempo a inviare le sue comunicazioni, quindi ci si ritrova ad attendere pazientemente, o magari in preda all’ansia, mentre il sistema ci avvisa, come un Whatsapp qualunque, che ci sta per arrivare un nuovo pezzetto di testo. Inoltre, in svariati momenti, Taylor ci saluta perché deve dedicarsi a un’attività che non permette comunicazione o la sconsiglia: sforzi fisici, lunghe camminate, corse a perdifiato o semplici ore di sonno. Anche qui scatta la simulazione in tempo reale e, semplicemente, il gioco si ferma. Dopo qualche minuto o qualche ora, Taylor ci chiamerà di nuovo e vedremo arrivare una notifica push, come per qualsiasi altro programma di messaggistica. Insomma, la trovata è semplice, ma azzeccatissima e funziona davvero nel rendere il senso di essere l’unico punto di contatto umano per questa persona dispersa al di là del cosmo. Aiuta anche l’idea di proporre situazioni in cui chi gioca è più o meno costretto a mettere in gioco la sua cultura personale, andando magari a cercare risposte su un’enciclopedia o su internet per aiutare Taylor. Certo, il fascino svanisce un po’ quando ci si rende conto che certe ricerche sono diventate bizzarramente popolari su Google, ma questa rottura del quarto muro, una volta tanto, non dà la sensazione di un gimmick fuori posto, anzi, risulta perfettamente contestualizzata nella trasparenza totale dell’interfaccia di Lifeline.

Il tutto funziona, va detto, anche perché Lifeline non si prende troppo sul serio. Ci sono per esempio concessioni sul fronte del realismo e dello sviluppo in tempo reale e, quando Taylor ci manda un messaggio, anche se la situazione è urgente, possiamo rispondere quando ci pare, aspettando anche ore e giorni, senza conseguenze particolari. Ma non si prende troppo sul serio anche la scrittura, che insegue una certa dose di realismo e propone momenti thrilling molto forti, ma sa anche giocarsela con grande ironia e una caratterizzazione di Taylor all’insegna del sarcasmo. Pure in questo diventa palese il modello d’ispirazione, perché in fondo The Martian, libro e film, funziona anche e soprattutto grazie allo spirito guascone del suo protagonista, che aiuta a rendere digeribile un contesto serissimo, complesso, estremamente drammatico.

Il primo Lifeline è insomma un piccolo gioiello di scrittura e game design “narrativo”, in cui tutto torna dall’inizio alla fine, i vicoli ciechi e le morti sono sempre giustificabili, evitabili e ben contestualizzati nelle scelte del giocatore, l’elemento di casualità ha il giusto peso e il crescendo verso il gran finale è davvero coinvolgente. Inoltre, Justus introduce elementi misteriosi che funzionano a meraviglia, ribaltando le situazioni di partenza in maniera non particolarmente originale ma, tutto sommato, abbastanza sorprendente e, col senno di poi, ponendo le basi per la creazione di un universo condiviso molto riuscito. Insomma, a modo suo, è un mezzo capolavoro, fra l’altro ben inserito in uno stile e in un approccio narrativo da young adult, se vogliamo, che tutto sommato è un genere non particolarmente esplorato nei videogiochi.

Lifeline 2 si gioca la carta del cambiare tutto per non cambiare nulla, o quasi, ed è un gioco piuttosto gradevole, che però non trova la precisione e la pulizia strutturale del capostipite e mostra idee ancora non particolarmente chiare sulla gestione della saga in divenire. Ci si sposta sul pianeta Terra e si seguono le vicende di una giovane maga in pericolo di vita. Il genere diventa quindi più fantasy che fantascientifico e i collegamenti con le vicende del primo episodio sono appena suggeriti (al punto che, successivamente, Lifeline 2 non verrà considerato parte del canone ufficiale), ma soprattutto vengono a mancare precisione e affidabilità del design. Troppe situazioni sono totalmente imprevedibili, con vicoli ciechi che si manifestano a lunga distanza da decisioni prese in maniera inconsapevole e senza elementi per giudicare cosa stesse accadendo. Per carità, la si può considerare una scelta voluta da parte di chi ha sviluppato il gioco, ma il risultato è meno appagante sotto questo punto di vista e non credo sia un caso se questo aspetto è stato poi molto smussato negli episodi successivi. A ciò si aggiunge una premessa poco convincente, anch'essa "corretta" in seguito: Lifeline 2 è l'unico episodio della serie in cui il personaggio principale ha motivazioni contingenti piuttosto nebulose per il suo affidarsi solamente al giocatore. In tutti gli altri, la situazione è di isolamento quasi completo e nei casi in cui non è così, la presenza di altri personaggi viene affrontata di petto o comunque la situazione viene spiegata. Insomma, Lifeline 2 è un gioco gradevole, ma è decisamente l'episodio più debole della serie.

Poi, però, è arrivata l'esplosione, con da una parte gli episodi che portano avanti la storia di Taylor (Lifeline: Silent Night e Lifeline: Limite dell'infinito), facendola evolvere con svolte narrative impreviste e sperimentando sulle trovate di gioco, e dall'altra le variazioni sul tema. Lifeline: Whiteout, di cui è in sviluppo un seguito, vede il protagonista disperso nei giacchi artici e coinvolto in una storia che sembra legata alle faccende "verdi" (non voglio dire altro) solamente dal punto di vista tematico. Lifeline: Crisis Line la butta sul poliziesco, riprende in mano le questioni verdi di cui sopra e trova una declinazione molto affascinante dell'idea di gioco alla base della serie. Se da un lato è un po' surreale che un detective faccia il suo lavoro dando ascolto a uno sconosciuto con cui parla tramite smartphone, dall'altro, una volta assimilata questa premessa, le meccaniche investigative danno al gioco un taglio un po' più "ludico" del solito e rendono l'esperienza molto affascinante. Infine, almeno per ora, c'è Flatline, che declina le solite faccende verdi in chiave survival horror, con un personaggio rinchiuso in un laboratorio stile Resident Evil, nel quale si è ovviamente scatenato l'inferno.

Insomma, Lifeline è diventato un piccolo impero della narrazione interattiva su smartphone, con tanto di app dedicata a fare da libreria, e continua a proporre giochi interessanti e coinvolgenti. Certo, arrivati alla settima uscita che, nonostante le tante novità introdotte e le variazioni sul tema, continua a basarsi sul medesimo modello, può emergere un po' di stanchezza. È inevitabile. Ma d'altra parte, fino a che la qualità rimarrà quella, continuerò a dare una chance ai Lifeline. Anche perché poi, il pregio maggiore di quel modello sta nel fatto che la storia rimane lì, tranquilla, nascosta nelle notifiche che ti invia, senza disturbare troppo. Quando ti gira, vai avanti, in qualsiasi momento, sulla tazza o alla fermata dell'autobus. E se proprio ne hai voglia, puoi disattivare il gioco in tempo reale e spararti l'esperienza tutta d'un fiato, senza contare che è sempre possibile tornare indietro alle scelte già compiute per pasticciare con l'evoluzione degli eventi. Insomma, Lifeline non è solo un bel gioco, è anche pratico, versatile, adatto a tutte le occasioni. E, alla fin fine, queste sono le caratteristiche dei migliori giochi per smartphone, no?