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Racconti dall'ospizio #49 – GoldenEye 007, i James Bond come non li fanno più

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Il 25 agosto del 1997, GoldenEye 007 fece il suo esordio su Nintendo 64 e il mondo degli FPS subì uno scossone forse un po' sottovalutato. Certo, il vero punto di svolta per gli sparatutto in prima persona su console sarebbe arrivato solo qualche anno dopo su Xbox ma, se lo chiedete a me, GoldenEye fu il primo vero capolavoro "pad only" appartenente a quel genere. L'agente segreto creato da Ian Fleming si accasò su Nintendo 64 con la sua migliore incarnazione videoludica di sempre e fece la storia. La fece per altro nella maniera più improbabile, con un gioco d'azione su licenza bondiana, legato al (gran bel) film di due anni prima che aveva lanciaro Pierce Brosnan nel ruolo, appartenente al genere violento per eccellenza e pubblicato da Nintendo. Roba da matti.

Io, onestamente, non ricordo se giocai subito a GoldenEye 007. Ad agosto del 1997 avevo comprato il Nintendo 64 relativamente da poco e mi ci dilettavo con amore e passione, inseguendo stelline in Super Mario 64, bestemmiando con Mario Kart 64 e prendendo a calci i palloni di International Superstar Soccer 64. Quanti 64. Lo comprai subito? Non lo comprai subito? Non lo so. So però che ci impazzii. Sì, all'inizio bisognava abituarsi un po' al sistema di controllo, chiaramente meno comodo rispetto alla combinazione mouse + tastiera, ma in fondo i quattro tasti gialli erano né più né meno come i tasti freccia che si usavano su PC, la levetta analogica, via, come surrogato del mouse ci poteva stare e sparare con quel grilletto mentre il rumble pack ti faceva vibrare l'anima era davvero esaltante. Certo, a riprenderlo in mano oggi, abituati a quasi due decenni di doppia levetta analogica, fa venire il mal di mare, ma per l'epoca andava più che bene, anzi, risultava una soluzione geniale, perfetta, grande Rare, grande Nintendo, bene così. Senza contare che era possibile collegare due pad e impugnarne uno per mano, in modo da avere accesso a due analogici e utilizzare un sistema di controllo che, di fatto, anticipava quella rivoluzione che molti pensano sia dovuta solo ed esclusivamente ad Halo. Poi, sì, era una roba da flippati, ma insomma, l'idea intanto c'era.

È sempre stato troppo più comodo da impugnare che da guardare.

E di idee azzeccate, in GoldenEye 007, ce n'erano una valanga, tutte riassunte in un'impostazione di gioco epocale, per molti versi irripetibile e irripetuta. Martin Hollis (qui il suo Post Mortem dalla GDC Europe 2012) e i suoi compari di una Rare che su Nintendo 64 raggiunse l'apice di una forma anch'essa irripetibile e irripetuta riuscirono a creare uno sparatutto in prima persona innovativo, tattico, versatile, diverso da tutti gli altri. Il loro James Bond affrontava forze soverchianti armato d'acume, senso tattico, abilità stealth e sbattimenti infiniti nel risolvere i puzzle legati alle missioni. GoldenEye 007 era uno sparatutto enormemente più complesso rispetto agli standard del genere, che lasciava spazio anche al piombo ma proponeva situazioni di gioco varie e articolate. Aveva perfino una selezione del livello di difficoltà che cambiava davvero le cose: spostandolo verso l'alto, non si limitava a rendere più tosti, numerosi o agguerriti i nemici, ti proponeva proprio missioni diverse e aggiuntive, obiettivi extra che ti spingevano ad esplorare addirittura luoghi che alle difficoltà più basse neanche visitavi.

Era una rivelazione. Dopo aver completato un po' di missioni a difficoltà Normale, mi feci prendere dall'amore per questa scelta di design e decisi di ripartire da zero a livello 007. Finii per trascorrere un mese intero appiccicato al gioco, completando ogni singola missione a difficoltà massima, spolpando ogni segreto infilato da Rare nel suo capolavoro. L'impresa non fu banale, anche perché checkpoint e salvataggi in corsa non erano previsti: bisognava completare la missione senza farsi ammazzare, altrimenti toccava affrontarla nuovamente da capo. Il livello di tensione diventava a tratti quasi insostenibile. La pianificazione, il sudore, l'attenzione, la precisione richiesti sparavano a mille. GoldenEye 007 era uno di quei giochi che ti cambiavano le carte in tavola, che ti proponevano uno stile, un approccio, una "filosofia" talmente radicali da renderti insipido tutto il resto. Una volta riposto sullo scaffale, il sapore di qualsiasi altro FPS mi sembrò sciapo per parecchio tempo.

Fra l'altro, per dirne una, GoldenEye 007 fu il primo FPS a proporre un elemento di gameplay che oggi diamo per scontato: il fucile da cecchino con zoom in tempo reale. Non fu il primo gioco in assoluto a farlo, vengono in mente Silent Scope, MDK, perfino Rescue per NES, ma fu il primo nel suo genere di appartenenza. Hai detto niente. E tutte queste idee, tutto questo gameplay, tutto questo divertimento, erano oltretutto inseriti in un gioco su licenza che riusciva a sfruttare la fonte in maniera intelligente, riproponendo i punti cardine del film ed elaborandoli per costruirvi attorno sequenze più ampie, situazioni di gioco stimolanti, opportunità per divertirsi rivivendo in maniera più approfondita quanto visto al cinema. E pensare che nel progetto iniziale sarebbe dovuto essere uno sparatutto su binari in stile Virtua Cop.

E mica finiva lì, perché poi c'era il multiplayer. Sviluppato di nascosto dal sauronesco occhio dei grandi capi di Rare, nei ritagli di tempo recuperati fra gli spazi degli ultimi quattro mesi di lavorazione, è quasi incredibile che sia venuto fuori così bene. E invece, le battaglie su schermo diviso fra due, tre o quattro giocatori vengono ancora oggi ricordate con l'antico sapore della leggenda e, anzi, per molti costituiscono il vero motivo d'amore nei confronti di GoldenEye 007, alla faccia della splendida campagna. Fra il design delle mappe esaltante, la varietà di armi e personaggi, i segreti sbloccabili che omaggiavano i vari classici bondiani e il puro divertimento offerto dalle modalità, c'era davvero di cui spaccarsi per mesi e mesi. E in effetti la campagna mi impegnò per un mese ma il multiplayer andò avanti per almeno un anno di sgomitate e urla sul divano con chiunque mi capitasse per casa. Ah, che bei ricordi! Ah, che bei tempi! Ah, quanto hanno fatto cagare – per principio, quasi più che per effettiva qualità – tutti i videogiochi dedicati a James Bond usciti nei vent'anni successivi! Ah, quanto s'è appassita Rare dopo la morte del Nintendo 64! Ah, quando c'era lui! Anzi, meglio, quando c'erano loro, gli Stamper. Vado a osservare dei lavori in corso.