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Il lato oscuro della NBA 2K League

All’inizio di febbraio 2017 arriva il grande annuncio: 2K Sports e la NBA si mettono al lavoro per lanciare NBA 2K League. La prima lega di esport con il patrocinio di una lega sportiva professionistica americana, non a caso la più attenta all’innovazione, che sia sul campo per rendere il gioco quanto più appetibile a nuove porzioni di pubblico, o dal punto di vista della comunicazione e della promozione del prodotto.

Il me di dodici mesi fa ha una reazione entusiastica, e ci mancherebbe. Una notizia del genere potrebbe mettere insieme due sogni della mia vita: poter giocare ai videogiochi tutto il giorno e giocare in NBA... più o meno.

Nel corso dell’anno che ci riporta al presente, qualche legittima domanda ha fatto capolino e le risposte sono state spesso poco esaurienti. Cercherò di restare nei confini di quel paio di temi cardine, senza costringervi a sopportare venti pagine di lamentele, per quanto sarebbero sacrosante.

NBA 2K18 è pronto per gli esports?

Pochi titoli sono più azzeccati di quello della recensione di NBA 2K18 che potete trovare queste parti: NBA 2K18 è intelligente ma non si applica. E se andate a leggere il mio approfondimento pubblicato poco tempo dopo, il riassunto è lo stesso: non. Si. Applica. NBA 2K18 è un altro capitolo nella storia di questa serie dal potenziale immenso, ma che non arriva mai a compimento. Capisco che non tutti i videogiocatori cerchino la stessa esperienza, e soprattutto riconosco di sognare una riproduzione più fedele di quello che vedo sui parquet della NBA ogni notte, con meno tecniche abusabili dai quattro scappati di casa di cui vi parlavo ad ottobre.

Ma una cosa la so con certezza: per gli esport ci vuole un gameplay estremamente bilanciato. Il gameplay della modalità ProAm di NBA 2K18 è sufficientemente bilanciato? Risposta breve: no. Risposta lunga: senza volerci addentrare nel meta-gioco che ha terribilmente appiattito il 99,9% delle partite giocate e viste su Twitch dal 15 settembre ad oggi, NBA 2K18 soffre di un evidentemente difetto di progettazione. Se la possibilità di scegliere tra 189 combinazioni di archetipi (ero tentato di chiamarle classi, ma se siete arrivati fin qui, suppongo che conosciate abbastanza il gioco da capirmi), con innumerevoli ulteriori varianti date dalle caratteristiche fisiche dei giocatori, rappresenta il “potenziale”, la mancanza di un equilibrio tra i vantaggi e gli svantaggi di ogni variante rappresenta l’impossibilità della sua realizzazione. NBA 2K18, come tanti suoi predecessori, favorisce palesemente giocatori imponenti fisicamente e di determinati archetipi, che hanno molti più vantaggi rispetto ai difetti.

I loghi delle diciassette franchigie partecipanti alla prima stagione della NBA 2K League.

Il risultato è che nella NBA 2K League Combine, l’ultimo livello di qualificazione prima che arrivi la lega vera e propria, 72000 giocatori si trovano a poter scegliere tra cinque combinazioni di archetipo per ognuno dei cinque ruoli, ogni ruolo con una sua altezza e un suo peso predefiniti. Fanno venticinque combinazioni possibili, tutto qui. Il potenziale di NBA 2K18 ha salutato la truppa ed è stato accantonato per (cercare di) avere un minimo di bilanciamento in vista della svolta pro-gaming. Si tratta di una soluzione comprensibile? Sì, anche perché era l’unica. Si tratta di una soluzione sostenibile sul lungo termine? Assolutamente no. Questo mette la lega in una posizione in cui è impossibile vincere: o la si costringe ad appiattire il prodotto e metterne a rischio il successo, oppure i 102 partecipanti (che fino a due settimane fa dovevano essere 85, ma ho deliberatamente scelto di non addentrarmi nei problemi organizzativi incontrati dalla NBA 2K League, per il bene della mia e della vostra salute mentale) verranno valutati su parametri relativamente attendibili, se la lega dovesse tornare al modello originale e decisamente più accattivante della miriade di varianti di giocatori.

Ma, a quanto dicono i manager della NBA 2K League, c’è una luce in fondo al tunnel, rappresentata dalla possibilità che la lega si giochi su una build diversa di NBA 2K18, calibrata in modo diverso per favorire l’equilibrio. Pur cercando di mettere da parte la mia voglia di lanciare il portatile contro il muro, perché non riesco proprio a trovare un motivo valido per cui un utente “normale” dovrebbe giocare su una versione diversa rispetto ad un “professionista”, voglio chiedervi: quale altro titolo di esports ha due versioni separate per pro-gaming e non? Voglio anche darvi la risposta, nel caso non la sappiate: nessuno. I migliori pro del mondo di League of Legends giocano allo stesso gioco con cui si diverte W4RL0RD1995 nel comfort della sua cameretta, e lo stesso discorso vale per Counter Strike: Global Offensive, Dota e tutti gli altri.

Per NBA 2K18, invece, no. Perché NBA 2K18 non è pronto a quest’avventura.

Adam Silver (sinistra), Commissioner NBA con Strauss Zelnick (destra), CEO di Take-Two Interactive

Perché dovrei segfuire la NBA 2K League?

Ho citato alcuni dei principali titoli di esport esistenti, che pur essendo giochi molto diversi tra loro, hanno un punto in comune: portano al pubblico un tipo di competizione che non si può trovare altrove. Non posso accendere la TV e guardare tank e stregoni sfidarsi tra loro. Non posso accendere la TV e guardare soldati e terroristi che si sfidano per sport e si ammazzano a vicenda (per fortuna, aggiungerei). Visto che posso accendere la TV e guardare dieci cristoni in pantaloncini giocare a pallacanestro al livello più alto e spettacolare possibile (e anche ad un livello infimo, se il canale è RaiSport e il campionato è quello italiano), e dato che, pur essendo malato di NBA 2K, non riesco a guardarne una partita per più di un quarto d’ora, mi piacerebbe provare a capire quali siano gli obiettivi di pubblico della NBA 2K League.

Puntano al pubblico degli esport? Non sono convinto di quanto possa risultare appetibile, vista l’inevitabile mancanza di “fantasia” data dalla natura simulativa del gioco. Puntano al pubblico degli appassionati di basket? Non sono convinto di quanto possa risultare appetibile, visto che Steph Curry e LeBron James fanno cose ben più irreali… nel mondo reale. Puntano ad un pubblico ibrido? Quel pubblico esiste già, ed è la community di 2K, che già guarda partite di alto livello da un paio d’anni, ma con numeri infinitamente minori rispetto agli incredibili picchi di CS:GO e compagnia.

Questi numeri basteranno all’NBA per proseguire la partnership con 2K? Non voglio essere troppo categorico, quindi vi lascio con l’ultimo interrogativo: un’organizzazione che poco più di un anno fa ha firmato un contratto televisivo da ventiquattro miliardi di dollari si può accontentare degli spiccioli del pro-gaming?