Racconti dall'ospizio #107: Policenauts è l'Arma Letale che trovi dai Passeri
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Il mio primo incontro con Policenauts avvenne casualmente nonché involontariamente, ché manco sapevo cosa fosse, quella roba lì con la copertina gagliarda che attendeva placidamente l'appuntamento con il destino nella vetrina di Passeri. Eh, sì, Passeri era davvero grosso, e detta così potrebbe sembrare una frase atta a corroborare la teoria che vuole gli abruzzesi in fissa con ornitologiche dimensioni, ma purtroppo devo deludervi: si tratta(va, l'ultima volta che sono passato da quelle parti mi sono trovato davanti una sartoria) di un negozio di giocattoli, uno davvero spettacolare. Quando ero piccolo, era la terra promessa, qualcosa di indescrivibile; entravi lì ed eri circondato da scatole infinite di cose megagalattiche, dai set LEGO più grandi e proibitivi a robot fighissimi in confezioni incomprensibilmente nipponiche, piene di ideogrammi vari e di GIAPPONE. Tanto, tanto GIAPPONE. Roba che, se tornassi indietro nel tempo con una vagonata di lire per fare acquisti, potrei vendere tutto su eBay e riempire fino all'orlo un fondo pensione a prova di bomba.
Era forse quest'affinità col GIAPPONE che permise a una raminga copia di Policenauts per Saturn di palesarsi in quella vetrina a... boh, credo venticinquemila lire. Assieme a lui presi Heart of the Alien per Mega CD, e ricordo che entrambi erano in svendita, un po' scoloriti ma certamente scontatissimi. Il prezzo era giusto, giacché - come anticipato - di Policenauts non ne sapevo nulla, e la somma richiesta era tale da permettermi un coraggioso salto nel buio. Sarete felici di sapere che, essendo completamente in una lingua a me aliena, non compresi una benemerita fava di quello che accadeva su schermo, neppure racimolando tutte le informazioni possibili attraverso la nobile arte del trial & error, una pratica che sulle prime trovai piuttosto efficace per muovere i primi passi. Un po' come in molte avventure nipponiche nate su architetture come il PC-9821, procedere nel buddy cop simulator (tm) di Kojima è principalmente questione di cliccare ovunque finché la narrazione non decide di proseguire, una pratica che all'epoca non riuscì ovviamente a chiarirmi cosa diavolo stesse succedendo sullo schermo.
Dovetti aspettare il 2009 per apprendere che 'sti benedetti policenaut erano un gruppo di sbirri impegnati su una stazione spaziale e che il protagonista Jonathan Ingram era diventato suo malgrado un naufrago tra le stelle, tenuto in vita grazie al supporto vitale della sua tuta in seguito a una passeggiata andata a male lì, dove nessuno può sentirti urlare. Recuperato lustri dopo, Jonathan viene reintegrato nelle forze di polizia terrestri come un pesce fuor d'acqua, conservando un aspetto giovane al contrario di colleghi e amici che, ovviamente, erano andati avanti con le loro vite, dimenticandosi di lui.
La sapienza non arrivò tramite la padronanza della lingua di Takeshi's Castle, bensì grazie a una traduzione amatoriale da applicare alla versione PlayStation, un vero atto d'amore che ha permesso all'utenza occidentale di gustare un videogioco portato alla ribalta dal successo di Metal Gear Solid.
Principalmente perché la sekaikan di Policenauts è estremamente convincente, con un'ambientazione fantascientifica supportata da un interessantissimo cast di personaggi, tra cui Jonathan e il vecchio (nel senso che è invecchiato rispetto ai trascorsi da policenaut che, per il protagonista, sono invece avvenuti praticamente l'altro ieri) collega Ed Brown sono solo la punta dell'iceberg. Gli anni passati durante il riposo forzato di Jonathan hanno infatti reso le stazioni spaziali una consuetudine, rendendo ricco e potente chi è stato in grado di sfruttare questa nuova forma di colonizzazione; sullo sfondo di un caso di presunto rapimento commissionato dalla riluttante ex signora Ingram, Policenauts conferma la passione di Kojima per il cinema, mettendo assieme ispirazioni più o meno velate provenienti da film quali Blade Runner e Arma Letale con successo, amalgamando tensione e commedia con ottimi risultati.
E la mia versione per Saturn? È la migliore tra tutte quelle pubblicate, per un motivo fondamentale. Non parlo del supporto alla Virtua Gun nelle sezioni arcade, né dei filmati a 24 FPS rispetto ai 15 visti su PlayStation. Non mi interessano neppure l'utile glossario integrato, le scene extra o i dialoghi revisionati: nossignore, l'extra più mirabile è lo sballonzolare dei seni, censurato su PlayStation e qui nella sua molleggiatissima gloria. E volete sapere il meglio? Un paio di anni fa è uscita una patch anche per questa versione, quindi potete gustarvi un fantastico giallo fantascientifico tra mullet azzurri e tette in movimento anche sulla console SEGA, a patto di possedere un sistema capace di leggere i backup.
Tette più Kojima, che diavolo volete, di più?
Questo articolo fa parte della Cover Story "Metal Gear e Hideo Kojima", che trovate riepilogata a questo indirizzo.