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The Cloverfield Paradox: vale tutto

Il primo Cloverfield si basava su un'idea magari non originalissima ma piuttosto azzeccata. Se da un lato non è che realizzare un found footage, nel 2008, fosse esattamente un trionfo di creatività, dall'altro l'idea del film di mostri giganti girato in quella maniera funzionava e garantì una certa dose di freschezza a un racconto per il resto piuttosto ordinario. Aggiungiamoci un Matt Reeves piuttosto in palla, un buon lavoro sugli effetti speciali e qualche trovata d'effetto e ne venne fuori un film più che riuscito, oltretutto accompagnato da una campagna marketing di gran successo, per lo più basata sul non spiegare nulla. Stupisce che ci siano voluti dieci anni per vedere un seguito, ma insomma, ci siamo poi arrivati con 10 Cloverfield Lane, che conservava il concept del "facciamo il film di mostri, ma diverso" per estremizzarlo fino al "facciamo il film non di mostri, che però forse è di mostri". La cosa fu talmente estremizzata che si prese un film assolutamente non concepito per essere seguito di Cloverfield e lo si trasformò in tale con un paio di aggiunte e modifiche, giocandosi tutto il marketing sul "Comunque non ve lo diciamo se è davvero un seguito, magari non lo è". Un thriller psicologico ambientato in un bunker perché forse là fuori c'è qualcosa divenne un thriller psicologico ambientato in un bunker che si trova al 10 di viale Cloverfield perché forse là fuori c'è qualcosa e (spoiler) sono mostri giganti che forse hanno a che fare con quelli di Cloverfield.

La cosa era estremamente attaccata con lo sputo. E se non poteva che trattarsi di sputo, dato che - come fai? - stiamo parlando di toppe appiccicate su un film che parla d'altro, è soprattutto "estremamente" a colpire. I collegamenti con il primo Cloverfield potevano essere più netti, bastava infilarci una delle creature viste lì, e invece si scelse di restare più sul vago, con (SPOILER!) mostri un po' diversi. Perché? Perché probabilmente era già previsto di trasformare il tutto nella serie più cazzara di sempre. L'altro giorno, The Cloverfield Paradox si è manifestato a sorpresa su Netflix subito dopo il termine del Super Bowl (a proposito: Tom Brady SUCA), con una mossa chiaramente pensata per portare avanti in qualche modo le trovate di marketing "misterioso" dei primi due film, anche ora che il mistero è andato a farsi benedire. E anche in questo caso, si tratta di un film che con Cloverfield non c'entra nulla: hanno aggiunto un paio di inserti televisivi, scritte piazzate nei punti giusti e un'inquadratura finale posticcia ed eccoci qua col terzo episodio.

Ma, anzi, ancora meglio: hanno preso un film su un esperimento dalle conseguenze impreviste e, cambiando due virgole, l'hanno trasformato in un film su un esperimento dalle conseguenze impreviste che spiega le origini dei mostri di Cloverfield. Ora, prendere un film che non c'entra nulla e trasformarlo in un film *che spiega il tuo universo narrativo* è un colpo spettacolare, eh. Ed è la definitiva dichiarazione d'intenti. Ora vale tutto, perché c'è stato un abracadabra grazie a cui vale tutto. Possono prendere qualsiasi film e trasformarlo in un Cloverfield. Possono prendere un film con i nazisti che fanno le magie e trasformarlo nel quarto episodio (no, sul serio). A questo punto potrebbero applicare il trattamento anche a film già usciti. Tipo, che so, potrebbero mettere un calabrone antropomorfo al posto di Kevin Spacey ne I soliti sospetti. Oppure si potrebbe mettere Godzilla in Shaolin Soccer. Sarebbe bellissimo, no?

Tipo.

In tutto questo, c'è un problema. Il primo Cloverfield, lo dicevo là in cima, era un bel film e anche 10 Cloverfield Lane non era niente male, per quanto il twist del terzo atto potesse spiazzare un po'. The Cloverfield Paradox, invece, è una mediocrata. Ed è una cosa che fa abbastanza la differenza. Voglio dire, per quanto obiettivamente posticcio, tutto il lavoro sulla, boh, chiamiamola costruzione del progetto Cloverfield può piacere o non piacere, ma se poi i film sono belli e/o divertenti non ci si lamenta. Se iniziano ad essere brutti e/o mosci, va molto meno bene. Ecco, The Cloverfield Paradox avrebbe anche qualche spunto intrigante e un cast di buon livello, ma è un film realizzato in maniera tutt'al più scolastica. Le prime due conversazioni del film sono quei classici scambi fra personaggi che si raccontano cose che sanno perfettamente perché è il modo più veloce e banale per raccontarle allo spettatore. È un inizio perfetto, perché ti spiega subito cosa aspettarti ed evita malintesi: ti aspetta un'ora e mezza scritta e diretta in quel modo, moscio, banale, prevedibile, pacchiano, senza mezza soluzione originale o elegante, senza nulla che spicchi e ti faccia dire "Ne vale la pena per quella scena lì". Peccato. Magari con i nazisti magici andrà meglio.

Come dicevo, sta su Netflix e l'ho visto lì. Non so come sia il doppiaggio italiano ma il film gioca molto sull'idea dell'equipaggio multietnico, coi rispettivi accenti e le rispettive lingue. Sarebbe un po' un peccato perdersi questa cosa.