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L.A. Noire: The VR Case Files - Il difficile è rimanere seri

Che L.A. Noire fosse un gioco a suo modo rivoluzionario l'avevo già ampiamente detto nella recensione della sua incarnazione “liscia” su PlayStation 4. Ciò che non mi sarei mai aspettato è che Rockstar osasse così tanto anche nella sua versione in realtà virtuale. Non è esattamente il genere di gioco che mi sarebbe venuto in mente pensando a un possibile remaster in VR, ma il risultato finale è ben più che apprezzabile, specie nelle sue venature più sperimentali. Il gioco originale era infatti un mix eterogeneo di diverse forme di gameplay, che poneva grande enfasi nelle fasi investigative e negli interrogatori. Mi sarei aspettato che molte sezioni venissero tagliate o drasticamente semplificate nel loro passaggio al VR, e invece no, perché L.A. Noire: The VR Case Files prova a fare tutto e ci riesce anche piuttosto bene, risultando estremamente divertente, a volte volontariamente, a volte meno.

Il gioco, nell’essenza, è esattamente lo stesso, semplicemente in formato di gran lunga ridotto e totalmente ripensato in ottica VR. L’atmosfera della Los Angeles anni Quaranta è identica, e fa da sfondo a intrighi, giochi di potere e sordidi segreti da svelare come giovane investigatore del dipartimento di polizia.

L’intero gioco è ovviamente riproposto in prima persona, con la libertà di girare per le stanze finché lo spazio “reale” ce lo permette, oppure utilizzando uno dei due diversi sistemi di locomozione che il gioco propone. È possibile infatti muoversi usando un comodo ma poco realistico teletrasporto, oppure puntando il visore in una direzione e poi agitando le mani e i controller, simulando il movimento di una camminata. È un colpo allo stomaco per chiunque soffra un minimo di motion sickness ma è bizzarro e divertente, almeno all’inizio. Ovviamente, l’interazione con gli oggetti del gioco è completamente libera ed è possibile usare i due telecomandi del Vive per afferrare oggetti, perquisire cadaveri o sfogliare le pagine del taccuino. Inutile dire che la naturalezza con cui è possibile effettuare gran parte di queste sezioni contribuisce non poco al senso di immersione totale che il gioco riesce a dare.

Le sezioni di interrogazione, comunque, sono poco diverse dalla loro versione su schermo: è possibile fare domande puntando alle varie voci sul taccuino, ascoltare la risposta e valutare che tipo di atteggiamento avere con l’interrogato, scegliendo da un menu a schermo. In queste fasi, vien fuori tutto il meglio e il peggio che un’esperienza VR possa offrire: è possibile avvicinarsi indefinitamente all’interrogato con fare inquietante, fargli “pat pat” sulla testa oppure annuire e scribacchiare cose sul taccuino (spoiler: tipicamente, peni stilizzati) mentre la persona di fronte a noi, possibilmente disperata, ci parla dell’accaduto. Come dicevo, in queste fasi, il difficile è rimanere seri, ché paradossalmente, la maggiore immersività può generare situazioni totalmente non-sense, perfettamente esemplificate dall’esilarante video qui sotto:

Fin qui, c’è quel che ci si aspettava da un gioco del genere, ma ciò che mi ha sorpreso di più è il tentativo di Rockstar di riportare in chiave VR anche segmenti di gameplay ben più complessi, come ad esempio le sezioni di guida, le scazzottate e le sparatorie. Mettersi alla guida dell’auto per raggiungere le varie ambientazioni è un’esperienza abbastanza realistica. È infatti necessario effettuare quasi ogni azione che si richiederebbe in questa situazione: aprire la portiera, entrare nell’abitacolo (c’è perfino un messaggio che consiglia al giocatore di sedersi), poi girare la chiave nel cruscotto, inserire la marcia, appoggiare almeno una mano sul volante e infine accelerare. Il tutto funziona anche abbastanza bene, ammesso che il motion sickness non sia un problema, altrimenti, alla prima curva, c’è il rischio di ritrovarsi con lo stomaco in subbuglio. Anche altri comandi accessori sono inseriti perfettamente nel gioco come oggetti reali: il pulsante per attivare la sirena, la radio della polizia da afferrare per ricevere e trasmettere comunicazioni e anche una comoda leva per saltare di sana pianta queste sezioni, non proprio adatte ai deboli di stomaco. Per quanto il tutto risulti un po’ goffo, la sensazione di trovarsi all’interno di un abitacolo di una vecchia vettura degli anni Quaranta è totale ed è uno spasso. Lo stesso si può dire per le sezioni più sparacchine, nelle quali è necessario ricaricare fisicamente l’arma inserendo proiettili nel tamburo, oppure tirare indietro l’impugnatura frontale di un fucile a pompa per far espellere i vecchi bossoli. Anche qui, il tutto risulta leggermente macchinoso, ma davvero soddisfacente e realistico.

Le scazzottate funzionano più o meno come qualsiasi simulatore di boxe in VR ma son comunque simpatiche.

In ogni caso, L.A. Noire: The VR Case Files propone un numero ben più ridotto di casi da affrontare rispetto alla sua versione su schermo: appena sette, di cui tre fungono da tutorial sulle complessità del sistema di controllo. In totale, la durata del gioco (intorno alle tre ore per me, che però conoscevo già abbastanza bene i casi e le loro soluzioni) è di gran lunga superiore al gioco VR medio, ed è un passo importante e non banale, per questo settore.

Si parla tanto del fatto che, in media, i giochi in VR siano poco più che tech demo e raramente si abbia la sensazione di un'esperienza coesa e completa. Rockstar, con L.A. Noire: The VR Case Files, ce la mette davvero tutta per cambiare questa opinione comune, con risultati altalenanti ma comunque più che apprezzabili. Specialmente se deciderete di non prenderlo troppo sul serio.

Ho giocato a L.A. Noire: The VR Case Files grazie a un codice fornito dal distributore italiano. I requisiti di sistema sono particolarmente elevati e anche con un PC di fascia medio-alta, a volte, ho notato vistosi cali di framerate, ottimi per farvi vomitare anche la colazione di due giorni fa. Ho completato i sette casi proposti dalla versione VR in poco più di tre ore, ma ci sono volute settimane perché ho avuto la sfiga di un guasto al mio HTC Vive. Se è la prima volta che giocate a L.A. Noire, potrebbe volerci ben più tempo.