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Alla ricerca della felicità

Dopo un’infanzia senza scialacqui (non che frequentassi la piccola fiammiferaia, ma in casa non si viveva di eccessi), ho cominciato a spendere i primi soldi guadagnati in oggetti discutibili. Li avevo, non dovevo comprare una casa e… oh, “fateve li cazzi vostri”.

Oggi non voglio raccontarvi i miei successi, tutti quegli acquisti che mi hanno portato a scoprire il segreto della felicità (non lo fanno mai, sappiatelo, ma sono meglio di un calcio in der posto), ma solo i miei più grandi fallimenti, gli acquisti di cui mi sono pentito, di cui un pochino anche mi vergogno o che, banalmente, hanno preso solo tanta polvere.

Cominciamo col controller di Steel Battalion, una di quelle robe che non puoi non aver sognato da ragazzino e che, tutto sommato, non costava nemmeno cifre esagerate. Ma i soldi non erano infiniti, ne presi uno usato su ebay da una persona meravigliosa, lo saluto con affetto anche oggi, che me lo mandò senza il manuale d’uso necessario. Tutto gasato, registrai anche qualche video in cui gridavo fortissimo “accensione” e poi… non sono mai riuscito a giocarci. Il tutorial era lento, noioso, e bisognava studiare abbastanza per impratichirsi. E niente, rivenduto nel mercato nero dopo anni di promesse mai mantenute.

Qualche anno dopo, come tutti, sono caduto nel tunnel di Guitar Hero/Rock Band. Per due anni, DUE ANNI, ogni sabato mi incontravo con altri tre amici e passavamo il pomeriggio a “suonare” oggetti di plastica. Ogni sabato, due anni, me ne vergogno ancora adesso. Preso dall’euforia, comunque, ne volevo di più e quindi, quando arrivarono sul mercato, decisi di acquistare i controller pro di Rock Band, tra cui la pianola e la chitarra con 2000 tasti. Mai finiti i tutorial, tutto troppo difficile da imparare, tutto troppo giocoso, sono ancora in un cassetto in salone. Magari un giorno…

Con gli amiibo ero più grande, avevo imparato la lezione. Decisi di non prenderne nemmeno uno per evitare di infognarmi nella voglia di possederli tutti. Poi un amico, carissimo, ti voglio bene, maledetto, me ne regalò uno, uno solo, e fu l’inizio della fine. Per un periodo che durò anni, questo collezionismo malsano mi costrinse a sveglie forzate alle tre di notte, ad ordini preventivi in tutti i paesi del mondo, a spendere cifre improponibili per dei cereali di Mario, a rovinarmi la vita, insomma. Oggi è un problema minore, non c’è più la ressa, ma questi trecento pupazzotti mi guardano disgustati ogni volta che capito loro davanti.

Ora sono vecchio, maturo, e posso dire di aver imparato la lezione. Non sono più istintivo e compulsivo come una volta, e il volante da usare solo per i giochi di camion è un acquisto ponderato, necessario mi viene da dire, mica uno stupido vezzo da usare meno di quanto dovrei.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata alle spese pazze che affrontiamo (o non affrontiamo) per le nostre passioni, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.