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Racconti dall'ospizio #149: Altered Beast nei ricordi va di più

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Quando giopep, un paio di settimane fa, mi ha proposto di scrivere l’ospizio d’auguri per Altered Beast, il celeberrimo picchiaduro a scorrimento di SEGA che proprio questo mese compie trent’anni, ho accettato di buona. In primis, perché da ragazzetto, al netto dei vari “però” che vedremo più avanti, ho amato moltissimo il videogioco in questione. Poi, più banalmente, avevo già sfiorato l’argomento e buttato giù due o tre paragrafi durante uno degli ultimi regni del terrore™ di Outcast (dicasi regni del terrore™ quegli oscuri periodi di transizione durante i quali, in assenza del capo, lo scettro passa a Stefano).

Le ultime raccomandazioni di giopep, prima di partire.

Con i compiti a posto e il caldo boia di questi giorni, ho deciso di fare come i palinsesti televisivi estivi di qualche anno fa: ho riciclato un po’. Ho preso il la da quanto già pubblicato nella cover story su God of War, e ho provato a far saltar fuori l’extended. Ché poi, oh, alla fine pure Altered Beast era la fiera del riciccio, con quei livelli che giravano su loro stessi come certi caroselli robot degli anni Sessanta. (Edit: alla fine mi sono imbizzarrito e ho scritto più del previsto. Riciclo stocazzo).

Trentesimo compleanno, si diceva. Correva il 1988, quando le prime schede di Altered Beast (in originale 獣王記, Jūōki, "Cronache del re delle bestie") iniziarono a brillare nei cabinati giapponesi. All’epoca, il muro di Berlino era ancora in piedi, ma già scricchiolava. Nei cinema italiani uscivano: Nuovo Cinema Paradiso, che come film è un po’ paraculo, ma ci sono molto affezionato; Mignon è partita, che invece ricordo proprio bello; Fantozzi va in pensione, forse l’ultima pellicola perlomeno decente dedicata al ragioniere. Meanwhile, agli Oscar, L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci fregava statuette a tutti, soprattutto al povero Stanley Kubrick e al suo Full Metal Jacket, che correva giusto per la miglior sceneggiatura non originale. Le ingiustizie, alle volte.

Sempre nel 1988, Battiato sfornava quella che anni dopo sarebbe diventata una fra le mie canzoni preferite nell’interpretazione dei C.S.I., E ti vengo a cercare. All’epoca, però, tutte queste cose mi scivolavano tra le mani come acqua piovana, preso com’ero dal sound del Jovanotti prima maniera, da Bamboléo, e dalle Olimpiadi di Seul passate a fumetti su Topolino.

Per quanto riguarda invece i coin-op, beh, lì era tutta un’altra storia. A quei tempi, i cabinati si trovavano praticamente ovunque: nei baretti, nelle sale giochi, nei luna park. Persino in location meno scontate come palestre, piscine e campi da calcio: il mondo sembrava fatto di videogiochi e io ne facevo una pelle. E nonostante la mia netta preferenza per i platform, come molti ragazzini di allora, non scampai al fascino malsano di Altered Beast.

Come ho già detto - e come sanno anche i sassi - il gioco targato SEGA era (è) un picchiaduro a scorrimento orizzontale à la Vigilante. A svilupparlo erano stati i ragazzi della divisione di AM1, con in cima Makoto Uchida (Golden Axe, Alien Storm) e Hirokazu Yasuhara (una carriera, la sua, che va da Sonic the Hedgehog a Uncharted: Drake's Fortune).

Se lo chiedete a me, il fascino di Altered Beast era legato soprattutto alla grafica appariscente, con quegli sprite belli massicci che davano peso alle mazzate e certi mostri che parevano usciti da un film dell’orrore: su tutti, l’obelisco di carogne lanciateste, forse la cosa più potente e rappresentativa dell’intero gioco.

«Ma la maschera di merda te la fa solo Shpalman®»

Poi, naturalmente, c’era il lore intrecciato con la mitologia greca, tanto di moda in Giappone anche in via del successo dell’anime I Cavalieri dello zodiaco, che circolava dal 1986. Shingō Araki e Michi Himeno, partendo dal manga di Masami Kurumada, avevano azzeccato uno fra i migliori character design di quel periodo. Qui dalle nostre parti, la serie prodotta da Toei sarebbe arrivata solo nel 1990, finendo col sovrapporsi alle versioni per Master System e Megadrive di Altered Beast strombazzate dal contenitore USA Today, che andava in onda giusto prima de I Cavalieri.

A oggi, ricordo ancora benissimo il mio primo incontro col gioco SEGA, consumatosi nella zona ristoro della piscina comunale di Muggiò, appena sotto casa mia. Mia madre mi ci aveva iscritto nel tentativo di dare uno slancio alla mia statura (spoiler: sono rimasto bassino, anche se bello come Tom Cruise). Questa fantomatica area ristoro non era che un baretto arrangiato con pizzette, patatine rotonde al sapore di pizza di quelle che sporcano tutte le dita e gomme da masticare di Braccio di ferro (squisite). Di fianco al banco, però, c’erano due coin-op di prima fascia: Out Run e Altered Beast. E con buona pace dell’inno all’escapismo di Yu Suzuki, fu soprattutto il gioco delle bestie a mesmerizzare la mia attenzione, ché come ho già scritto millemila volte, sto in fissa con i miti.

- A margine: da allora, nella mia testa, la colonna sonora di Out Run è diventata anche quella di Altered Beast. -

Venendo al gioco, le “cronache del re delle bestie” partono con la resurrezione dell’eroe (o degli eroi, in caso di co-op) da parte di Zeus; il quale, tanto che c’è, gli affida pure l’incarico di liberare Atena rapita dal malvagio Lord Neff, un mago oscuro fedele a Ade. Il nostro ex cadaverone da peplum è costretto ad attraversare indenne cinque livelli, cominciando da una necropoli infestata da zombi e una palude sotterranea abitata da rane, serpenti e Bizarrian (vedi sotto).

I Bizarrian sono questa sorta di basilischi in miniatura che agganciano l’universo di Altered Beast a quello di Golden Axe.

Seguono una caverna praticata da lumache e formiche giganti, il palazzo del cattivone e, per finire in bellezza, la classica città infuocata d’ordinanza.

Alla fine di ogni livello, il volubile Neff si trasfigura in un boss più o meno repellente, a seconda dei casi. Il fustacchione, di contro, può rispondere trasformandosi in bestia, ingoiando alcuni power-up rilasciati dai lupacchiotti che, di tanto in tanto, balzellano per i livelli. Le trasformazioni, soprattuto in via dei poteri che conferiscono, sono cruciali per gestire le boss battle. Tuttavia, se dopo tre giri di giostra il giocatore non dovesse riuscire a imbestialirsi, sarà costretto ad affrontare Neff a mani nude.

Nell’epoca della “giocabilità/longevità/grafica/sonoro”, a noialtri ragazzetti con poco senso critico e tanta immaginazione, questa cosa delle trasformazioni pareva fighissima. L’idea di infilarsi nella pelliccia di un lupo mannaro in versione liscia o super Sayan, financo in quella di un orso, di una tigre antropomorfa e persino nelle squame di un drago, faceva un sacco Manimal e finiva col nascondere i molti punti deboli del gioco. A prenderlo in mano oggi, Altered Beast accusa tutti i suoi problemi: la ripetitività dei livelli e la scarsa varietà generale, ma soprattutto un’imperdonabile legnosità del sistema di controllo, che vizia salti e combattimenti vari.

Fui più bestia che uomo.

Eppure, e al di là del valore intrinseco, col fatto di essere arrivato al momento giusto e di aver azzeccato l’immaginario giusto, Altered Beast viene ricordato come un vero e proprio cult. A ridosso dell’uscita in sala, venne convertito per la stragrande maggioranza dei sistemi in circolazione. Addirittura, la versione per Mega Drive, sviluppata internamente a SEGA dalla divisione Sega R&D2, con l’ausilio del team originale AM1, rappresentò una vera e propria killer application per la nuova macchina a 16 bit. Soprattutto negli Stati Uniti e in Europa, dove veniva proposta in bundle con la console.

Io, che all’epoca non possedevo un Mega Drive e nemmeno un Master System, finii per ripiegare sulla versione per Commodore 64, pubblicata da Activision e programmata da (tale) Michael J. Archer, che - come ho scoperto poco fa cazzeggiando su internet - ha pure curato la conversione di Atomic Robo-Kid e sviluppato il mitologico Samantha Fox Strip Poker.

Tra l’altro, stando a un frequentatore del forum che ho pizzicato, Altered Beast sarebbe “Better on C64 then the NES version and Master System”. Io, boh. Sarà che avevo la versione sfigatina su cassetta, ma ricordo soprattutto noia, frustrazione e caricamenti invasivi (che non mi hanno comunque impedito di passare ore e ore attaccato al joystick).

Fui più bestia che uomo (2).

Prima di chiudere, vorrei lanciarmi in un’ultima considerazione sul lore di Altered Beast, riallacciandomi al pezzo che ho pubblicato lo scorso aprile.

Forse perché influenzati da I Cavalieri dello zodiaco, o banalmente per ragioni di semplicità, gli sviluppatori del team AM1 scelsero una rappresentazione di Atena decisamente lontana dalla divinità guerriera versata alla strategia. Piuttosto, preferirono puntare su una variante del solito motivo folklorico della fanciulla rapita e in difficoltà.

Questa scelta, assieme all’iconografia che accompagna Lord Neff (evidentemente una rielaborazione del dio infero Ade, piuttosto che un suo fantomatico adepto), chiama in causa ancora una volta il mito del ratto di Persefone, uno fra i temi narrativi più frequenti nella cultura popolare, soprattutto nei videogiochi. Dietro la maschera di Atena, si nasconde la Persefone virginale, ancora non inserita nel suo ruolo di dea degli inferi, che la traghetterà verso una connotazione molto più oscura e complessa.

Se da un lato è contestualmente semplice giustificare la sostituzione di Persefone con Atena, per via della maggiore popolarità del personaggio nel Sol levante, trovo piuttosto curiosa la scelta di glissare parzialmente su Ade a favore di Neff. Noto in Giappone come Majin, credo che Neff rimandi al biblico Ze'ev, trasformato in seguito dal dialetto Yiddish in “Volf”, o “Wolf”. Lupo, insomma, decisamente in linea con la natura ctonia del personaggio, ma soprattutto con l’iconografia del gioco.

Eppure, la domanda resta: perché non usare direttamente Ade? Che dalle parti di SEGA, col fatto che il dio infero era fratello di Zeus e conseguentemente zio di Atena (e di Persefone), abbiano voluto scopare sotto al tappeto il tema dell’incesto? Vai a sapere. Più probabile che si sia trattato di un caso, come spesso succede. In fondo, non è che Altered Beast sia poi questo saggio di filologia. Semmai, come rivela anche il finale “so meta”, è uno sgangherato peplum, che mescola la cultura greca con quella romana (il protagonista è formalmente un centurione) e giapponese. Per dire, l’ultima trasformazione di Neff è un rinoceronte che pratica arti marziali: di cosa stiamo parlando?

We, auguri!.