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Amnesia: Memories - Quando un uomo si tinge di donna

Dopo l’interessante serie Hakuoki e il brillante Sweet Fuse: At Your Side, tocca ora ad Amnesia: Memories il compito d'illustrare ai giocatori occidentali le implicazioni ludiche di un genere fino a pochi anni fa ancorato al Giappone. Un genere, quello degli Otome game, solo in apparenza di nicchia, dato che in patria sembra godere di un certo riscontro, in particolar modo sui portatili Sony. Già su Saturn e Dreamcast ricordo però qualche produzione analoga, creata da fantasmagoriche software house, una delle quali indimenticabile almeno nel nome: Broccoli!

Amnesia: Memories è invece sviluppato da Otomate, una divisione di Idea Factory espressamente votata alla realizzazione di queste avventure grafico-testuali, incentrate su delle protagoniste che, in linea di massima, si trovano a dover frequentare dei coetanei tra i quali scegliere il fidanzato. Cambiano i contesti, storico, fiabesco o contemporaneo, e lo stile narrativo, con venature horror, fantasy o da libro Cuore, ma l’impianto ludico rimane lo stesso: dialoghi da leggere, qualche opzione di scelta qua e là per indirizzare gli eventi e tanti personaggi illustrati in stile manga femminile, quelli con uomini androgini e filiformi, impreziositi da occhioni auto-risplendenti, dita affusolate lunghe quattordici metri, capelli dalle fogge e dai colori improbabili e adornati da abiti improponibili. Ovviamente la mia è tutta invidia!

Tipico esempio di dita chilometriche.

Lo scoglio più delicato da superare qualora si volesse giocare un Otome game è quello dell’identificazione con il personaggio principale. Essendo il tipo di gioco rivolto per lo più a un pubblico femminile, non è scontato che un uomo possa agevolmente inquadrarsi nel contesto proposto. Aspetti come la simpatia, l’interesse e l’attrazione che la protagonista sviluppa nei confronti dei ragazzi con i quali si trova a interagire chiedono di essere vissuti anche dal giocatore, dato che a scegliere quale atteggiamento tenere è effettivamente quest’ultimo.

La struttura di Amnesia: Memories, per fortuna, soccorre l’utente, rendendo l’esperienza universale. La protagonista, affetta da amnesia causata da uno strano e improvviso scontro con uno spirito giunto da altra dimensione, tale Orion, deve cercare di recuperare la memoria dialogando con i personaggi che la storia le propone. Fin dall’inizio è possibile scegliere tra quattro varianti, nominate per comodità: cuori, picche, fiori e quadri. A ciascun segno corrispondono un ragazzo a tema e un pattern narrativo unico. Si vivono in sostanza quattro vicende diverse nei contenuti, sebbene costruite intorno a elementi ripetuti, ognuna delle quali aventi un fidanzato e una serie di risvolti specifici che possono condurre, a seconda delle risposte date nei dialoghi, a più finali negativi, a uno normale e a uno positivo.

Ecco Orion, lo spirito guida che parla e parla e parla..

Il compito del giocatore è quindi di permettere alla protagonista di ricevere impulsi positivi per stimolare la memoria, tentando nel contempo di comprendere il tono della relazione preesistente con il presunto fidanzato. Il possibile elemento straniante è perciò ridimensionato: non c’è tanto da scegliere il migliore tra un set di ragazzi, quanto da aiutare il proprio alter ego femminile a instaurare un rapporto positivo con la controparte, seguendo alcune linee guida. La cosa si fa anche interessante, ma con alcune problematiche che non tardano a emergere.

Partiamo però dagli elementi in gioco, cominciando da Orion, lo spirito sopra citato. Funge da classico grillo parlante: commenta, suggerisce, offre una serie di soluzioni, interroga e fa riflettere la protagonista. Utile, ma parla troppo e pure con una vocina giapponese stridula e tendenzialmente insopportabile. Rivedibile! La protagonista è piuttosto carina se piace il tipo, un filo cotonata, un po’ Georgie, se ricordate il vetusto cartone animato; non parla quasi mai, se non attraverso le scelte che il giocatore compie, e ha una spiccata tendenza a incasinarsi la vita, e soprattutto a scegliere ragazzi ufficialmente problematici. Si va dall’intellettuale radicale all’intristito lunatico depresso, passando per l’appiccicoso affetto da turbe paranoiche, chiudendo con il super belloccio che vive in simbiosi con le sue spasimanti (chiudete gli occhi, immaginate i Bee Hive di Kiss Me Licia e avrete il quadro completo). L’elogio dello stereotipo estremo, lontano anni luce dalla realtà di una qualsivoglia personalità umana, ma che alla fin fine funziona proprio per l’accentuata radicalità.

Questo è il nuovo Satomi!

Insomma, l’avventura comincia, si incontra il ragazzo selezionato e si investiga il più possibile provando a celare l’amnesia sofferta. Vi sono alcuni valori che stabiliscono il tenore dei dialoghi: apposite barre segnalano infatti l’ampiezza del sentimento che la protagonista prova nei confronti del ragazzo, la fiducia tra i due e la perplessità che essa desta a causa della mancanza di memoria. Il bilanciamento tra queste tre voci (quattro in un caso specifico) determina l’andamento della storia.

Cosa c’è di interessante? Intanto la qualità dei dialoghi (in inglese) e la veridicità dei caratteri. Per quanto stereotipati, i ragazzi tendono ad alimentare situazioni nelle quali ci si può riconoscere. Alcune tensioni di coppia, certi errori nell’approccio, difficoltà nel capirsi e nel parlare allo stesso livello, coinvolgono e a volte riescono persino a far riflettere. Ecco allora che per un uomo diventa interessante poter vedere se stesso attraverso gli occhi di una ragazza ed essere poi commentato e svelato dalle parole di Orion. In un paio di occasioni sono stato riportato indietro ad alcune storie passate della mia vita, a qualche errore commesso. In un certo senso è stato persino utile, così, per cogliere una sfumatura nuova. Non immaginate chissà quale profondità, adesso, solo una discreta abilità nel proporre le dinamiche di coppia. Per una ragazza, invece, immagino che il tutto possa essere piuttosto spassoso!

L’andamento delle quattro storie base è per altro divergente, motivo per cui non è così scontato capire come sviluppare il rapporto tra gli indici sopra descritti. Magari in una storia si deve puntare subito sull’amore e sulla fiducia, in un’altra atteggiarsi con circospezione, non si sa! Bisogna provare, lasciarsi andare, sperimentare. Il bello sta qui: la prima tornata è la più appassionante, soprattutto se si rinuncia a controllare i valori e a interrogarsi su quel che possa risultare più o meno utile. Affidandosi all’istinto o al gusto personale, si può godere per qualche ora di una vicenda che sa essere tenera, oppure tesa o ancora grottesca. Il bello sta qui, dicevo, e purtroppo finisce qui.

Potevano mancare scene con baci appassionati?

La ripetizione per traguardare i finali positivi di ogni personaggio è noiosa. Noiosa perché si spegne l’illusione che a decidere sia effettivamente il giocatore. Se all’inizio, assecondando il feeling suggerito dal contesto narrativo, si riesce a percorrere un filo logico spontaneo che trova riscontro nel comportamento dei personaggi, quando si va a ragionare e a caricare e ricaricare le risposte per alterare a piacere gli indici, ci si accorge di quante poche variabili il gioco preveda. Lo svolgimento è immutabile, gli snodi cruciali sono imprescindibili: non importa che si scelga di azzerare l’amore, di tramortire la fiducia o chissà che altro, il partner finirà per incanalarsi dentro la stessa strettoia. Dirà che ci trova particolarmente aperti nei suoi confronti, a dispetto di tutte le frecciate tirategli poc’anzi. Diventerà comunque paranoico, nonostante l’affetto dimostrato! Cosa cambia, allora? A che servono gli indici? A fissare le soglie dei pochissimi punti chiave. Due o tre al massimo. Quegli snodi che determinano la fine della storia in un punto o l’eventuale proseguimento, veicolando verso l’uno o l’altro finale. Le tante micro risposte date possono dare adito a una scenetta in più, a una slide narrativa, a un’immagine aggiuntiva… niente più di questo.

Da un certo punto in poi, ogni istanza di immedesimazione viene azzerata. Si ripercorre allora a velocità supersonica ciascuna storia, cercando di sviscerare la combinazione che lo sviluppatore ha deciso essere la più adeguata per un finale ottimale. Non c’è più sentimento, nessuna ragionevolezza emotiva da giocare, solo aridi tentativi per soddisfare dei requisiti. Brutto.

Brutto che certe tipologie di giochi abbiano come scopo l’ottenimento di un finale qualitativo. Una cosa sbagliata per definizione, perché altera il gusto dell’esperienza. Non esiste un finale con una qualità, positiva o negativa che sia. Esiste un finale. O ne esistono tanti, con sfaccettature diverse. Porre una qualità vuol dire indurre il giocatore a spendere il suo tempo per ottimizzare una partita, per soddisfare un requisito, per omologare le sue decisioni a quelle di qualcun altro (lo sviluppatore). Noioso, non vi pare? Molto meglio, invece, potersi sentire liberi di assecondare il feeling del momento, dando risposte non calcolate sulla base di quello che forse sarebbe più giusto fare per traguardare un risultato, ma su quello che si pensa e si sente.

Per fortuna, almeno in parte, in Amnesia: Memories questa possibilità c’è. La si può cogliere e la si può godere per ciascuna delle quattro storie. Il gioco vuole offrire di più, ma non ci riesce. Il giocatore saggio coglie il buono e scarta il resto: il rischio è di scoprirsi insoddisfatti e avvelenati. Chiudo con qualche parola per esplicare la scelta del bollino Frechete, che nella nuova scala di giudizio promossa da Outcast rappresenta in qualche modo un titolo da consigliare, un gioco che l'autore della recensione si augura possa venire provato e apprezzato. Il bollino dunque non rappresenta un voto ma una riflessione, che si evidenzia con un semaforo verde o rosso. Dal testo della recensione spero abbiate potuto cogliere che Amnesia: Memories è capace di intrattenere piacevolmente, senza però essere epocale nella qualità o imprescindibile nel bisogno. Allora perché consigliarlo? Perché è una esperienza nuova, per certi versi originale. Dignitosa nel suo essere. A patto di provare un minimo di interesse, si può rischiare di vivere una bizzarra e intricata storia d'amore virtuale.

Ho ricevuto un codice per scaricare Amnesia: Memories dallo sviluppatore, che ringrazio per la cortesia. Ho finito con soddisfazione tutte e quattro le storie proposte, ottenendo almeno un paio di finali per ciascuna di esse. Poi ho finito decisamente con l’annoiarmi.