Outcast

View Original

Come diventai il Pablo Escobar del mio paesello

Premessa: tutto quello che racconterò in questo articolo si riferisce a fatti ormai caduti in prescrizione, senza contare che il tempo ormai trascorso ha cancellato prove imputabili a qualsiasi mio comportamento illegale. O almeno lo spero. Prese le precauzioni di rito, ora voglio raccontarvi di come da adolescente diventai un punto di riferimento nel mio paesino (e non) per quanto riguarda la distribuzione di media d’intrattenimento per canali “alternativi”..

"Due anni son troppi, la prego, signor magistrato! In fondo è soltanto un pennuto, un pennuto spennato! Perché non cercate quei soldi che qualcuno ha intascato e per tutta risposta voi altri avete scarcerato?” cit. Vallanzaska.

Tutto ebbe inizio durante il periodo delle feste del lontano 1997, quando mio padre mi regalò la prima PlayStation. Ai tempi per me fu una grande rivoluzione, benché già in possesso di un PC e di varie console, l’ultima delle quali era un SEGA Megadrive; il salto tecnico fu qualcosa di mai visto prima dai miei occhi, perché tolto DOOM e qualche altra eccezione, il gaming era solamente qualcosa di bidimensionale.

C’era solo un piccolo problema: essendo un undicenne senza disponibilità economiche non potevo permettermi troppi giochi oltre a quelli acquistati dai miei genitori. La cosa non andava per nulla bene. Finché un bel pomeriggio mi trovai la console sequestrata senza troppe spiegazioni, per poi tornare qualche giorno più avanti. Grazie alla lungimiranza di mio padre, non solo tornò a casa, ma con quella “modifica” che tanto andava di moda ai tempi e che, almeno in Italia, decretò il successo di Sony rispetto a SEGA e Nintendo, almeno a livello di vendite hardware.

Sento molte volte dire che il successo di PlayStation non è imputabile alla pirateria ma questa opinione mi trova molto in disaccordo, basti pensare che la N. Sane Trilogy di Crash ha venduto più di tutti i titoli della serie messi insieme sulla prima generazione di Sony, a riprova che il bacino d’utenza di questi platform era molto più ampio dei numeri fatti registrare ufficialmente, e chissà come mai? Forse perché una bella fetta di chi li ha giocati ai tempi non possedeva una copia originale?

Il vecchio modchip di PS1, chi non ne aveva uno, sotto la propria scocca?

Passarono un paio d’anni e sempre per colpa di mio padre, che era attratto come una calamita dalle nuove tecnologie, arrivò lo strumento che fece da vero game changer nella mia via vita da adolescente… IL MASTERIZZATORE. Avevamo appena cambiato PC, passando da un ormai vetusto Pentium 75 a un nuovo e fiammante Pentium III con due lettori CD, su uno dei quali però campeggiava una nuova scritta, un numerino con una X a fianco; al che chiesi a mio padre cosa volesse dire, pensando che fosse solo un modo per indicare che andasse più veloce, anche se mi sfuggiva l’utilità di due unità con la stessa funzione; lui, invece, mi spiegò che quello era un masterizzatore col quale avremmo potuto copiare i compact disc, e invece l’altra serviva solo per leggere e ottimizzare tutta la procedura. Alla fine mi disse che era come con lo stereo di casa, col quale già si faceva lo stesso con le musicassette.

All’inizio però non fu tutto rose e fiori: un po’ perché la passione di mio padre per la tecnologia non andava di pari passo con la sua abilità nell’utilizzarla; un po’ perché ci rendemmo conto che per copiare determinati software non bastava inserire il CD e utilizzare un programma qualsiasi. Oltretutto, per i giochi PC necessitava pure un file aggiuntivo, ovvero quella “crack” necessaria a forzare le protezioni dei software stessi da sostituire con l’eseguibile ad installazione completata. Stessa storia per i giochi PlayStation, dove non era semplice copiare i dischi e anche lì il procedimento non era mai scontato. Ma come d’incanto, un bel giorno, come manna venuta dal cielo, venimmo in possesso del Sacro Graal della pirateria su compact disc di inizio nuovo millennio, un programma che rispondeva al nome di CloneCD; da lì tutto divenne molto più semplice e mi si aprì un business che tutt’ora definirei salvifico per le mie tasche da adolescente squattrinato. Perché in tutta onestà, 15.000 Lire a settimana fateveli bastare voi.

La raffinatezza della toolbar di CloneCD con quel sapore di Windows XP, che momenti amarcord.

Fu però un'altra la molla che mi trasformò in un “imprenditore” di questo mercato, e successe in seconda superiore. La mia prima seconda superiore. Ricordo ancora come fosse ieri quando, un mio compagno di classe, che qui chiameremo per rispetto della privacy “Quello Bello”, mi chiese di prestargli The Settlers IV, ovviamente non originale perciò già munito di tutti i file necessari, uscito veramente da pochissimi giorni (e a quei tempi era veramente raro avere i giochi al day one). Malauguratamente scoprii che alle mie spalle l’aveva masterizzato e poi rivenduto a metà della classe, guadagnando un bel gruzzoletto, e io, sia preso da un moto d'invidia che di rabbia per essermi fatto fregare così, decisi di entrare a gamba tesa in questo tipo di affari, applicando un tariffario che spazzò immediatamente via tutti i miei avversari.

È tutto ancora marchiato a fuoco nella mia mente: dove normalmente la gente più “onesta” chiedeva 10.000 Lire per una copia, io ne chiedevo 5.000 del vecchio conio, se volevi due giochi non ne volevo 10.000, ma applicavo lo “sconto” portando la tariffa a 8.000 Lire, se volevi tre titoli e i CD li mettevi tu, bastavano 10.000 Lire. L’unico modo per far lievitare leggermente questi prezzi era la richiesta di supporti di qualità, come i CD-R della TDK, perché il pacco da 10 costava un rene, altrimenti ci si poteva accontentare dei più economici Verbatim e Maxell. Questo può far capire immediatamente come una pletora di potenziali acquirenti iniziò a rivolgersi a me, piuttosto che andare da gente come “Quello Bello”.

Quantità o qualità? A voi la scelta (con un piccolo sovrapprezzo).

La cosa più sorprendente era la rete che si creò tra i vari “colleghi”, dove nacque una sana rivalità tra i pochi eletti che possedevano un masterizzatore, poiché unendo le forze il parco titoli a disposizione di ognuno cresceva a dismisura, facendo sembrare servizi come il Game Pass una poracciata. A volte addirittura ci si rivolgeva ai servizi di noleggio per aumentare il proprio catalogo, ormai tutto era lecito.

Ogni giorno i nostri file excel vedevano sempre più caselle riempirsi, per poi essere stampati su carta e fatti girare tra i potenziali acquirenti. Non erano liste a casaccio, no, erano comprensive di tabelle dove veniva ben indicato il titolo, l’anno di pubblicazione, il genere e pure quanti dischi fossero, perché quando ti chiedevano titoli come Metal Gear Solid e Final Fantasy VII ti sfregavi le mani, sapendo che erano giochi multidisco. Del titolo di Konami ricordo ancora che i più sgamati stampassero pure le copertine, poiché sul retro di quest'ultimo era presente la frequenza codec per contattare Meryl, fondamentale per il prosieguo del gioco e una sorta di “soluzione antipirateria” che poco servì a calmierare la diffusione di copie illegali.

All’inizio non era tra le mie velleità tecniche stampare le copertine, ma vuoi perché sempre in questo remunerativo business ci rientravano pure i dischi musicali bisognosi delle tracklist, con una piccola aggiunta si potevano fornire pure quelle rendendo il tutto un po’ più “premium”. Indimenticabile il sito cdcovers.cc, un vero archivio ai tempi per qualsivoglia immagine da inserire nei jewel box.

Peccato che la tecnologia LightScribe, capace di incidere il lato superiore del CD disegnandoci qualsiasi cosa ci venisse in mente, copertine comprese, divenne disponibile troppo tardi, altrimenti ci sarebbe potuta essere un’ennesima aggiunta tra le varie opzioni disponibili.

“Che ce l’hai Spyro?” “5.000 Lire, grazie”.

Fortunatamente ai tempi il periodo “cross-gen” era molto più marcato di ora e la pirateria di provincia, almeno dei giochi della prima PlayStation, fu florido fino a fine 2003; per un adolescente quasi tre anni corrispondevano a una vita e il gruzzoletto da spendere nel mentre era veramente una boccata d'ossigeno (per non dire altro). Passarono gli anni e cambiarono pure i metodi di “backup”, si passò da CloneCD a Nero Burning ROM, arrivarono i DivX e i masterizzari DVD, ma ormai il mercato era al collasso, la bolla scoppiò perché ogni computer aveva di default un masterizzatore, e praticamente in ogni casa ce n’era uno.

Mio padre si prese bene anche in altri ambiti, come la programmazione di tessere per le pay TV come TELE+ e Stream, ma quella era un tipo di pirateria che vedevo fin troppo rischiosa, forse perché la televisione era roba da grandi e io preferivo concentrarmi potenzialmente solo su un tipo d’intrattenimento più di nicchia.

È finita la pacchia!

Questa è la fine della storia di come per un paio di anni, forse qualcosina di più, diventai un punto di riferimento per quanto riguarda la pirateria delle mie zone, dove riuscire ad accedere a determinati contenuti era veramente improbo per persone costrette in una provincia fin troppo poco fornita. Non c’era internet (o meglio, al massimo si poteva aspirare a una connessione ISDN senza tariffe flat), non c’erano grosse distribuzioni né grandi negozi provvisti delle ultime novità, esistevano solo il passaparola e leggende mai troppo confermate. L’unico modo per riuscire a trovare giochi o dischi a volte erano quelle riviste per corrispondenza, ma anche lì, le spese non erano alla portata di tutte le tasche e perciò, per forza di cose, bisognava trovare canali alternativi.

Riuscire a creare una rete interconnessa per potersi così “spacciare” le proprie passioni ti faceva sentire un Pablo Escobar in erba, ogni giorno ti svegliavi, andavi a scuola e attendevi qualche ordine corposo per riempirti le tasche da svuotare nel weekend. Ma come ogni bella storia, tutto finì, lasciando un po’ di amaro in bocca, ma tutto sommato felici di aver vissuto quei giorni da bandidos.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai pirati, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.