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Contraband Police: il paese che vorrebbero!

Oggi faccio la guardia.

Sono gli anni Ottanta e vivo in Acaristan, un paese comunista con un dittatore spietato dove regnano la corruzione, la polvere e il contrabbando ma aò, nessuno ha mai messo in discussione il diritto all’aborto, c’è un limite a tutto.

Io mi occupo di controllare persone e mezzi alla dogana e di rovinare i piani di una terribile organizzazione criminale che prova a far entrare nel paese armi e droga. È un lavoro duro, meticoloso, ma per fortuna loro mi segnano con un serpente tutti gli anfratti dove nascondono la merce pericolosa. Sono terribili… ma pure molto educati.

Le giornate scorrono tranquille tra un controllo e l’altro e solo di tanto in tanto bisogna resistere ad assalti armati di gente incazzata. Più o meno quello che succede ogni giorno alle Poste Italiane, non mi lamento. Ogni sera prendo i prigionieri e li porto in un campo di concentramento dove verranno costretti ai lavori forzati. Sì, ok, potremmo magari farlo dopo un regolare processo, ma in Acaristan ci piacciono le procedure snelle.

Ogni giorno devo prendere decisioni difficili, etiche, e non è sempre facile. A volte provano a corrompermi, a volte devo decidere se condannare a morte qualcuno basandomi su poche prove indiziarie, altre se mettere delle tende nuove nella mia baracca. Non è facile, sono sempre molto combattuto tra sostenere un leader sanguinario che strozza la libertà dei suoi cittadini o, cavolo, mi serve proprio una tv nuova.

Quello che è certo è che domani il sole sorgerà di nuovo e un poveretto dovrà aspettare ore e ore in fila mentre io gli controllo il passaporto.