Outcast

View Original

Cosa resterà di questi anni Ottanta?

Se lo chiedeva Raf nel 1989, non potendo prevedere che a distanza di tre decenni sarebbe rimasto molto, moltissimo, forse troppo. Dubito che qualcuno ancora non se ne sia accorto, ma gli anni Ottanta da un pò di tempo sono tornati di gran moda. I fratelli Duffer li hanno dissezionati e remixati in Stranger things, mentre Ernest Cline con il suo libro e, in seguito, Steven Spielberg con relativo film hanno spinto quell’orgia citazionista che risponde al nome di Ready Player One.

Lato videogiochi, basti pensare alle retro console in miniatura o ad High Score, la recente docuserie targata Netflix che paga tributo all’età d’oro del medium. Per tornare in Italia, e con un esempio più terra terra, a cadenza più o meno regolare saltano fuori gli imbolsiti Al Bano e Romina con la loro Felicità, che dopo quarant’anni si è trasformata in paraculaggine. Ma vabbè, questo è un altro discorso.

Un viaggio lungo cinquecento pagine dentro l’ossessione per il passato.

Il critico musicale Simon Reynolds, autore del saggio Retromania, in un’intervista per Repubblica prova a descrivere le ragioni di questo interesse quasi patologico verso il passato:

Per celebrare i trentacinque anni di Super Mario Bros., Nintendo sforna l’ennesimo, inutile retro gadget


Il pericolo a cui si va incontro con questa deriva nostalgica - che a me, sinceramente, ha rotto le scatole - è proprio quello di rimanere bloccati in un continuo loop citazionista. Oltre a idealizzare un decennio che se, da un lato, ha visto una crescita vertiginosa dell’elettronica e dell’informatica, ma anche delle produzioni cinematografiche, televisive e dei videoclip, dall’altro ha spinto la società occidentale verso un consumo sfrenato. Gli Ottanta sono stati anni leggeri, improntati all’esteriorità e allo svago. È stato il decennio dell’esagerazione, del narcisismo e dell’effimero. 

Forse proprio per questo che, in tempi bui e difficili come questi, si guarda a quel periodo con nostalgia. Si cercano di ricreare quelle emozioni e quei modi di vivere lontani ma ancora desiderabili, soprattutto per chi oggi sta attraversando la mezza età in preda alla nostalgia. La vita prosegue sull'onda delle conseguenze di quanto fatto; promesse e progettualità lasciano il posto a nostalgie e rimpianti, in una continua celebrazione del passato. Pur di riportare in vita la nostra Euridice, come tanti novelli Orfeo siamo disposti a scendere all’inferno pagando il biglietto d’ingresso, che si tratti di film, videogiochi, libri o vestiti. Ma sappiamo benissimo come si conclude il mito: Orfeo si volta e la ragazza scompare per sempre. 

Demelza e Nessa sono due personaggi niente male, i loro dialoghi e le splendide illustrazioni valgono i soldi spesi

Nello sviluppare Knight and Bikes, Rex Crowle e Moo Yu pare abbiano preso alla lettera il pensiero di Simon Reinolds, attingendo a piene mani dall'immaginario anni Ottanta e creando un videogioco che mescola avventura punta e clicca, hack 'n' slash e minigiochi in sella a una bicicletta. E se da un punto di vista narrativo e artistico la ricetta regge benissimo, a fare acqua sono proprio le meccaniche ludiche che non riescono a trovare il giusto equilibrio. Un vero peccato, se si tiene conto che il gioco si rivolge a un pubblico molto giovane, sì, ma che con qualche accorgimento in più avrebbe potuto trovarsi a proprio agio nelle mani di una platea più matura.

L’ideale sarebbe giocarci in famiglia, perché l’esperienza da il meglio in modalità cooperativa locale. La storia di Knight and Bikes si basa sull’amicizia tra due ragazzine, e alcuni enigmi sono risolvibili solo in coppia; in generale, ci si diverte parecchio a girovagare in bicicletta esplorando l’isola di Penfurzy alla ricerca di un tesoro per fare fronte a un rischio di bancarotta.

Eccolo qui l’oggetto del desiderio di tutti i ragazzini e ragazzine vissuti negli anni 80

La trama ricorda un altro film degli anni Ottanta, I Goonies, scritto da Chris Columbus e Steven Spielberg, e come in quel caso siamo di fronte a un inno all’amicizia e al potere dell’immaginazione, oltre che a un racconto di formazione sull’inevitabilità del cambiamento e della crescita. Il tutto in sella alle immancabili BMX, forse la risposta più sensata alla domanda di Raf. Peccato che i ragazzini di oggi preferiscano i monopattini elettrici, gli overboard e Fall Guys, e che quelle scampagnate nei boschi a bordo di biciclette agghindate di tutto punto siano solo un vago ricordo che abita film e videogiochi.

E ora, per favore, cercate di guardare avanti, di non entrare nell’Ade e di lasciare riposare in pace Euridice.