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Dagli archivi: Peter Molyneux e Andrea Pessino

Ed eccoci al quarto e ultimo appuntamento con questa serie di post “Dagli archivi”. Prima ho recuperato la mai pubblicata intervista a Jason VanderBerghe, poi ho ripristinato l'archivio di episodi del vecchio Outcast, rendendolo nuovamente disponibile per chi ci teneva a recuperarlo, quindi ho segnalato la presenza online dei download “storici”, con le due raccolte di siglette e altra robaccia. E oggi chiudo questa parentesi amarcord riportando alla vostra attenzione due interviste che abbiamo realizzato nel lontano 2010, in quel di Roma, in occasione della Italian Videogame Developers Conference.

In coda al relativo Outcast Reportage, scaricabile cliccando qui (la descrizione e la scaletta completa dell'episodio stanno a questo indirizzo), potete ascoltare innanzitutto la lunga chiacchierata che ci siamo fatti con Andrea Pessino. Andrea, che è diventato nostro amico del cuore dopo che un anno prima gli avevamo dato dell'energumeno, si è seduto a parlare con me, Fotone e Braincoso per un'ora e ne è venuta fuori una bellissima chiacchierata, che davvero vi consiglio di ascoltare, se all'epoca ve la siete persa. Agevolo due brevissimi contributi video.

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Dopo l'intervista a Pessino, il podcast prosegue con una breve, ma forse altrettanto intrigante, intervista a Peter Molyneux, che all'epoca era reduce dal lancio di Fable III e, pur nel poco tempo che ci è stato concesso, ha risposto alle domande mie e del DeSangre alla sua solita maniera sincera e aperta. A riascoltarla oggi, fra l'altro, col senno di poi, si guarda in un'ottica un po' diversa quel malcelato desiderio di “fuga” da Lionhead e Microsoft e l'ultima risposta su Milo. Purtroppo, la registrazione è venuta un discreto cesso, con una qualità audio davvero pessima. Considerando che, oltretutto, la conversazione era in inglese, ho pubblicato una trascrizione che riporto per intero qua sotto. Ma non prima di un ulteriore contributo video firmato Andrea Pessino.

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Buona lettura!

DeSangre: Quanto c'è di te in Populous e quanto c'è di te in Fable III?

Peter Molyneux: È una domanda molto interessante. Populous sono io al 100%. Questa è la cosa più bella di Populous: avevo un'idea e dovevo realizzarla io, senza alcun limite. In Fable III c'è una percentuale molto minore del sottoscritto. Non ho programmato neanche una riga di codice e ovviamente mi sono dovuto affidare a diversi designer, per non venire meno ai miei tanti doveri nei confronti di Microsoft: penso di essere stato presente agli studi, per lavorare sul gioco, una media di due o tre giorni al mese. E mi chiedo quanto sia giusto. Era meglio ai tempi di Populous o è meglio adesso?

giopep: Beh, questa era la mia seconda domanda!

Peter Molyneux: È quello che succede invecchiando. Le persone che lavorano a Lionhead vogliono crescere loro stesse. Io rappresento un'enorme barriera per la crescita dei game designer che vi lavorano: se devo avere io tutte le idee, se devo decidere ogni cosa, se devo decidere quali musiche usare... gli altri non hanno la possibilità di crescere. Il trucco è lasciarli lavorare assicurandoti che siano consapevoli delle responsabilità. Detto questo, voglio essere sincero, penso di essermi allontanato un po' troppo da ciò che sono veramente bravo a fare. E la verità è che faccio abbastanza schifo in tutto il resto! Io voglio creare giochi... faccio finta di essere bravo a occuparmi del resto, ma non ci credo davvero.

DeSangre: Hai detto che avete avuto a disposizione solo diciotto mesi per realizzare Fable III. Posso sbagliarmi, ma dal modo in cui l'hai detto, sembra che tu non sia molto soddisfatto del risultato.

Peter Molyneux: È frustrante: i miei giochi non mi piacciono mai! Se ripenso ai miei giochi mi sento in imbarazzo, soprattutto quando sono faccia a faccia con qualcuno che li ha giocati. Ne noto sempre tutti i problemi. Ho una tradizione, cerco sempre di giocare i miei giochi mettendomi nei panni di un consumatore. Stranamente non ho ancora avuto modo di farlo con Fable III, conto di riuscirci la prossima settimana. A quel punto potrò rispondere a questa domanda. In ogni caso è un miracolo che un gioco grande e ambizioso come Fable III possa essere creato in un intervallo di tempo così breve.

giopep: Leggi le recensioni dei tuoi giochi? Oppure non dai più importanza a quel che dice la stampa specializzata?

Peter Molyneux: Certo che le leggo, ho grandissimo rispetto per i giornalisti! Posso essere onesto con te, perché tanto ormai le recensioni sono uscite e non ho bisogno di trattarti bene. Ma penso davvero che quello del recensore sia un lavoro molto, molto difficile. Un videogioco è forse la cosa più difficile che si possa recensire. Insomma, puoi guardare un film in due ore, puoi leggere un libro in mezza giornata, ma giocare un videogioco per una recensione è un'impresa! Nel caso di Fable III ci sono state alcune recensioni molto negative, forse troppo negative, penso per esempio a quella di Destructoid. Ma presentavano argomentazioni molto valide e sarebbe stupido, da parte mia, in quanto designer, ignorare quelle argomentazioni e far finta di niente. Una cosa affascinante di Fable III è che c'è stata grande difformità d'opinione. Ci sono stati dei dieci come dei cinque, ed è bizzarro. E poi, un'altra cosa che ho notato è che molti dei recensori non hanno semplicemente recensito il gioco, ma l'hanno affrontato con l'ottica del fan. È molto diverso, hai un punto di vista diverso. Alcuni di loro erano talmente fan che hanno finito per assegnare un voto più alto del dovuto. Molti altri hanno dato un voto più basso perché, in quanto fan, avevano aspettative altissime. Comunque, molte persone del settore quando ricevono bei voti lodano i recensori e in caso di brutti voti liquidano le recensioni come spazzatura, accusano i recensori di non aver veramente giocato il loro gioco. Io, onestamente, e sto cercando di essere davvero onesto, penso che fare il recensore sia davvero difficile. Scrivere l'articolo, assegnare poi un voto, paragonare il gioco ad altri giochi... è davvero un compito difficile.

DeSangre: Ascoltando i tuoi interventi, le tue presentazioni, ho avuto l'impressione che, fra tutti i progetti su cui hai lavorato negli ultimi anni, Milo sia quello a cui tieni di più. Ed è paradossale, perché si tratta proprio dell'unico che ancora non è chiaro se sarà mai pubblicato.

Peter Molyneux: C'è molto che è facile apprezzare in un progetto come Milo. Perché è qualcosa di completamente nuovo, completamente diverso. Non è mai esistito prima nulla del genere. E all'interno di Milo c'è del lavoro, della ricerca che è andata avanti per oltre un decennio e che è completamente inedita. È facile appassionarsi a qualcosa del genere. Milo e Fable III erano due progetti paralleli, Fable ha avuto la precedenza, ma insomma, è facile farsene coinvolgere. E anche quando ne parlo alla stampa, lo faccio sempre in termini di quello che ci aspetta, delle terre inesplorate a nostra disposizione. E, ancora, è facile risultare appassionati per qualcosa del genere. Sarà mai pubblicato? Beh, ti posso garantire che la tecnologia su cui si poggia sarà pubblicata, senza dubbio. Non mi è però permesso dire, al momento, se si tratterà proprio di quel ragazzino, di quell'ambientazione. Ed è comprensibile, perché è successa una cosa che ha molto spaventato Microsoft: la stragrande maggioranza della copertura che Kinect stava avendo sui mezzi di comunicazione era dedicata a me. Chi se l'aspettava? Sono salito sul palco per tre minuti. Io e Milo, sul palco, per tre minuti, e l'attenzione di tutto il mondo si è concentrata esclusivamente su di noi. E poi negli Stati Uniti è successa questa cosa terribile, tremenda, che ha definitivamente "ucciso" Milo: il mio nome è finito nella classifica delle cento persone più influenti secondo la rivista Time. Questo ha posto fine alla possibilità che io parlassi ancora di Milo. Non c'era verso che in Microsoft accettassero di ritrovarsi il sottoscritto come unico responsabile presso il grande pubblico per l'intero progetto Kinect, oltretutto solo sulla base di quei tre minuti trascorsi sul palco. Quindi cominciarono a farmi capire che era il caso di parlare un po' meno di Milo, e poi, alla fine, mi è arrivata una telefonata dal più alto dirigente che tu possa anche solo pensare di immaginarti in Microsoft: "Se ti azzardi anche solo a citare Milo un'altra volta... "