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Deadfall Adventures e il mistero della sua utilità

Anche io, fin da bimbetto, mi dedico agli scavi archeologici per diletto: certo, le mie peripezie impallidiscono di fronte alle rocambolesche vicissitudini del signor Drake, non indosso un cappello, non so schioccare la frusta e non ho un nome canino, sebbene qualcuno sostenga che lo sia (bau!). Eppure, esplorando le cavità del setto, ho rinvenuto nel corso degli anni tante verdi pepite, mollicci reperti che ho catalogato scientificamente in base a forma, dimensione e consistenza. Quatermain, protagonista di Deadfall Adventures, mi accusa di frivolezza e ritiene che la riscoperta del passato sia “una cosa seria”, aggiungendo che non la dovrei “prendere sottogamba”. L'ultima volta che ha proferito tali parole si è bloccato, come paralizzato, in una smorfia inquietante. E io, sprovvisto in quell'istante di macchina fotografica, non ho potuto immortalare il momento. Anni '30 del secolo scorso: mentre la popolazione mondiale stringe ulteriormente la cinghia, a causa delle ristrettezze di una crisi economica senza pari, un'ombra totalitaria si staglia minacciosa dal cuore del Vecchio Continente. Pazzi visionari, alla ricerca dell'immortalità, esplorano per conto del regime piramidi egizie, templi maya e tombe assortite, nella speranza di rinvenire preziosi e prodigiosi manufatti. Quatermain, eroe inconsapevole, è l'ago della bilancia, l'unico che può far svanire i folli sogni del maligno. E, credetemi, non si tratta di un compito tanto agevole, quando nella bisaccia del prode non v'è altro che una torcia elettrica e un paio di rivoltelle.

Tutto inizia qui, nel lontano Egitto.

Deadfall Adventures cerca, purtroppo senza la necessaria competenza, di soddisfare polso e cervello in egual misura, proponendo un gioco dalla doppia anima, una sorta di sparatutto in soggettiva per amanti dell'enigmistica. Sommerso dalla polvere di sepolcri abbandonati, l'archeologo cerca di piazzare una pallottola in fronte agli sgherri del male, superando nel frattempo trappole e trabocchetti di ogni sorta: lance acuminate, pozzi di fuoco, presse e pavimenti pericolanti sono gli imprevisti del mestiere, ma per sua fortuna Quatermain può contare sui dettagliati appunti del padre, raccolti in un voluminoso taccuino. Annotazioni indispensabili, nel caso l'intuizione venga meno, per avere ragione di rompicapo e complicati marchingegni, costruiti allo scopo di rendere i tesori inaccessibili. L'idea concettuale alla base del gioco, per quanto non originale, si rivela inizialmente conturbante e permette di chiudere un occhio sulle tante lacune: purtroppo, al termine della prima sezione, le fondamenta cedono inesorabilmente e la struttura finisce per collassare.

Il principio, fra le dune d'Egitto, diverte, forse anche grazie al fascino magnetico di questi luoghi ricchi di storia e mistero. Nelle camere mortuarie dei faraoni, Quatermain, turbolento per natura, affronta a viso aperto anche le mummie, ridestatesi con il piede sbagliato dopo un sonno millenario. Gli ammassi di bende, tutt'altro che immortali, temono la luce e, di conseguenza, svaniscono al cospetto della torcia elettrica, presente nell'inventario per qualsiasi evenienza. Alan Wake docet, per farla breve. Questa meccanica di gioco, piuttosto effimera, svanisce progressivamente una volta abbandonate le piramidi, fino a diventare un vago ricordo. E ciò che rimane delude e stupisce, in negativo, a causa della sua pochezza.

Soldati, armati di tutto punto, sparano colpi a salve incuranti di Quatermain, quasi la sua presenza non fosse degna di attenzione, e dimostrano un quoziente intellettivo molto ridotto, prossimo quasi all'unità. A causa della loro inesistente resistenza, Deadfall Adventures si tramuta in un nostalgico tiro al bersaglio e immediatamente perde mordente, fino a diventare noioso e prolisso. Un codice tutt'altro che rifinito tramuta queste zucche vuote, perché altro non sono, in sagome dai comportamenti bizzarri e inusuali. E se quanto racconto non vi basta, osservate la seguente fotografia, proveniente dal mio archivio.

No, non sono due mimi e questo non è un numero comico.

Assunta la posa a croce di sant'Andrea, il dinamico duo, forse infastidito da tanto candore, inizia a sforacchiare di proiettili il manto nevoso, in barba a qualsiasi logica. Posseduta da chissà quale forza oscura, in seguito la coppia ruota vorticosamente sul posto, come una trivella impazzita, regalandomi momenti di indimenticabile ilarità. La controparte enigmistica, per quanto stimolante, non può da sola arginare tanti bug ricorrenti e surreali, errori di calcolo che, per fortuna, affliggono in misura minore il motore grafico. La buona modellazione poligonale degli ambienti, lodevole nel voler replicare i dettagli di templi e tombe, si accompagna a forzate animazioni, con stranezze sporadiche a fare da contorno. Le maldestre compenetrazioni poligonali fra i militari e gli oggetti presenti sul campo di battaglia, casse e quant'altro venga utilizzato come riparo, producono nella peggiore delle ipotesi inquietanti approssimazioni, esseri mostruosi, adagiati supinamente in pose bizzarre. Allego, anche in quest'occasione, la relativa documentazione.

Silent Hill, vatti a nascondere!

Deadfall Adventures è uno sparatutto in soggettiva povero, insoddisfacente e zoppicante sotto il profilo ludico. The Farm 51 non riesce a trovare la quadratura del cerchio, sciupando così i pochi spunti positivi, innegabilmente presenti in questo quadro a tinte fosche. Chissà, forse il gioco è afflitto dalla maledizione di qualche faraone, infastidito dalla replica digitale del suo sepolcro: quando la fattura ha un rancore millenario, qualche scongiuro non basta a placare la nera magia, ci vogliono le maniere forti. Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio!

Ho giocato a Deadfall Adventures grazie a un codice fornito dallo sviluppatore, scaricando il tutto da Steam. Il test è stato effettuato su un PC dotato di processore AMD FX-8320, 8 GB di Ram e una scheda video AMD Radeon HD 7750.

Voto: 4