Demodays 2012 e il futuro anteriore della demoscene
La demoscene è stata una fase fondamentale dell'evoluzione dell'intrattenimento digitale. Fu la palestra e l'incubatrice di realtà che hanno rivoluzionato il mondo dei videogiochi, come per esempio i ragazzi di Remedy (Future Crew). Ai tempi del C64 e dell'Amiga era una meravigliosa ricerca del codice perfetto, il tripudio dell'umano orgoglio che lotta contro gli angusti limiti dell'hardware. Il 99% dei discorsi sulla demoscene sono tutti su queste note, celebrative, sentimentali, nostalgiche... ecco, basta. Lungi da me sminuire i grandiosi albori della scena, ma ricordarla solo per l'era dei floppy disk è limitante. È come dire che la letteratura italiana è fighissima, ricordando i bei tempi in cui c'era Dante, ma dimenticandosi tutto il Novecento. La demoscene è ancora viva, pulsante, innovativa, e nonostante il popolo dei nerd abbia iniziato a riservarle il passato remoto, ha anche un fulgido presente, indicativo del fatto che ha pure un luminoso futuro anteriore. Qualche settimana fa ho partecipato ai Demodays 2012, nuova incarnazione dello storico Buenzli, un evento svizzero con più di venti editioni alle spalle. Ma prima di lanciarmi nel resoconto di cosa succede nella demoscene dei giorni nostri, vi propongo un rapido ripasso, per quelli che si sono distratti. Voi, là in fondo, smettetela di chiacchierare e beccatevi questa supposta di cultura digitale. Ahem. Cominciamo. http://youtu.be/wgle3x_XI3M
Saliamo sulla macchina del tempo di Outcast (un nuovissimo modello di Cronobinetto™), e rimandiamo le lancette sui primissimi anni '80, quando le leggi del diritto d'autore digitale non esistevano e il mullet di MacGuyver invece sì. Non c'era internet, non c'erano i torrent, ma la voglia di giocare dei giovini era la stessa dei giorni nostri. E quindi, un po' come si copiavano le musicassette del Festivalbar, si copiavano montagne di floppy, scambiandoseli con gli amici in cerca di nuove emozioni. Era una pirateria ruspante, schietta e sincera, praticata spesso senza nemmeno la consapevolezza di “rubare” i frutti del lavoro altrui. I programmatori, dunque, cercavano di limitare i danni implementando vari tipi di protezioni da copia... e proprio come oggi, nel giro di pochi giorni i loro lucchetti venivano brutalmente violati, con le cosiddette “Crack”. In questa rete di smanettoni e videogiocatori, che si estendeva per tutta l'Europa con una folkloristica catena di floppy e affini, si sviluppò rapidamente una gara a chi aveva il pene elettronico più lungo, ossia chi crackava per primo le ultime uscite. Nel giro di poco tempo i cracker iniziarono a firmare le loro release, inserendo qualche riga di codice per ricordare a tutti che dietro a quell'impresa di programmazione si nascondeva proprio il loro nickname. Nacquero così le cracktro, ossia le “crack intro”, e tutti si misero a gareggiare per chi renderizzava il campo stellare più bello o creava la scritta sinusoidale più gigarullona. Le cracktro diventarono paradossalmente più sofisticate dei giochi che crackavano, finendo per staccarsi dal concetto di pirateria. E così si passò alle intro, alle demo, prodotti audiovisivi non interattivi generati in tempo reale, a partire da un eseguibile. Non c'era più Lemmings copiato, la tecnica si stava evolvendo a una velocità spaventosa, spremendo le macchine dell'epoca e dando il la a un balzo in avanti anche nel mondo dei videogiochi.
http://youtu.be/c5kuYfTCGLg
Gli scimmiati di turno iniziarono a organizzare i demoparty, dei colossali ritrovi dove le demo venivano viste, discusse e votate, per stabilire chi erano i coder più abili e creativi della scena. Era la nascita di una nuova forma d'arte, frutto del tempo libero e della fantasia della prima generazione dell'home computing, che iniziava a definire i suoi stilemi. Nei demo group, oltre ai semplici programmatori, si affacciavano grafici e designer, ma anche musicisti, che a colpi di tracker plasmavano il suono della chiptune. La demoscene era seguita e celebrata da tutte le riviste di videogiochi (anche perché spesso dava vita a grandi talenti), e sì e no tutti gli appassionati l'avevano incontrata almeno una volta. Poi arrivò Doom. Il capolavoro di id sconvolse il mondo dei videogiochi, innescando una vera e propria corsa agli armamenti. Ogni anno uscivano schede grafiche che rendevano obsoleta la generazione precedente, facendoci passare da Wolfenstein 3D a Quake in un batter d'occhio. All'improvviso l'abilità di spremere un Amiga o un Commodore 64 fece meno notizia, almeno per il grande pubblico, e la demoscene iniziò a passare in secondo piano. Ma, al contrario di quel che troppo spesso si pensa, i programmatori hanno continuato a lavorare, a sfidarsi, a competere. Il fenomeno, pur essendosi ridotto di dimensioni, ha continuato ad evolversi, rideclinando il suo spirito delle origini secondo le rivoluzioni dell'hardware. La lotta contro le limitazioni ha trovato una nuova espressione nelle demo da 64k e da 4k, che girano su computer moderni ma sono confinate in uno spazio su disco inferiore a quello occupato da questo articolo. Ci sono demo libere, senza regole o restrizioni, spesso superiori ai videoclip “professionali”, ma anche follie che girano su console vecchie o attuali. Demo per PS3? Check. Demo per Wii? Check. Demo per Game Boy Color? Check. Demo per calcolatrici scientifiche? Ebbene sì, check.
http://youtu.be/ZfuierUvx1A
E arriviamo così ai giorni nostri, al Demodays 2012, evento tenutosi a fine agosto o Olten, in Svizzera, al quale ho partecipato come musicante a 8 bit. Ad accogliermi, sotto una pioggia torrenziale, trovo un grande capannone, allestito come se ci fosse un LAN party. Ci sono un bar, un proiettore con schermo gigante e un impianto audio degno di tal nome, mentre gli avventori sono tutti disposti in fila, come se fossero a scuola. Tutti hanno portato il loro computer, e la stanza risuona del clic cloc delle tastiere, abbinato a un perenne tappeto di musica elettronica. È un po' alienante, all'inizio, e spiazzante, per chi non sa cosa aspettarsi. Molti dei presenti, infatti, stanno già programmando come furie per partecipare alle varie competizioni indette dagli organizzatori. Si parte dalle demo vintage, su macchine d'epoca, fino ad arrivare alle prodezze in 4k, passando per alcune deliziose stranezze, come le demo OHP (con un proiettore di diapositive) e i laser show.
L'evento dura tre giorni, durante i quali, in attesa di vedere e votare le nuove demo, vengono proiettate selezioni dagli anni passati, scelte dai veterani della scena. Oltre a questo, nel solito clima di amicizia e condivisione hacker, si parla anche degli altri party, che vengono celebrati con proiezioni delle demo vincenti. Nel frattempo, tra un poligono e l'altro, la vita sociale si raduna intorno al barbecue, in attesa degli eventi musicali previsti per la serata (in questo caso, Kenobit+Arottenbit e Ultrasyd). Verso le tre del mattino, quando le palpebre iniziano a calare, scatta la corsa alla branda: alcuni prenotano un albergo, ma la maggior parte della gente, come da tradizione, dorme senza spese extra sul posto. C'è chi si accaparra un divano, chi si è portato una brandina, chi si accontenta di un sacco a pelo... è come essere in campeggio, immersi in un'atmosfera pixellosa insieme a una fauna di programmatori, musicisti e appassionati. È un'esperienza particolare, un po' per i suoi ritmi stancanti, un po' per il sovraccarico di suoni e immagini, ma il clima è così rilassato e amichevole che è difficile non farsi trascinare dallo spirito del party.
http://youtu.be/Wl7CANyDZCc
Personalmente credo che gli appassionati di cultura digitale debbano provare almeno una volta l'esperienza di un demo party. Da un lato è un'occasione per riempirsi gli occhi e conoscere gente che merita, dall'altro è un modo per farsi coinvolgere, per emozionarsi, per imparare. Se è vero che la demoscene è ancora viva, è altrettanto vero che sta invecchiando: la stragrande maggioranza dei partecipanti milita dai tempi del Commodore, e un vero ricambio generazionale non è mai avvenuto. La speranza, però, è l'ultima a morire, perché le nuove leve ci sono, e sono accolte a braccia aperte dai veterani, dispostissimi a condividere il loro sapere. Parlando con Unlock, l'organizzatore dei Demodays, gli ho chiesto quale fosse il suo più grande desiderio per il futuro della demoscene: “Vorrei che i paesi che si sono addormentati, come l'Italia, tornassero a produrre demo, a partecipare ai party, e soprattutto a generare nuovi talenti.” Al che, giro a voi il suo appello: fatevi coinvolgere, scimmiatevi, partecipate. La Svizzera è vicina, no? Chi viene con me l'anno prossimo?
Ah, dimenticavo: ecco una playlist con tutte le release di questa edizione e il sito ufficiale dell'evento.