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Déraciné, storia di un (gioco) fantasma

Ricordo ancora il giorno in cui nella cassetta delle lettere è arrivato Demon’s Souls, acquistato solo perché in offerta su un sito inglese. L’ho provato subito e, dopo circa quarantacinque minuti di gioco, avevo già pubblicato un’inserzione di vendita su ebay. Tecnicamente arretrato, incomprensibile a livello di design, impenetrabile in termini di universo di finzione. Al momento di confezionare il pacco per la spedizione, decisi di dargli un’ultima possibilità, giusto per avere la certezza di non provare alcun rimorso. Non so cosa sia successo in quel momento ma restituii i soldi al vincitore dell’asta, adducendo come scusa che purtroppo il disco era rigato, e per tre settimane non feci altro che spolparmi per bene il primo capolavoro di Hidetaka Miyazaki & Co. E me ne innamorai: ebbene sì, rimane ancora il mio preferito della serie Souls.

Perché questo preambolo? Perché aspettando con trepidazione che il codice di Déraciné finisse di scaricarsi sulla console, fantasticavo sulle infinite possibilità ludiche che il primo esercizio di From Software in realtà virtuale avrebbe potuto regalare. Nonostante quel poco che (volutamente) conoscevo del gioco, sapevo di non potermi forse aspettare chissà che dal punto di vista tecnico ma sognavo qualcosa di mai visto prima in termini di gameplay e soprattutto di interactive storytelling.

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Déraciné, letteralmente “sradicato” in italiano, è un racconto gotico, ambientato negli spazi (per lo più interni) di un austero collegio abitato da sei adolescenti e dall’anziano direttore. L’attrattiva principale dell’esperienza consiste nel dipanarsi dell’arco narrativo, quindi, per preservare i parsimoniosi (e un po’ telefonati) colpi di scena che la trama propone, mi limito esclusivamente a far sapere che il giocatore interpreta una creatura fatata, capace di muoversi avanti e indietro negli interstizi temporali per offrire segni tangibili della propria presenza agli ospiti del collegio.

Gli umani, infatti vivono in un’altra dimensione temporale e l’unico modo per interagire con i loro pensieri e desideri è tramite le ombre impresse nella dimensione parallela, che rappresenta il nostro piano dell’esistenza. Questa premessa, in termini di fiction, si traduce in pratica in uno spazio di gioco immobile, in cui il giocatore si sposta teletrasportandosi da uno spot all’altro, esaminando gli oggetti e agendo sulla loro linea temporale. Avete presente Myst? Ecco, immaginatevelo con la possibilità di guardarsi intorno dentro al casco di PSVR. Nella migliore delle ipotesi, mi piace pensare che gli sviluppatori volessero in questo modo enfatizzare l’idea di stasi temporale della dimensione spettrale. Altre ipotesi, potenzialmente più accreditabili, portano invece a pensare che si tratti di un lavoro se non sbrigativo, quanto meno risicato in termini di risorse allocate per lo sviluppo.

Ma andiamo avanti. A scatti.

Del nostro avatar compaiono solo le mani spettrali, che servono per prelevare oggetti e mostrarli agli umani, oppure sostituirli con altri. Curiosamente, per compiere le semplici azioni richieste dalle meccaniche di gioco (spostarsi verso un hotspot, abbassarsi – spesso confusa con la prima - raccogliere e depositare gli oggetti) occorrono due controller Move e non è previsto alcun sistema alternativo tramite Dualshock. Di fatto, l’esperienza ludica è molto rarefatta e può essere fatta rientrare nel reame dei walking simulator, sebbene, come già ribadito, in questo caso ci sia ben poco walking ma tanto, troppo, teleporting.

Parliamoci chiaro: le ambientazioni risultano spesso scarne e i modelli dei personaggi poco espressivi. Ma non è questo che rende difficile entrare in empatia con il gioco. L’atmosfera c’è e ricorda quella del sottovalutato Rule of Roses. Piuttosto, l’immedesimazione è limitata dall’assenza di movimento più importante, ovvero quella della trama, affossata da dialoghi noiosi e istruzioni spesso fin troppo didascaliche. Caspita, questi sono gli stessi autori della mitologia dei Souls!

Gli enigmi, di fatto, sono tali solo se non si presta attenzione e l’esplorazione è decisamente lineare, per quanto non sia lineare la traiettoria temporale attraversata dal racconto. Per ciò che concerne la tensione, è vero che il gioco non è dichiaratamente un horror, ma il dettaglio che, a mio parere, rende inquietante la storia è che, non essendo liberi di spostarsi a piacimento, spesso ci si ritrova teletrasportati troppo vicini alle ombre degli umani, creando così una sorta di perturbante prossimità.

Il vero problema, comunque, è che, nonostante la buona volontà, di Déraciné non sono proprio riuscito a innamorarmi. C’ho provato in tutti i modi. Ho atteso con pazienza che le rivelazioni dell’intreccio prendessero il sopravvento sul sistema di controllo non sempre intuitivo e sulla navigazione ripetitiva degli ambienti di gioco. Ma questo, alla fine, non è accaduto.

Lo stesso Miyazaki, nella mail che accompagnava il codice review, precisa che Déraciné è un esperimento, che si discosta dalle produzioni più recenti di From Software (che in passato, ricordiamolo, aveva prodotto però cose tipo Echo Night - tre episodi - di cui Déraciné è, di fatto, il successore spirituale. E perdonate il gioco di parole… ). Quindi prendiamolo per quello che è, anche se la mezza dozzina di ore necessarie per portare a termine la vicenda principale (anche perché poi non è che il gioco inviti a rivivere con rinnovata letizia l’esperienza) potrebbe far pensare a una produzione in piena regola. Ma anche come esperimento, Déraciné è ben poco sperimentale, dato che riprende soluzioni già implementate da altri in questo ambito senza riuscire a dar vita a un mix innovativo. Tuttavia, quello che lascia un po’ di delusione, alla fin fine, è il vero punto distintivo del gioco: la vicenda e il modo in cui viene narrata.

La domanda, a questo punto, è: merita il vostro tempo? Sicuramente esiste di meglio su PSVR e altrettanto sicuramente esiste di peggio. L’impronta dei creatori di Dark Souls e Bloodborne, in parte, c’è (probabilmente non la parte che preferiamo) e se siete fan sfegatati e non sapete come passare il tempo in attesa di Sekiro, potreste concedergli una chance anche solo per mero completismo. Per tutti gli altri possessori di PSVR, lì fuori, a scaffale, ci sono anche Astrobot: Rescue Mission e Tetris Effect e, dovendo scegliere uno dei tre, non punterei su Déraciné.

Ho scaricato Déraciné grazie a un codice per il download ricevuto da Sony Italia. L’avventura mi ha richiesto una mezza dozzina di ore per essere portata a termine. Déraciné è disponibile solo tramite download su PlayStation 4 e richiede PSVR.