Detective Pikachu, scelgo te!
Devo ammettere che questo Pokémon: Detective Pikachu mi ha veramente sorpreso. Per la qualità, certo, ma di questo ne parliamo dopo. Più banalmente, mi ha sorpreso perché non avevo minimamente filato la produzione finché non sono entrato in sala. Zero trailer, zero notizie. Zero, zero, zero.
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Non per spocchia o altro, è solo che i Pokémon non si sono mai infilati nel raggio d’azione del mio radar, tutto qua. Quando c’è stato il botto dei videogiochi, ormai avevo già scollinato; ho giusto fatto in tempo a spiare la serie animata e recuperare il primo film uscito in sala, quello con Mewtwo. Ne so abbastanza da avere un idea del contesto, OK, ma sicuramente non sono il primo della classe se si entra nel dettaglio: del resto, quando qua su Outcast era sbocciata la cover story a tema (per altro suggerita da me, se non ricordo male) avevo barato con un pezzo dedicato alla mia gatta.
I social, tra l’altro, questa cosa che non sono in target eccetera eccetera devono averla intuita, perché dalla mia bolla, durante gli ultimi mesi, è filtrato poco o niente, giusto un Pikachu col berretto alla Sherlock Holmes e generici ambienti al neon e in penombra. Una roba un po’ cringe, vista da lontano, ma tant’è. Resta che ieri avevo voglia di andare al cinema e l’alternativa era tra Pokémon: Detective Pikachu e quell’altro film con le bestie, Pet Sematary. Ma siccome King ha dato personalmente l’OK al secondo, non ho avuto scampo.
Ora, la prima cosa che colpisce lo spettatore di Detective Pikachu è il trattamento riservato ai Pokémon, che sono rappresentati in maniera perfetta, impeccabile, di più. Oltre ad essere deliziose, le bestioline si sciolgono perfettamente nell’ambiente live action che le circonda, grazie a una fotografia luminosa che smussa gli angoli e fa brillare i colori, sia nelle sequenze metropolitane e vagamente noir, che in quelle scapicollate all’aria aperta. Il risultato riesce ad essere contemporaneamente fresco e rispettoso del materiale di riferimento. Tutti i Pokémon sono coerenti e riconoscibili, e i fitti riferimenti alla rappresentazione classica dueddì - poster, disegni e giocattoli - fanno da trait d’union verso la computer grafica.
Ogni dettaglio a schermo lascia intuire la cura che il regista Rob Letterman (Shark Tale, Mostri contro alieni) e tutto il reparto artistico hanno voluto dedicare alla prima incarnazione in live action dei celebri personaggi, prodotta in concerto da Legendary Pictures, The Pokémon Company, Warner Bros. e Toho, e credo che difficilmente i fan resteranno delusi.
Discretamente sorprendente anche lo sviluppo della storia: il film parte con un mistero da risolvere; un ragazzo alla ricerca del padre poliziotto, dato per morto, e un Pikachu senza ricordi. Dopo circa mezz’ora, però, l’indagine evocata dal titolo lascia il posto all’avventura selvaggia sbracata in stile Jurassic Park, ché tra le fila degli sceneggiatori mica per niente c’è Derek Connolly, già nei titoli di coda dei due Jurassic World e di Kong: Skull Island.
Ma non solo. Nell’ora e tre quarti che dura, Detective Pikachu passa da una liana all’altra divertendosi a rielaborare in chiave Pokémon alcuni archetipi pop come il suddetto Jurassic Park, ma anche Indiana Jones, il Batman di Burton ma, soprattutto, Chi ha incastrato Roger Rabbit. Il film di Zemeckis era un riferimento piuttosto scontato, viste le premesse, e anziché evitarlo, gli autori hanno deciso di strizzargli l’occhio a più riprese, fino a citarlo apertamente sul finale.
Tutto questo andirivieni non ha mai un sapore troppo furbo o compiaciuto e, soprattutto, Letterman e compagnia non scordano mai, nemmeno per un secondo, di mantenere al centro dell’operazione la mitologia e l’estetica del franchise di riferimento. Il risultato è un film a fuoco, semplice ma non banale; con un paio di buoni twist e pure il suo bravo messaggio ecologico. Gradevole da guardare e da ascoltare, e con un cast “in carne e ossa” azzeccato quanto basta, a cominciare dai giovani protagonisti Tim e Lucy, interpretati rispettivamente da Justice Smith (The Get Down) e Kathryn Newton (Tre manifesti a Ebbing, Missouri).
In definitiva, consigliato, sia che abbiate ragazzini da trascinare al cinema (ché quelli presenti nella mia sala parevano sollazzati), che no (così magari vi risparmiate il casino).
Avrei dovuto guardare Pokémon: Detective Pikachu in anteprima, ma purtroppo non mi è riuscito. L’ho recuperato per i fatti miei nella versione doppiata in italiano, cosa che mi ha totalmente impedito di entrare in contatto con la voce di Ryan Reynolds, ahimè.