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eXistenZ #24 – Il trip musicale di Europe in 8 Bits

eXistenZ è la nostra rubrica in cui si chiacchiera del rapporto fra videogiochi e cinema, infilandoci in mezzo anche po' qualsiasi altra cosa ci passi per la testa e sia anche solo vagamente attinente. Si chiama eXistenZ perché quell'altro film di Cronenberg ce lo siamo bruciato e perché a dirla tutta è questo quello che parla proprio di videogiochi.

Siccome qua su Outcast siamo tutti appassionati delle robe molto geek e che interessano a quattro gatti e per di più ospitiamo un podcast dedicato alla musica fatta con una manciata di bit, abbiamo affrontato l'argomento Europe in 8 Bits con larghissimo anticipo, addirittura due anni fa, attraverso un'intervista condotta dal nostro Fabio "Kenobit" Bortolotti, che per altro c'aveva pure il conflitto d'interesse perché nel film lo si può vedere agitarsi come un tarantolato, urlare come un ubriacone fuori dalla locanda e perfino rispondere a qualche domanda. Ovviamente, poi, il film è uscito ed è stato pure proiettato al circolo Arci Métissage, ma siccome siamo anche gente a cui piace prendersela comoda, abbiamo aspettato a lungo per parlarne.

Anzi, basta con il plurale: ho aspettato a lungo, fondamentalmente perché sono un malato di testa tutto precisino e ordinatino e quindi ho deciso che dovevo scriverne all'interno della mia rubrica mensile, che però il mese scorso è stata occupata da Need for Speed perché, insomma, che fai, esce al cinema un film ispirato da un videogioco e non ne scrivi nella rubrica su Outcast che parla di cinema e videogiochi? E quindi, me la sono presa comoda e solo oggi vi parlo di Europe in 8 Bits, spiegandovi i motivi per cui vale la pena di sborsare i due dollari e novantacinque centesimi necessari alla visione.

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Europe in 8 Bits - Trailer from Javier Polo on Vimeo.

Europe in 8 Bits è un documentario dedicato alla scena della chip music che assembla interviste a personaggi dal variabile grado di bizzarria, lungo una scala che va dal signore distinto con accento brit allo schizzato spagnolo che si aggira stralunato nelle discariche della monnezza per raccogliere componentistica con cui assemblare la sua chitarra privata ("Perché quelle normali hanno troppe corde.") e una specie di batteria automatizzata che collega a un Amstrad. Nella scala, per la cronaca, mi sentirei di piazzare Gino Kenobittino nella prima metà. Ma non troppo. Diciamo che sta verso metà, ma tende nella direzione del signore distinto. E quello di Europe in 8 Bits è un fantastico campionario di adorabile umanità, che mostra personaggi di tutti i tipi, va contro il suo stesso titolo sconfinando nelle diverse americhe e dipinge un bel ritratto di gente che si è appassionata a qualcosa di fresco, nuovo e mai visto prima, facendolo nascere dalle carcasse di ciò che veniva considerato vecchio e privo di utilità.

Ha anche uno di quei bei manifesti tutti raffinati coi simboli dei festival.

Nel mezzo, ci sono anche gli interventi di uno psicologo e un sociologo spagnoli che, boh, sembrano talmente fuori posto da far pensare che siano parenti dei due registi. Ma insomma, magari interpreto male. E abbiate pazienza se sto scrivendo in maniera un po' sconclusionata ma questo film mi ha fatto flippare, fa un caldo boia e oltretutto l'articolo lo pubblichiamo il primo maggio, che è giorno di festa e non ci leggerà nessuno. Comunque, il bello di Europe in 8 Bits è che racconta le sue meraviglie mettendole una in filo all'altra con gran gusto, assemblando un documentario molto curato sul piano estetico e, ovviamente, accompagnato da una colonna sonora di prima classe. I registi scivolano fra i volti dei loro intervistati, mescolano al girato servizi televisivi d'annata, video famosi ed esibizioni live dalla carica musicale trascinante, dando vita a un documentario che riesce a raccontare i vari aspetti della scena in maniera magari non esageratamente approfondita, ma affascinante e stimolante. C'è la contestualizzazione storica, sociale e politica, coi cenni al passato e alla demo scene, certo, ma anche con la forte puntualizzazione su quanto si tratti di un fenomeno moderno, non necessariamente legato alla nostalgia e all'amore peri videogiochi. C'è una veloce passata sull'aspetto tecnologico, sul metallo e sulla plastica che vengono utilizzati per dar vita a quei suoni così penetranti, cambiando volto e corpo di oggetti del passato come un Game Boy o un Sapientino. E c'è ovviamente la musica, che è trascinante, avvolgente e mi ha fatto agitare a destra e a sinistra il piedino comodamente poggiato sul cuscino dall'inizio alla fine.

Insomma, Europe in 8 Bits merita eccome una visione, anche se magari lascia addosso la sensazione che si sarebbero potuti affrontare in maniera più approfondita alcuni aspetti dell'argomento e anche se, forse, pur durando poco più di un'ora, forse gli avrebbe fatto bene un'ulteriore grattuggiata su qualche minuto in eccesso. Ma son quisquilie e, per quel che costa, dai, su.

Full Disclosure: l'ho visto senza sborsare un soldo, grazie a un codice gentilmente fornitoci dai realizzatori del film. Cionondimento, penso si meriti i suoi tre dollari scarsi.