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Final Fantasy IV, trent'anni fa, ha iniziato a raccontare davvero | Racconto dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Il 19 luglio del 1991 faceva il suo debutto sugli schermi giapponesi (ai quali era attaccato un Super Famicom) Final Fantasy IV, che nell’ottobre di quell’anno arrivò anche negli Stati Uniti col nome di Final Fantasy II (gli americani saltarono il secondo e il terzo capitolo “veri”) e mai in Europa. Certo, era importabilissimo, uno dei più semplici da reperire per i venditori, ma ufficialmente noialtri dovemmo attendere il 2002, con l’uscita di Final Fantasy Anthology che conteneva il quarto e il quinto capitolo della serie.

Che poi è come lo giocai io la prima volta. Che non sono trent’anni anni fa ma venti praticamente sì, giusto per ricordare che il tempo è davvero implacabile. Ecco, parlando di implacabilità, Final Fantasy IV è ancora oggi un signor JRPG, fra l’altro il primo della serie di Square-Enix (allora ancora Squaresoft) a proporre un cast di personaggi stratificato e complesso, ovviamente al netto dei limiti dell’epoca. I precedenti capitoli ofrrivano o personaggi molto generici (i Guerrieri della Luce del primo, i ragazzi sperduti legati poi ai vari Job nel terzo) o fortemente limitati dalla narrazione (Final Fantasy II e il suo gruppo di personaggi, che perlomeno avevano dei nomi propri) che sul NES non consentiva di creare complesse scene in-game e nemmeno di poter creare troppi dialoghi. Con il quarto capitolo Square-Enix ha potuto alzare l’asticella della qualità di scrittura, con trama e personaggi ancora oggi amatissimi, al pari (e al si sopra) di molti titoli più moderni del franchise.

Cecil, protagonista cavaliere e la sua evoluzione in paladino (che azzera i progressi del giocatore facendolo ripartire dal livello 1, seppur più forte del primo livello originale) che sorprende i giocatori dal punto di vista narrativo ma anche in ambito gameplay, con nuove abilità da apprendere e alle quali abituarsi, dopo ore passate a usare un personaggio diverso. Kain, amico e praticamente fratello di Cecil, il cui nome ricorda Caino non a caso, con Square che già si divertiva a pescare da miti e religioni per raccontare le sue storie.

Palom e Porom, due ragazzini, fratello e sorella, che arriveranno a compiere un sacrificio tra i più famosi della serie, non entro nei dettagli perché il mondo è pieno di giocatori che non hanno mai toccato questo Final Fantasy (mentre chi l’ha fatto sa di cosa parlo). Il viaggio di Cecil è fatto di tradimenti, amori, amicizie perdute e altre nuove pronte a cementarsi. E poi c’è Golbez, un nemico che sembra arrivato dal nulla e che pare avere dei conti in sospeso proprio col protagonista. E anche il segreto della sua identità è uno di quei colpi di scena che all’epoca non erano facili da trovare, in un videogioco. Molti elementi di Final Fantasy IV verranno depredati da altre software house e da Square stessa nelle iterazioni future, per un capitolo che ha fatto letteralmente scuola per quel che riguarda il raccontare una storia.

Dal punto di vista del gameplay, comunque, non è da meno. Primo e unico Final Fantasy il cui party in battaglia può contare fino a cinque membri e gioco di debutto per l’Active Time Battle (ATB). Basta combattimenti a turni classici, dove ognuno fa la sua azione e mentre pensi a cosa fare puoi aspettare tutto il tempo del mondo. Ora tutto è più dinamico, con una barra sotto il giocatore che si riempie - più o meno velocemente - in base alla velocità del personaggio e che, una volta colma, permette di compiere l’azione desiderata. Mentre si sceglie cosa fare, i nemici (anche loro con una barra che non viene mostrata a schermo) possono attaccare, costringendoci a pensare velocemente. Negli anni (non ricordo se nella versione originale, anche) è nata l’opzione di mettere tutti gli ATB in attesa durante la scelta del comando successivo, di fatto scardinando l’idea iniziale di gameplay più dinamico, e facilitando tutto. Un sistema semplice ma anch’esso avveniristico per l’epoca, che mostrava una Square-Enix che cercava di rendere più action i suoi titoli, cosa che negli anni è avvenuta, con buona pace dei più conservatori.

A dimostrazione di quanto impattò sul pubblico ci sono le numerose riedizioni, molte di più rispetto ad altri titoli (come il dimenticato Final Fantasy III, almeno fino alla sua versione poligonale su DS), e anche al sequel, Final Fantasy IV: The After Years uscito a puntate su specifici telefoni cellulari giapponesi nel 2008, e fortunatamente sbarcato in occidente sullo store Wii o in collezioni comprendenti anche il quarto capitolo originale (la sua versione PlayStation) su PlayStation Portable e PlayStation Vita, tra l’altro raccontando del figlio di Cecil, dopo la fine degli eventi di Final Fantasy IV con molti personaggi che ritornano a diciassette anni di distanza, periodo di tempo che corrisponde all’effettivo scarto tra l’uscita del quarto capitolo e The After Years nel mondo reale.

Se amate i JRPG e la serie di Final Fantasy ma non vi siete mai approcciati ai vecchi capitoli, il quarto potrebbe costituire una bella sorpresa, visto che ci ritroverete un sacco di cose che la serie (e, come detto, anche altri titoli appartenenti al genere) ha poi raccontato negli anni. Magari approfittate della versione Pixel Remaster su Steam, che ha quella politica di prezzo un po’ folle che ha sempre Square coi Final Fantasy ma ve lo offre al meglio dal punto di vista grafico. Ne esiste una versione poligonale, ma uccide letteralmente il design meraviglioso dell’epoca 16-bit, quindi fatemi il piacere di starne lontani e recuperatelo come potete in 2D.