Final Freeway 2R: l'Out Run ai tempi della crisi
"Uuuh io con te vorrei esser già sull’autostrada (freeway)
Uuuh io e te così e solo il vento io con te (ac-cel)
Uuuh la pioggia, il vento, il sole io e te, così io e te
Verdi prati e poi chissà un bel mare blu
yesterday, yesterday"
Mirko De' BeeHive, "Freeway"
Chi ha vissuto in maniera almeno semi-senziente gli anni Ottanta sa bene quanto pittoresco, eccentrico ed esagerato fosse, in termini di cultura pop di massa, quel decennio. Una delle sue peculiarità è stata la strana corrente denominata “escapismo”: quella voglia di scappare, di andare via senza una meta precisa, per fuggire da responsabilità, stress, quotidianità. Tipo: prendi la moto/macchina e via, a zonzo. Una roba un po’ da pirla, a guardarla da quest’epoca di crisi in cui la voglia di fuggire viene immediatamente smorzata dal costo della benzina. Ma negli anni Ottanta andava così: si escapava di brutto. Era normale andare da una ragazza, fuori dalla disco, e dirle: ehi, sfitinzia, vuoi escapare con me? Era normale anche che lei, in tutta risposta, ti colpisse e dopo tre giorni tu morissi. Erano gli anni Ottanta.
Out Run (1986) è un coin-op che ben rappresenta quell’epoca d’escapismo: un giovine ricco e spericolato, una bionda mozzafiato, una Ferrari Testarossa Cabrio, un dedalo di highway da percorrere con la garanzia di un cambio repentino di paesaggi, musica spensierata e tanti sballonzolamenti, complice il poderoso cabinato mandato in derapata da un sistema idraulico.
Peccato che le sale giochi non ci siano più, che ci sia la crisi, le tasse, il go-go-governo, i matusa che ora siamo noi, il cielo grigio su foglie gialle giù eccetera. Così al posto di un cabinato idraulico c'è il ben più piccolo schermo iOS, al posto di SEGA/AM2 uno sviluppatore che si chiama Oyatsukai (ma a me viene da chiamarlo, a seconda del momento, o Okonomiyaki o Urotsukidoji, Dio sa perché) e al posto di Yu Suzuki un italiano che vive in Giappone che si chiama Davide Pasca, che con questo Final Freeway 2R si propone in maniera chiarissima di mimare su iOS (e in seguito su Android?) i fasti di Out Run. Siamo in quella sottile linea tra “omaggio pieno d’amore al gioco che hai amato nell’infanzia” e “plagio spudorato”, ma il fatto che siano passati venticinque anni, e alcune sagaci aggiunte qua e là, ci fa vedere la questione più nei primi termini che non nei secondi. Amore-Plagio 1-0.
E il bello è che, in culo all'asperità del cimento, Oyatsukai porta pure a casa il risultato.
Final Freeway 2R, in effetti, è notevole. La programmazione è impeccabile: il gioco è fluidissimo, la calibrazione del sistema di controllo (tilt o touch, scegliete voi tra le molte configurazioni) è molto pulita, il senso di velocità e il coefficiente di dipanabilità della strada (bello, eh! L’ho inventato adesso) sono molto, molto vicini a quello dell’originale Out Run, con curve, dossi e cunette che si avvicendano con notevole impatto scenografico. È in certe aperture dell'orizzonte dopo una cunetta o dopo un tunnel che rivive tutta la dimensione escapista dell'originale, e pochi cloni, anche made in Sega, hanno saputo cogliere con sensibilità questo fattore. Insomma, c’è programmazione dura e pura, nel cuore rombante di questo piccolo Out Run, si sente, ma c’è anche amore per il level e game design d’antan. Ah, è c’è anche un pizzico di Turbo Out Run, con alcuni sporadici inseguimenti con un tizio su una pseudoFerrari bianca.
Cammina invece tutta sulle sue gambe la notevole colonna sonora, senza troppi retro-rimpianti, al limite con una verve daytoniana, più che outrunniana - più rock che latineggiante, insomma (ed è possibile anche giocare con i brani del proprio iPod: FF2R mi ha definitivamente conquistato quando mi ha permesso di tagliare il traguardo esattamente sul finale di “Baba o’Riley” degli Who, memorabile).
Le critiche? La prima è alla grafica: qualitativamente è moooolto più raffinata di quella del primo episodio, ma comunque smorza l’outrunnosità del tutto, con una scelta stilistica che la pone in quella strana retro-categoria “gioco Amiga inglese che cerca di catturare l’arte nipponica, ma alla fine si vede che non è veramente giappo”. Soprattutto la palette appare un po’ spenta, con diversi panorami che fanno più Raccordo Anulare o Tangenziale Carugate Est che non “la strada lungo cui vorrei scappare a 294 km/h”: lo spettro di Out Run Europa si aggira per l'iOS - e se non sapete di cosa stiamo parlando, tanto meglio. De gustibus, eh. L’esecuzione è valida: è l’intenzione artistica che non trova il mio pieno plauso.
Se poi la presentazione complessiva è soddisfacentemente pulita e ricca di cosucce carine (tre personaggi con resistenza e handling differenti, tre livelli di difficoltà, GameCenter con obiettivi e classifiche) è anche vero che si poteva incrementare un pochino la longevità riorganizzando il materiale già presente in altre modalità di gioco: time attack su singoli livelli, una maratona con tutte le tredici piste di fila... Che poi è curioso che la struttura a bivi tipo Triangolo di Tartaglia sia troncata proprio alla fine (erano quindici, le piste di Out Run). Vabbe’, se mia nonna aveva le rotelle a bracci idraulici era un cabinato di Out Run, però, quindi mi fermo qui. Voi non fermatevi qui, però – escapate dalla crisi con questo piccolo grande racer arcade che fa bene al retro-cuore.
Voto: 8