Outcast

View Original

Frostpunk, cuore di ghiaccio | Backlog

Backlog è la rubrica in cui chiacchieriamo fuori tempo massimo di giochi che abbiamo recuperato nella nostra lotta infinita contro il cumulo di arretrati. Sono quei giochi troppo recenti per poter essere ammessi nell'ospizio, ma già troppo vecchi perché possa ancora interessare a qualcuno una recensione classica.

Fa freddo, tanto freddo. Ho trovato dei bambini abbandonati alla loro sorte e questi mi chiedono di portarli con me, di salvarli da morte certa. Ci penso, soppeso pro e contro, poi decido che non ne vale la pena. Non posso salvarli tutti, mi dico, ma non sono pronto a quella singola immagine successiva nella quale mi supplicano di non girare le spalle. Quelle poche righe di testo mi perseguiteranno per tutto il resto del gioco, mi perseguitano ancora oggi.

Frostpunk è un gestionale: trova risorse, costruisci edifici, produci risorse. Tutto molto semplice, tutto molto chiaro, ma mai banale o scontato. Nonostante le cose da fare non siano mai tantissime, è nella gestione delle stesse, nella vostra capacità di adeguarvi alle condizioni avverse, che il gioco si esprime al meglio. Tutto ruota intorno al generatore centrale, certo, ma pure alle singole persone che abitano l’ultimo avamposto conosciuto dell’umanità. Devono essere felici, speranzosi, perlomeno in salute, o tutto crollerà velocemente sulle vostre spalle, non appena il freddo si farà insostenibile. E quando succederà, perché succederà, potete giurarci che non sarete pronti affatto e dovrete essere ancora più bravi a correre ai ripari, a salvare il salvabile, ad abbandonare bambini nella neve.

Frostpunk è, infatti, ancor più un’esperienza narrativa. Nonostante le basi ludiche siano solide, non è quel grosso generatore il vero fulcro del gioco. Quello che accade, le decisioni che dovrete prendere, le persone che vi lascerete alle spalle, quelle sì che sono importanti. L’intera avventura principale, tra legna e carbone da raccogliere il più velocemente possibile, è composta da storie, storie umane di gente disperata che vuole soltanto sopravvivere e che è costretta a rimettersi totalmente nelle vostre mani, nelle vostre decisioni. Si arrabbieranno, vi minacceranno, vi infastidiranno con richieste assurde e dovrete ascoltarli, perché anche loro vi servono, tutti sono utili ma anche indispensabili.

Pensavo di costruire casette nel ghiaccio, lo ammetto, ma Frostpunk è invece un viaggio meraviglioso capace di scuotere gli animi. Mi sono chiesto tutto il tempo come avrei agito se non fosse stato solo un gioco, se non dovessi solo preoccuparmi di arrivare alla fine. Avrei lasciato morire lo stessi gli operai in miniera? Avrei abbandonato quei bambini? Gli avrei servito gli stessi pasti disgustosi sapendo di prestare il fianco alle malattie? Avrei avuto la forza di salvare il salvabile, calpestando i cadaveri di povera gente innocente come me?

Non conosco le risposte, non possiamo conoscere le persone che saremmo davvero in quelle condizioni, ma Frostpunk mi ha messo contro la mia coscienza ed è il massimo a cui un videogioco può ambire.

Ho giocato a Frostpunk perché compreso nell’Origin Pass. Ho completato l’avventura principale in circa 14 ore di gioco e mi sono dedicato a qualche scenario extra con molta meno soddisfazione. Frostpunk è disponibile da oltre un anno su PC. Le versioni PlayStation 4 e Xbox One sono annunciate per l’11 ottobre 2019.