I survival horror sono un genere non morto?
I cosiddetti "puristi" di Resident Evil hanno scatenato un putiferio su Internet dopo l'uscita del sesto episodio per il presunto tradimento di Capcom rispetto alle origini della serie, dimenticando un particolare. Sin dagli esordi, Resident Evil ha avuto trame ridicole e controlli più o meno osceni: semplicemente non esisteva alcun paradigma nel genere e anche difetti enormi venivano ignorati nel nome della pleistesciò.
Parliamoci chiaro: i survival horror come genere sono in condizioni peggiori dei platform e forse dovrebbero seguire il loro esempio per tornare ai fasti di un tempo. Se i giochi di piattaforme stanno trovando la luce in fondo al tunnel grazie a titoli come Rayman Origins, lo devono alla "tabula rasa" fatta da molti produttori e sviluppatori dopo anni di inutili esperimenti. Appurato che un gioco horror più o meno tradizionale non vende (Silent Hill: Downpour è lì a dimostrarlo) è venuto il momento di capire cosa sia andato storto nell'evoluzione, o involuzione, di questa categoria.
LE COLPE DEI PRODUTTORI
La serializzazione spinta dei giochi moderni, richiesta per tamponare le spese di sviluppo (con un motore faccio dieci giochi e resto in attivo), mal si presta a certi generi com'è appunto l'horror. Pensiamoci un secondo: lo stesso "spavento" funziona un paio di volte e poi diventa ridicolo, idem per meccaniche più o meno ripetitive e limitate sul fronte dell'interazione. Erano queste le critiche che si leggevano a fine anni '90 dopo Resident Evil 3 e che costrinsero Capcom a stravolgere l'intera serie spostandola in campo action. Il problema, se mai, non è cambiare di per sé, ma riuscire a farlo senza stravolgere l'anima di un classico. Se Resident Evil 4 era ancora accettabile in quanto ad atmosfera ed effetto "paura", nei seguiti si è obiettivamente esagerato con la componente sparatutto sull'altare di Call of Duty. E all'origine di tutto c'è sempre l'avidità del voler aumentare i profitti guardando cosa vende nel dato momento, a prescindere dal contesto e dalla tipologia del titolo in cantiere. Non è un caso, tutt'altro, che il successo devastante di Left 4 Dead abbia generato un'invasione di shooter con gli zombi anche in settori dove gli zombi è meglio che restino sottoterra.
LE COLPE DEI GIOCATORI
Però bisogna essere onesti e riconoscere che in un mercato sono sempre gli utenti che "votano" per chi vince o perde. Quindi, se le scelte dei vari publisher fossero state completamente errate, non avremmo visto così tanti cloni e stravolgimenti di serie decennali. In altre parole, al pubblico piace la novità, indipendentemente da questioni come la coerenza con i capitoli precedenti, la fedeltà all'opera prima e altri argomenti tanto apprezzati sui forum. Lo stesso Silent Hill, rimasto più o meno fedele a sé stesso nella struttura, è semplicemente andato alla deriva nelle classifiche di vendita, toccando il punto di saturazione come concept, gameplay e design dei suoi protagonisti. Quante volte ancora potete rivivere la storia di un peccatore all'inferno? Ecco, ci siamo capiti. Ma è soprattutto il pubblico, quello cosiddetto "di massa", a non dare il supporto continuativo che certe serie meriterebbero, per restare fedeli a sé stesse. Per quanto l'horror sia una categoria, per così dire, più elevata rispetto a shooter o picchiaduro, anche la sua utenza soffre di noia come tutte le altre e non si fa problemi a mollare un brand quando è arrivato al decimo episodio.
Già ora si vedono esperimenti di un certo peso tra le uscite solo online e titoli indie che offrono spunti interessanti da cui l'horror "giocato" protrebbe ricominciare. Ma è inutile andare a ripescare Deadly Premonition o altri titoli semisconosciuti cari ai nostalgici: per sostenere colossi come Resident Evil e Silent Hill ci vogliono ben altri numeri e un richiamo a livello globale che i giochi di nicchia si sognano. Quindi, è più che mai arduo indicare la strada giusta per riportare i survival horror allo splendore di un tempo: da un lato, il pubblico pagante sembra essersi stufato della versione anni '90 e il mercato gli dà pienamente ragione. Dall'altro, il generale appiattimento nel solco degli sparatutto porta a un'offerta sempre più carente in quanto a varietà e contenuti.
LE POSSIBILI SOLUZIONI
Una via d'uscita si potrebbe avere dal tornare alle origini rispettando la modernità: un esempio è lo scenario extra di Resident Evil 5, che ci riportava in una magione con tanto di telecamere fisse opzionali. Oppure Dead Space, che di base è un action game ma che sa gelare il sangue nelle vene anche ai più esperti in materia di horror. Affiancando alla componente shooter una fase di avventura più o meno classica, però veramente classica, si potrebbero stemperare il caos hollywoodiano e i proiettili che volano ovunque. L'idea funzionerebbe, in senso opposto, anche per serie come Silent Hill, che da tempo necessitano di pesante svecchiamento: dare più ritmo all'azione migliorando controlli e combattimenti, senza abbandonare l'elemento narrativo da sempre punto di forza del brand. Purtroppo, però, non si tratta di un compito facile, perché è raro trovare l'equilibrio giusto tra elementi antichi e moderni, e lo dimostrano altre maxiserie come Gran Turismo. Le troppe novità scontentano i fedelissimi, mentre i pochi cambiamenti annoiano la massa.
Quel che è certo è che l'horror nei videogiochi viene visto oggigiorno come un settore pesantemente a rischio di fallimento ed è quindi ignorato più spesso di quanto sembri. Forse la sua naturale evoluzione è nelle uscite via Internet, o forse bisognava davvero toccare il fondo per ricominciare. In ogni caso, scatenare inutili polemiche sulla rete o lanciare invettive ai produttori ha solo un effetto boomerang: far sembrare i fan che popolano internet più talebani di quanto siano in realtà.