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ID:Invaded ti apre un buco in testa

Non so chi sia questa ragazza, eppure ricordo il suo nome. Lei si chiama Kaeru.
E poi, ricordando il suo nome, ho ricordato anche qualcosa di me.
Il mio nome è Sakaido. Non ricordo il mio cognome ma in fondo chi se ne importa.
La cosa importante è che sono un detective geniale e che devo risolvere il mistero della morte di questa ragazza di nome Kaeru.

Una delle menzogne che mi racconto con più convinzione è quella di essere immune al binge watching, nonostante io sia la stessa persona che passò tutto il suo undicesimo Natale a leggere Il gioco di Ender di Orson Scott Card (poi non riuscii mai più ad avere lo stesso feeling con questo autore); che ha accumulato occhiaie premendo “Next Turn” fino alle 4 del mattino per più notti consecutive giocando a Master of Magic e che si è sparata in due sere consecutive di una normale settimana lavorativa le dodici puntate finali di quella bomba assoluta di Steins;Gate.

Unico vincolo: per azzerare la mia volontà e il senso delle priorità ci vuole qualcosa che meriti un minimo.
ID:Invaded, ennesimo rappresentante di questa moda giapponese dei thriller fantastici (fantasy o fantascientifici) dal nome composto da due termini separati da interpunzione accazzo (Steins;Gate, Code:Breaker, Occultic;Nine, Re:Zero), merita parecchio.

Merita, innanzitutto, perché parte da un’idea che mescola Dexter, Manhunter e Inception e lo fa senza che ne venga fuori un minestrone troppo speziato, approfittando della possibilità dell’animazione di visualizzare qualsiasi cosa a costi contenuti e somministrando allo spettatore un presente parallelo in cui il Dipartimento di Giustizia giapponese ha messo le mani su Mizuhanome (il nome deriva dalla divinità shintoista dell’irrigazione), un sistema “senziente” che permette di raccogliere la “traccia psichica” di un omicidio grazie ad un detector speciale (Wakamusubi: divinità della cerealicultura), e creare il “Pozzo”: una realtà immersiva che rappresenta il mondo psichico dell’omicida. Indipendentemente da chi lo origini, in esso si trovano costanti “Kaeru”, la vittima chiave che permette di risalire all’identità dell’omicida risolvendo il mistero della sua morte, e “Il detective geniale”, avatar della persona che si immerge nel Pozzo dimenticando momentaneamente la sua vera personalità, e che viene assistito nel mondo reale dal team investigativo “L’orlo del Pozzo”, che monitora la sua attività e trasforma le immagini oniriche in persone, luoghi o eventi da far investigare alle squadre operative.

Unica altra costante di questo avveniristico sistema è che per immergersi come Detective Geniale bisogna soddisfare un requisito: essere in grado di uccidere volontariamente e senza rimorsi.
Infine, elemento incostante ma presente nei “Pozzi” di molti dei serial killer: “John Walker”, figura elusiva eppure vissuta con disgusto o apprensione dall’inconscio di efferati assassini.

Insomma, ID:Invaded ti butta giù un soggetto niente male, teso il giusto; e soprattutto te lo sceneggia con molta attenzione facendo una di quelle cose che purtroppo si vedono troppo raramente: invece di spiegarti i personaggi, li fa agire. Di loro sappiamo praticamente solo il nome e li conosciamo per quello che fanno; le loro circostanze ci vengono raccontate con parsimonia, di alcuni proprio non sappiamo nulla. Un esempio marginale ma significativo riguarda un personaggio della squadra de L’Orlo del Pozzo. Costui è quello che nel thriller procedurale ha il ruolo dell’analista prodigio, l’archetipo del tizio al quale non daresti due soldi, eppure riesce a ricomporre un puzzle di frammenti separati quando ancora gli altri stanno aprendo la scatola. Un anime “medio” (e non solo quello) non resisterebbe alla tentazione di far buttare lì ad un altro personaggio che il ragazzo si è laureato con più anni d’anticipo e magari lo ha cercato pure il MIT, ma lui non ci è andato per tot. motivi. Qui, invece, che il ragazzo abbia manico lo scopriamo assieme ai suoi colleghi.

Stessa cosa per i protagonisti che diventano via via Detective Geniali, quando intuiamo che hanno le potenzialità, lo facciamo con gli altri personaggi. A volte un po’ prima (dopotutto ci è consentito un punto di vista privilegiato) ma mai troppo prima.

Ciononostante, ID:Invaded si concede anche alcuni lussi da cartone animato giapponese medio, come la più classica delle loli-detective o gli sconntri tra Detective Geniali e Serial Killer Diabolici, con tanto di costumi iconici, cambi di fronte e persino un finale che urla “ANIME!” in più momenti. Il tutto senza mai sbracare o allentare il tiro, in un crescendo che spinge a bersi la serie tutta d’un fiato.

Merito anche di un ottimo character design, del doppiaggio, della colonna sonora e dell’animazione minimale, che non ruba la scena ma, anzi, si pregia di una povertà evidentemente ricercata per creare quell’atmosfera di freddezza sotto la quale covano le emozioni dei protagonisti. Insomma, boh, devo proprio dirlo, che ID:Invaded mi ha soddisfatto come non capitava da anni, o si è capito?

ID:Invaded è disponibile su VVVVID col doppiaggio originale e i sottotitoli in italiano. Ed è una dannata bombetta!