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Il Game Pass può fare anche cose cattive

A me il Game Pass piace. Da utente trovo che, per ora, ci sia ben poco da lamentarsi e ritengo che possano esistere, per il futuro, anche possibilità positive per il settore nel caso questo modello diventi quello dominante. Detto questo, dopo aver brindato alle nuove acquisizioni, voglio scrivere due righe sugli aspetti invece meno entusiasmanti e sui rischi possibili (possibili, non inevitabili) che questo modello “all you can eat” può portare al mercato dei videogiochi. Poi arriveranno anche quelli positivi, state sereni.

Troppo Importante

Facciamo un salto avanti nel tempo, ad un futuro in cui Microsoft ha avuto ragione. C’è il Game Pass, il Sony Pass, l’Amazon Pass con in esclusiva la roba Take-Two e Tencent e pure il Ninten… naaaa, niente Nintendo Pass. In quel futuro, banalmente, non esisteranno più i videogiochi fuori da questi servizi. O meglio, potranno anche esistere, ma vendere sarà impossibile senza un nome forte alle spalle e comunque potrebbe anche non bastare. Quando i videogiocatori avranno backlog infiniti di giochi meravigliosi nei loro abbonamenti, sarà complicato convincerli a spendere altri soldi. Oggi lo fanno, meno di prima probabilmente, ma abbiamo solo 25 milioni di abbonati che hanno pagato (poco) un servizio che ancora non è in grado di sfornare due tripla A al mese. E quando questi fornitori di servizi saranno così importanti, potranno anche dettare le regole del gioco. Oggi il Pass è un ottimo strumento per finanziarsi nelle prime fasi incerte per un indie, domani potrebbe essere la scelta inevitabile a cui piegarsi per esistere. E quando una scelta è inevitabile, c’è ben poco da scegliere. Lo sapevano bene i miei direttori di banca quando ho accettato il loro gentilissimo fido.

Cenere

Ancora un balzo temporale, ma stavolta Microsoft ha perso, dimostrando che il Pass non è sostenibile. Che, lo ripeto per i meno svegli, non vuol dire che la società di Windows possa fallire e il mondo finire, ma che a Redmond potrebbero stracciarsi le farfalline degli investimenti e decidere che OK, i videogiochi non fanno per lei. A quel punto, dopo anni di miliardi lanciati in aria e di giocatori abituati alla spesa minima, come li riporti a mettere mano al portafogli? Già oggi il mondo è pieno di appassionati disposti ad aspettare perché la propria soglia mentale di euro spendibili non è più quella di un tempo, cosa resterà di questo mercato quando chiederemo loro di tornare a spendere 60/80€ per Halo? È il futuro in cui Microsoft ha perso, certo, non saranno quindi cento milioni quelli abituati alle Netflix dei videogiochi, ma oggi sono 25 milioni, dati Spencer. A tutti piace guardare al futuro con ottimismo, ma il mercato mobile dimostra che le cose non si mettono bene quando è la corsa al ribasso a dominare le strategie di mercato. Per i giocatori, almeno.

Videogiochi su misura

Questo è l’aspetto più potenzialmente negativo della vicenda e purtroppo abbiamo sotto gli occhi un esempio abbastanza significativo. Apple Arcade nasce come servizio per appassionati: 5€ per centinaia di giochi meravigliosi senza micro transazioni. Spoiler, non è andata benissimo. L’utenza mobile pare poco disposta a pagare 5€ perché, banalmente, sono 5€ in più di quanto paga normalmente per accedere ad un gioco. Solo i migliori di noi hanno fatto qualche mensilità per il titolo che gli interessava per poi dileguarsi, non facendo troppo contenta Apple. A quel punto il servizio è cambiato: meno indie originali, più vecchie glorie del passato. Basta finanziare giochi belli, spazio alle esperienze che durano nel tempo come Grindstone. Non sappiamo cosa ci riservi il futuro, magari Phil Spencer è davvero quel Padre Pio dei videogiochi che vuole farci credere, ma esiste la possibilità che i videogiochi cambino anche in funzione del Pass. Magari in bene, con meno open world da mille ore a sprecare le giornate di tutti, magari in male. Chi lo sa.