In Gettysburg: Armored Warfare perdono tutti
Paradox Interactive è un publisher che è difficile non apprezzare, per via del coraggio delle sue produzioni, spesso a basso budget, ma ad alto contenuto d’idee. I ragazzi svedesi sono oltretutto sempre molto disponibili e gentili e il loro Gamersgate.com può confrontarsi in maniera degna con la corazzata Steam. Al fianco di Magicka, forse il loro successo più grande, troviamo King Arthur e Crusader Kings, in altre parole titoli di nicchia, ma molto apprezzati dai fan per la profondità del loro gameplay e la cura con cui sono stati sviluppati. Non sempre però le cose vanno per il verso giusto e, nonostante un progetto abbia tutte le carte in regola per ottenere la mia simpatia, ci sono alcuni elementi davanti ai quali non è possibile chiudere un occhio, figuriamoci due. Sto parlando di Gettysburg: Armored Warfare, titolo sviluppato da Radioactive Software, piccolissimo team indipendente che fa capo unicamente a Danny Green. Tutto molto anni ’80, ma i tempi sono cambiati e il lavoro di una persona forse non è più sufficiente per portare avanti un progetto di tale portata. Ci ha provato Marcus Persson, il creatore di Minecraft, ma, appena ne ha avuta la possibilità, ha raccolto intorno a sé un team di abili sviluppatori. Dovrebbe farci un pensierino anche Green, perché per completare Gettysburg: Armored Warfare è necessario ancora tanto lavoro.
http://youtu.be/nHUjyHWq_HY
Il titolo di Paradox è un interessante connubio tra uno strategico in tempo reale e uno sparatutto in terza persona, ambientato in un universo nel quale la guerra civile americana non è combattuta solo con moschetti e cavalleria, ma con carri armati, dirigibili e gatling. Il tutto da giocare online, dato che in solitaria sarà solo possibile impratichirsi con i controlli e soprattutto ci si annoierà presto per via di un’intelligenza artificiale non particolarmente elaborata. Se nella modalità Skirmish, quella nella quale sarà anche possibile gestire e costruire il proprio esercito, sono quattro giocatori ad affrontarsi, in Deathmatch fino a sessantaquattro diversi utenti possono sfidarsi online. Peccato che finora la partita più popolata contasse una manciata di soldati in carne ed ossa.
Una volta scesi in campo, abbiamo la possibilità di osservare la battaglia dall’alto, spostandoci liberamente nello spazio. Da qui, se se ne ha la possibilità, si può gestire il proprio esercito, costruendo nuove unità e dirigendole verso il punto desiderato. Peccato che nella visuale strategica non sia possibile indicare alle truppe chi attaccare o impartire qualche comando più elaborato. Inoltre la loro intelligenza artificiale non è sufficientemente flessibile per capire quando smettere di marciare e sparare. Si è così costretti a prendere direttamente il controllo delle proprie truppe per evitare un inutile spreco di risorse. Nelle fasi di combattimento i controlli sono quelli canonici dei third person shooter, ma una balistica non propriamente soddisfacente, un comparto tecnico arretrato e un bilanciamento delle unità poco oculato rovinano anche questa fase. Spesso sarete uccisi da soldati avversari spuntati fuori dal nulla o faticherete a distinguere le due fazioni, a causa del design grossolano.
I campi di battaglia oltretutto non si regolano in base ai giocatori effettivamente presenti, lasciando le maglie dello scontro troppo larghe per rendere il gameplay avvincente o funzionale. Sui mezzi corazzati le cose non vanno molto diversamente: perlomeno, all’interno di queste fortezze sarete quasi invincibili e normali soldati con moschetto non potranno farvi nulla. Tutto molto realistico, ma a discapito del divertimento e del bilanciamento, dato che molte truppe in questo modo sono assolutamente inutili. Radioactive Software è al lavoro per sistemare tutte o quasi queste magagne, ma l’impressione è che la fase beta sia ancora lontana, nonostante il gioco sia commercializzato come completo. Molti sono gli indizi in tal senso, come la mancanza di un tutorial (esiste solo un manuale consultabile online), il semplicistico sistema di respawn o gli esosi requisiti di sistema, che per la pochezza grafica messa a schermo denotano una scarsa ottimizzazione.
Spiace dunque bocciare questo progetto, ma le buone idee e l’originalità di fondo non devono essere la scusa per offrire un titolo profondamente incompleto e grezzo, ancora lontano da una versione definitiva. La passione e la foga con la quale Danny Green sta lavorando per migliorare Gettysburg: Armored Warfare sono encomiabili, ma solo tra qualche mese il gioco potrebbe essere pronto per mostrare le sue qualità.