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International Superstar Soccer Pro Evolution 2 compie vent’anni (e io troppi di più) | Racconti dall’ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Essendo abbastanza vecchio(ni) per ricordarmi come fosse ieri dell’urlo di Tardelli ai Mondiali del 1982, ho anche memoria del momento in cui infilai per la prima volta la cartuccia di International Soccer nel Commodore 64 che mi fu regalato per una brillante promozione alle medie. Sono pure abbastanza anzianotto per serbare ricordo di quando il mio joystick preferito (già abbondantemente provato da anni di stress) si scassò definitivamente, dopo un fine settimana a consumarmi tra “cartellini gailli” e “calci d’angalo”. Ogni dannato titolo di calcio che ho avuto modo di spolpare ha cristallizzato più di un ricordo nella mia testa; d’altronde non può essere altrimenti, quando la passione per il pallone sgomita da sempre in coabitazione coatta con quella per i videogiochi.

La mia storia con International Superstar Soccer Pro Evolution 2, di cui oggi ricorre il ventennale dalla distribuzione in terra europea, è necessariamente legata a doppio filo a ciò che facevo all’epoca, ovvero gestire un negozio di videogiochi tutto mio, che avevo aperto un paio di anni prima e che sarebbe malamente crollato nel 2007 sotto i colpi della grande distribuzione. Nel 2001 il mercato era in pieno fermento e la postazione principale, quando non era occupata nel promuovere il titolo da spingere in un determinato giorno (o la PlayStation 2, uscita qualche mese prima), ospitava sfide quotidiane con amici e avventori a suon di sgroppate sulla fascia di Roberto Larcos (o Corlos, a seconda della versione), rigorosamente da schierare nel ruolo di esterno alto in un 4-3-3 largo come le mutande di Pavarotti, perché se l’avessi lasciato dietro a fare il terzino sarei passato per uno che di Pro Evolution non ne capiva una beata sega, per Diana!

Sui calci di punizione i portieri avevano i riflessi di un paramecio, ma il gusto di segnare da un calcio piazzato era comunque insuperabile.

International Superstar Soccer Pro Evolution 2 è stato l’ultimo fatto calcistico degno di nota sulla prima PlayStation, prima dell’infilata Pro Evoution Soccer su PS2 e PES annali a seguire. Col gesso di bordocampo ha tirato una riga, chiudendo un’epoca difficilmente ripetibile. Non voglio passare per quello che fa il barbogio nostalgico a tutti i costi, ma se penso a come sono andate le cose (e a cosa ci ritroviamo tra le mani oggi, ché tra FIFA e PES è una gara a chi fa peggio), gli anni di ISS sulla prima PlayStation erano intrisi di un gusto che adesso ci sogniamo. Avevamo probabilmente una spensieratezza che nel 2021 ci è sconosciuta, e ci potevamo concedere pure più agio per stare dietro alle cose. Quando mi capita di rievocare la mia carriera calcistica virtuale si torna sempre a quei tempi lì: poco altro mi ha donato così tanta soddisfazione come le sfide infinite tra amici con un DualShock grigio in mano, o come le ore spese a ritoccare i file opzioni per tamponare artigianalmente l’assenza di molte licenze. Forse, dopo quegli anni, solo Winning Eleven 7 International – inaspettatamente ruvido ed elegante al tempo stesso – mi ha restituito lo stesso tipo di piacere, seppur declinato per strade differenti.

Quello di International Superstar Soccer Pro Evolution 2 è stato l’ultimo disco che ho inserito nella mia scassatissima PlayStation, una console talmente devastata dall’utilizzo che, nei mesi precedenti l’estrema unzione, dovetti costruire artigianalmente una struttura ad hoc che la tenesse inclinata con un ben preciso angolo rispetto al piano di appoggio, per concedere al lettore di emettere gli ultimi rantoli di vita. Poi, inesorabile, la fine. Della console e di un’era.

Ok, non ci azzecca una sverza con International Superstar Soccer Pro Evolution 2, ma ogni pretesto è buono per mostrare la copertina calcistica più bella di sempre.

Buon compleanno, International Superstar Soccer Pro Evolution 2! Alzo il calice e brindo. E se nel leggere queste poche ma sentite righe avete provato un minimo di empatia, fatelo anche voi.