Kaepora Gaebora #2 - L'importanza della fiducia
Appollaiato il gufo osserva tutto e ogni tanto, se lo ritiene necessario, parla. E nel caso non sia stato chiaro riprende il discorso dall’inizio, anche a costo di sembrare inutilmente prolisso e ripetitivo. In fondo lo fa per il vostro bene! Prima della diffusione della Grande Rete, l'unico modo per carpire le informazioni era quello di affidarsi alla carta stampata. Ogni mese i lettori pendevano dalle labbra dei redattori, divorando i loro scritti in trepidante attesa del numero successivo della rivista. Trailer, demo, filmati e quant'altro erano a dir poco fantascienza, si fantasticava sulle foto immaginando chissà quali scenari joypad alla mano, nella speranza di non rimanere delusi dopo l'acquisto del gioco tanto desiderato. Alla lunga si creava una sorta di tacito rapporto di fiducia fra il lettore e il redattore, con quest'ultimo chiamato, oggi come allora, a porsi in maniera schietta, con l'imperativo morale di dire sempre la verità o almeno di esprimere liberamente il suo giudizio, senza pressioni dall'esterno.
Più di qualcuno ciclicamente dimentica questo principio di buon senso, dando visibilità ad un titolo che non la merita o lodando qualcosa di palesemente sciatto e insulso: non è mia intenzione citare tutti i precedenti, la casistica è innumerevole, preferisco soffermarmi su un peccato mortale di qualche decennio fa, uno scandalo che fece epoca. Torniamo quindi al 1994, anno in cui gli americani scoprono il calcio e se lo dimenticano all'istante, Kurt Cobain mette fine tragicamente al suo mal di vita e sulle riviste inizia a far capolino un titolo dipinto come la Gioconda di Leonardo. Per mesi sono state riempite pagine intere tessendo le infinite lodi di Rise of the Robots, picchiaduro fra robot ad ambientazione futuristica sviluppato da Mirage e prodotto da Time Warner Interactive. Le immagini in effetti lasciavano ben sperare, la modellazione dei droidi era a suo modo affascinante e il genere dei “rullacartoni” era sulla cresta dell'onda. In più, le parole al miele dei redattori rassicuravano sulla riuscita del progetto. Alla fine, però, nel momento cruciale della resa dei conti, tutti gli altarini caddero all'unisono e l'inganno fu svelato.
Mirage per mesi interi aveva preso per i fondelli l'intera comunità videoludica, distribuendo alla carta stampata dei render che non rappresentavano minimamente la grafica reale del gioco, una vera e propria truffa in piena regola. Rise of the Robots era tecnicamente a dir poco sconfortante: sprite poco dettagliati e animati rigidamente, come se i droidi avessero le giunture incollate, combattevano con la velocità di una lumaca zoppa su spettrali scenari statici. Un deprecabile disastro. Joypad alla mano, la situazione non migliorava di certo, a causa di un sistema di combattimento insulso e la bellezza di un solo personaggio selezionabile in single-player, il record negativo per eccellenza di questo genere. Il titolo Mirage cadde di faccia: ci fu una pioggia unanime di stroncature feroci, anche da parte degli stessi redattori che avevano contribuito ad alimentare il clima di aspettative nei confronti del gioco. Fu la loro ipocrisia? Possiamo accusarli di opportunismo? Non ne ho idea, tuttavia qualcosa venne meno e da quel momento cominciai a dubitare di anteprime troppo entusiastiche, sezionando al microscopio ogni articolo capitasse sotto i miei occhi. La fiducia divenne diffidenza, mi sentivo tradito.
Oggi per fortuna le bugie hanno le gambe più corte che in passato, grazie all'enorme quantità di strumenti a nostra disposizione: i trailer forniscono elementi di analisi e spunti di discussione, chi più chi meno abbiamo fatto l'occhio e sappiamo ormai distinguere gli scatti verosimili da quelli palesemente falsi, confezionare una bufala è un atteggiamento a dir poco controproducente per le software house stesse. Voti gonfiati, recensioni pilotate e trattamenti di favore per le testate più accondiscendenti, eufemismo particolarmente garbato il mio, sono i peccati mortali di un settore che non vuole ancora raggiungere la sua maturità. Il lettore è sacro: è un principio a dir poco basilare, un comandamento che ogni buon redattore non deve dimenticare mai. Questo non significa adulare il pubblico con parole suadenti rispecchianti ciò che vuole sentire, ci vuole il coraggio di esprimere anche un'opinione controcorrente se questa rispecchia il pensiero dell'autore, correndo il rischio di ricevere pernacchie assortite e pomodori marci dal loggione. Diffidate in ogni caso di chi afferma di non avere preferenze, è un atteggiamento democristiano, ben lontano dalla realtà: noi tutti abbiamo guru ai quali ci ispiriamo, designer che rispettiamo e altri che consideriamo meno della carta straccia, software house di cui sposiamo la causa e concorrenti che deridiamo per partito preso. L'obiettività non esiste, la professionalità sì, sono due elementi che non vanno confusi.