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Keep Talking and Nobody Explodes: l'insostenibile asimmetria della vita

Alberto sedeva solo al centro di un'enorme tavolata nella saletta un po' defilata di un bar della zona universitaria di Ginevra. Un bar lungo e strettissimo, come se avessero deciso di accettare una sfida e arredare al meglio un altrimenti inutilizzato corridoio fra altri due locali. Non contenti, gli hanno anche affibbiato un tema: “Frankenstein”, che, per chi non lo sapesse, è ambientato proprio nei dintorni del lago Lemano. Ovviamente, in tempi di COVID-19, è un bar totalmente impraticabile. All'epoca (sembra tutto così lontano, ultimamente...) era solo uno dei tanti posti accoglienti e troppo riscaldati che la città offriva nei mesi invernali.

Il bar di cui sopra…

Alberto sedeva lì, al centro di questo enorme tavolo che aveva prenotato, mentre il resto della folla se ne stava stretta stretta ad affollare l'area di fronte al bancone. Quel che Alberto non sapeva è che da lì a tre anni sarebbe diventato padre per ben due volte. Quel che però sapeva è che erano ormai mesi che ci chiedeva di assecondare le sue turpi voglie uber-nerd, e noi eravamo gli unici abbastanza folli da stargli appresso. Quel "noi" è lasciato volutamente vago, conscio del fatto che le persone che erano con me, per quanto deludenti si siano rivelate negli anni successivi, siano comunque state complici di tante avventure importanti.

Dicevamo delle turpi voglie uber-nerd di Alberto che dal paesino vicino in cui abitava si era trascinato un grosso e ingombrante portatile da gioco fin dentro al bar: lo aveva poggiato sul tavolone, lo aveva aperto bel bello, aveva ordinato la sua birra e ci aspettava sorseggiandola piano. Dai suoi geni svizzeri aveva ereditato una totale puntualità che spesso e volentieri, visto che si ostinava a frequentare italiani, diventava il proverbiale inferno di solitudini immeritate. Quando infine ci vide sgomitare fra la folla gli occhi gli si illuminarono. Ci fece sedere tutti e tre dall'altro lato del tavolone che occupava, in modo che fossimo dal lato cieco dello schermo e si chinò per prendere qualcosa dalla borsa che aveva sotto il tavolo. Ne cavò un sottile manualetto di una ventina di pagine spillato accuratamente con su i segni, poi rivelatisi finti, delle caratteristiche macchie da fotocopiatrice. Sul fronte campeggiava la scritta "MANUALE DISARMO BOMBE".

"So che sei Svizzero e rischi meno, ma se beccano me con 'sta roba mi cacciano, lo sai?" sbottai sarcastico mentre cercavo di attirare l'attenzione del cameriere.

"Ma no, cretino, è il gioco di stasera!" fece lui sghignazzando. "È semplice: io sono da questo lato dello schermo e devo disinnescare una bomba. Voi mi dovete dare una mano leggendo il manuale: vi descriverò i vari meccanismi che trovo e mi direte cosa fare".

Secondo me, se mi trovano con una roba del genere in borsa come minimo finisco nei giri d’intercettazione dell’intelligence svizzera.

E in effetti Keep Talking and Nobody Explodes è tutto qui: due persone o due gruppi di persone, un'interfaccia di interazione snella e uno schermo girato dal lato giusto. Il manuale di disarmo è la vera star: ventiquattro pagine fintamente scritte a macchina con lo stile da spy story anni '60, strapieno di buffi, ingegnosi meccanismi che sono magistrali pillole di gameplay. L'unica vera bomba che può esplodere è quella di urla, risate e imprecazioni varie. Infatti, dieci minuti dopo stiamo già per farci cacciare dal bar, che come tutti i bar di Ginevra, è irrealmente silenzioso comparato agli standard italiani.

Un gameplay asimmetrico come quello di Keep Talking non è semplice da realizzare, e ne sanno qualcosa gli sviluppatori di Evolve, che hanno sbattuto contro un muro nonostante avessero alle spalle il successo dei due Left 4 Dead. È già complicato realizzare un gioco, figuriamoci realizzarne due, per giunta sinergici, e c’è sempre il rischio che un lato del gioco sia più divertente dell’altro. La grossa intuizione di Keep Talking sta nel rimuovere l’aspetto competitivo, e la grande abilità degli sviluppatori è stata quella di rendere affascinanti ed entusiasmanti entrambi i ruoli del gioco, replicando quelle situazioni viste tante volte nei film d’azione in cui il protagonista non sa come disinnescare una bomba ma ha un artificiere al telefono che gli spiega come fare. Stesse emozioni, stessa adrenalina, molti meno rischi di saltare effettivamente in aria, che è sempre una cosa buona. L’esperienza è ulteriormente amplificata nella versione del gioco in realtà virtuale: lì ci si mette anche l’immedesimazione e la manualità effettiva del giocatore, oltre agli inevitabili tremori che si palesano non appena sono sotto stress.

Lo sguardo di sufficienza di chi ti ha detto di tagliare il filo rosso e tu hai tagliato quello blu.

Keep Talking funziona alla grande perché replica alla grande tutte quelle situazioni nella vita in cui ci siamo sentiti senza il controllo completo della situazione: che siate da un lato o dall’altro del tavolo non si può pensare di fare tutto da soli. Si può solo fare del proprio meglio, affidare il fato alle abilità o alla volontà di qualcun altro e incrociare le dita. La simmetria, di forme e situazioni, è naturale ma appartiene molto meno alla natura umana delle cose - a margine: avete mai visto un viso completamente simmetrico? È terrificante! Keep Talking mi ricorda costantemente l’insostenibile asimmetria della vita, la stessa asimmetria che mi porta a pensare, pur senza rimorsi, ad Alberto che tre anni dopo la nostra prima partita a Keep Talking ha due bimbi, e a me che tre anni dopo ho ben due diversi modelli di Famicom.

Non temere, Twin Famicom, mi hai già dato più soddisfazioni di qualunque figlio.