Kokuga e il disappunto
Sarò sincero: a giudicare dai trailer e dalle immagini apparse prima dell'uscita del gioco, non è che mi sembrasse così convincente. C'erano, però, tre motivi per cui fremevo dalla voglia di giocare Kokuga: la G.rev, ad oggi probabilmente l'unica casa di sviluppo a credere ancora nei generi più arcade e, soprattutto, nella loro evoluzione; Manabu "Santaruru" Namiki che, quando vuole, con la sua stilosissima musica elettronica sa essere uno dei compositori per videogiochi che preferisco; ed ultimo, ma non meno importante, l'ex Treasure Hiroshi Iuchi, ovvero la persona dietro Radiant Silvergun ed Ikaruga, che in oltre vent'anni di onorata carriera ha quasi soltanto lavorato a capolavori su capolavori, dimostrandosi un artista poliedrico in tutta la multimedialità che un videogioco possa richiedere: ideazione, grafica, musiche e quant'altro. Stavolta viene abbandonato lo shoot'em up più tradizionale in favore di quello multidirezionale, da tanti anni genere fin troppo desueto in Giappone, ma non che abbia mai goduto di particolari attenzioni. Si sale alla guida di questa sorta di carrarmato quadrupede dal design non troppo accattivante e l'introduzione ci spiega che la causa è una guerra tra la nazione "A" e la nazione "I". Le parole scorrono un po' troppo velocemente, a volte intere frasi scompaiono dopo un attimo, quindi magari si riavvia il gioco per rileggere bene. Ma sì, il motivo è proprio questo, e non si capisce perché i livelli selezionabili vadano da "A" ad "L". Ma chi se ne frega, tanto è uno shoot'em up, cosa vuoi che sia la trama.
http://www.youtube.com/watch?v=LIi5QU3SXTQ
I livelli, come già accennato, sono divisi per lettere e disposti su una griglia piramidale. Eccetto i tre stage finali situati agli angoli, sin dall'inizio è possibile scegliere da quale iniziare. Finitone uno, si può solo passare a quelli adiacenti e la scelta libera si restringe in modo da procedere passo dopo passo, ma a che pro? Nessuno, non c'è alcun vantaggio nel farli tutti di seguito o uno alla volta, non cambia nulla. Se si esce dal gioco, si ricomincia sempre dall'inizio, potendo di nuovo scegliere qualunque livello si voglia; vengono solo memorizzati i punteggi e assegnata una medaglia per ogni completamento effettuato.
Kokuga appare graficamente molto minimalista, anche troppo, e decisamente scarno nelle pareti fatte di blocchi grigi o di distese in nero con contorni dal colore diverso a seconda della difficoltà. L'uso del 3D, quantomeno, non è per nulla invadente e aggiunge una profondità vertiginosa ai fondali sotto la griglia su cui ci si muove, anche gradevoli nel loro voler apparire un po' come basi belliche del futuro. Ma nulla di speciale, purtroppo, soprattutto se consideriamo che, molti anni prima, il nostro caro Iuchi curò la grafica degli sfondi di Gunstar Heroes, Alien Soldier, e del primo Sin and Punishment, giusto per citare qualche altro titolo.
Le musiche, quantomeno, sono perfette e di grande efficacia, senza essere la solita solfa. Lo stacco improvviso con cui si susseguono i brani nella loro diversità, dopo certe esplosioni, è sempre delizioso.
I livelli sono di lunghezza variabile, possono durare anche svariate decine di minuti e sono articolati in schemi abbastanza classici: gruppi simmetrici di nemici divisi per zone, qualche bivio e infine il boss. Non è tanto questa schematizzazione ad essere un problema, quanto la monotonia di fondo: schemi di nemici assai ripetuti, troppi déjà vu tra un livello e l'altro, poca varietà generale. Quando si prova ad offrire qualcosa di diverso, come accade in una manciata di livelli, sembra quasi un miracolo, ma è sempre troppo poco.
È vero, sto parlando di tutti questi difetti in un gioco per cui molti nutrivano tante aspettative e sinceramente dispiace molto anche a me. Devo però ancora spiegare il gioco vero e proprio, ovvero il lato shoot'em up. Come sarà? Ehm... è lento. In Kokuga è tutto lentissimo, dai movimenti del nostro mezzo, a quelli della rotazione del cannone, alla velocità di sparo. Probabilmente si voleva creare una sorta di sparatutto più meditativo, ma il risultato è pressoché disastroso, quasi "rotto", oserei dire, viste le conseguenze scaturite da questa scelta. Non era possibile inventarsi dei nemici che si muovessero o sparassero troppo velocemente, né che avessero tutti chissà quale gittata, sarebbe stato ingiocabile. E quindi basta prenderci un attimo la mano per notare che quasi ogni nemico è annientabile tenendosi alla mai eccessiva distanza di sicurezza da cui, anche accorgendosi della nostra presenza (sono pure un po' stupidi), spesso col suo range non raggiungerà il nostro mezzo, mentre viceversa potremo sparargli indietreggiando gradualmente, senza nemmeno fare troppi sforzi per non essere colpiti. Non è sempre così, certo, ma anche ogni altro sparo avversario è sempre evitabile senza chissà quale abilità, ad eccezione del laser gigante che spunta dal nulla a togliere almeno metà energia, ossia l'unica vera minaccia che riesce all'improvviso a mandare in fumo quaranta minuti di progressi.
Lo schermo inferiore è interamente adibito ai power up sotto forma di carte che, pur essendo prestabiliti, compaiono in ordine casuale. Alcuni difensivi, altri di attacco atti a modificare il nostro sparo, spesso sono solo ad uso temporaneo e, tranne rari casi, non sono nemmeno così indispensabili, visto che non è poi un'impresa titanica arrivare al termine di ogni livello con un po' di precauzione, senza bisogno di usarli, riservandoli per i boss. Ecco, dai, almeno i boss di fine livello, pur avendo sempre il nostro stesso arsenale (come ogni nemico del gioco, del resto), sono sempre ben fatti a vedersi e mostrano delle sfide un po' diverse dal solito. Solo che, spesso, basteranno una manciata di power up per vederli deflagrare dopo pochissimi secondi.
L'aumento della difficoltà, selezionabile sin dall'inizio tra normal, hard, ultimate e boss rush (dove i boss fanno più casino ma esplodono comunque all'istante), non riesce a cambiare di tanto le carte in tavola. Sì, se riescono a colpirci prendiamo qualche danno in più e i nemici richiedono una dose di violenza maggiore per essere distrutti, ma il sistema di gioco rimane invariato e lento, essendo mal concepito sin dalle fondamenta. L'ultima speranza (o la prima, secondo alcuni) per il quale uno shoot'em up potrebbe risollevarsi è il sistema di punteggio, ma anche lì siamo messi davvero male e il risultato è ingestibile.
Con ogni singolo colpo andato a segno, si ottiene una certa quantità di punti, a seconda del nemico. I power up d'attacco presentano dei moltiplicatori di punteggio variabili in base all'arma utilizzata, così bisogna attivarli e buttarsi nella mischia per disintegrare tutto ciò che ci si para davanti nell'arco di tempo consentito. Solo che, come già specificato prima, i power up ci vengono forniti in ordine del tutto casuale ogni volta che ricominceremo un livello. Va bene un po' di imprevedibilità, ma qui si esagera, è incontrollabile e annulla qualsiasi divertimento competitivo.
Eppure, sembra che Kokuga sia stato ben accolto. Forse sembrava brutto stroncare il nuovo lavoro di Hiroshi Iuchi, forse c'è tanta incompetenza al giorno d'oggi riguardo gli shoot'em up, forse valgono entrambi i motivi, ma davvero non credo Kokuga sia un gioco veramente apprezzabile né da chi è avvezzo al genere, né da chi non abbia idea di cosa sia.
Io non capisco, non so perché tutte queste scelte, non comprendo perché questo gioco sia stato pubblicato così. Sembra continuamente che manchi qualcosa, come se fosse stato appena ideato, ci abbiano lavorato un po' su, poi magari si son resi conto che non era cosa o, forse, non avevano più tempo a disposizione, e l'hanno lasciato lì, incompleto. Giuro che, ad un certo punto, mi sono persino andato a leggere il manuale e a controllare l'intero sito ufficiale, nella speranza che mi fosse sfuggito qualcosa, una modalità, un senso... Insomma, più semplicemente un "perché Kokuga è stato creato?". E tutt'ora non riesco a spiegarmelo.
Ho giocato Kokuga sul mio 3DS XL, dopo averlo acquistato dallo store per 15€, visto che fortunatamente è uscito retail solo in Giappone. Ho speso, credo, circa quindici ore per provare ogni livello a svariate difficoltà, finendoli poi quasi tutti ad ultimate, talvolta anche al primo tentativo.