La buona stella di The Night of the Rabbit
Lungi da me scrivere l'ennesimo epitaffio della fu regina delle avventure grafiche, una nobile dal passato glorioso ma, come ampiamente sottolineato su questi lidi, caduta in disgrazia da tempo immemore. Comprendo benissimo lo scoramento di chi, travolto dai sentimenti, si rifiuta di cancellare le indelebili memorie con un colpo di spugna, facendo tabula rasa al fine di ripartire da zero. A tal proposito, sconsiglio la terapia d'urto: farsi trapanare il cranio, come un Jim Carrey devastato dalle pene d'amor cortese, potrebbe rivelarsi una cura inefficace, persino più logorante del male stesso. Per mitigare il dolore si prescrive una piccola dose di The Night of the Rabbit, nuova proposta dei laboratori Daedalic che, con la sua formula tanto collaudata quanto propositiva, mai come ora casca a pennello.
Protagonista del racconto è Jimmy, un teenager dagli occhi grandi e svegli, il cui sogno nel cassetto è quello di diventare un formidabile prestigiatore, un maestro di quell'arte del fantastico fonte di letizia per i sognatori e perenne sfida per chi, rispondendo alle logiche dello scetticismo, mira a comprendere i ben celati segreti della magia. Al fine di colmare le lacune e perfezionare le tecniche illusionistiche, il giovane decide di accompagnare Marquis de Hoto, coniglio antropomorfo dai modi garbati e dalla parlata forbita, nel mondo di Mousewood, un universo fiabesco inaccessibile all'uomo e popolato da animali sorprendentemente loquaci. Per quanto il presupposto narrativo sia risaputo, la delicatezza e i toni soffusi di The Night of the Rabbit rappresentano una piacevole digressione dall'imperante cupezza, quell'oscurità fatta di scenari tetri e nebulosi che ultimamente va per la maggiore. L'avventura Daedalic è pervasa da un'anima candida ma non per questo ingenua: etichettarla come infantile per la solarità dei suoi contenuti è un esercizio dialettico miope, se non addirittura stupido. La scrittura dei dialoghi mi è parsa buona e sullo stesso tenore si assesta la caratterizzazione dei personaggi, elementi questi basilari per la riuscita di una qualsiasi avventura grafica.
L'interfaccia utente agile, snella e minimalista permette di godere del racconto senza mai staccare gli occhi dallo schermo e la mano dal mouse, garantendo così una lodevole immersività. Nella periferica di puntamento sono raccolti tutti i comandi necessari per manipolare gli oggetti e lo spazio circostante, strumenti questi necessari per venire a capo degli enigmi, rompicapo intelligenti e legati al pensiero logico. Al contrario di alcune avventure, The Night of the Rabbit non abbandona mai la strada della concretezza per facili scorciatoie all'insegna del “pixel hunting”, sottolineando con estrema chiarezza i punti con i quali è possibile interagire: l'indicatore a schermo modifica la sua forma in base alle zone d'interesse, in maniera precisa, evitando così di lasciare adito a dubbi. Nel caso qualcosa sfugga, tramite la pressione prolungata del tasto centrale del mouse è possibile rimarcare, con annesso ausilio visivo, ciò che è stato distrattamente tralasciato. Tale strumento a mio avviso va usato con parsimonia, al fine di evitare ripercussioni negative sull'esperienza ludica.
Tempi di caricamento non sempre fulminei e alcune pause prolungate fra una scena e l'altra sono piccoli difetti imputati alla natura del codice embrionale da me provato, una porzione di gioco pari a circa un quinto del contenuto effettivo. Nelle due ore trascorse ho avuto modo di saggiare la bontà dell'aspetto grafico, gradevole, delicato e privo di qualsiasi eccesso, una solida base capace di sopportare il peso del racconto. Personaggi buffi, dotati di passioni e fobie, si alternano sul palco recitando un copione gradevole, in cui la logorrea, colei che da sempre distingue l'oratore dallo scocciatore, raramente fa capolino. I testi sono impreziositi dal buon doppiaggio in lingua inglese, in cui la convincente prova degli attori riesce a dare voce a quelle sagome bidimensionali all'apparenza prive di vita.
Nonostante il soggiorno in quel di Mousewood sia stato piuttosto breve, nutro una certa fiducia sulla qualità complessiva di The Night of the Rabbit, un'avventura grafica sviluppata con passione e dedizione da parte di chi, con Deponia, ha dimostrato una notevole conoscenza della grammatica di questo genere. Lucasfilm Games ha un passato glorioso, una storia indimenticabile: limitandosi esclusivamente a celebrare gli antichi fasti si rischia di perdere qualsiasi contatto con il presente, al punto da diventare polverosi oggetti d'antiquariato. Meglio guardare al futuro aspettando il prossimo 25 maggio, giorno in cui Marquis de Hoto tornerà in città con il suo spettacolo di magia.