Quando Nintendo tirò fuori dal cilindro il format dei Direct (21 ottobre del 2011, mi dice la regia), non fummo in pochi a pensare che si fosse rincoglionita (in realtà non mi ricordo se sono stato davvero critico ma fa bene alla narrazione credere che io possa anche sbagliare, di tanto in tanto). Pochi minuti, orario a caso, pochissima preparazione, zero aiuto dalla critica e una messa in scena “economica” sembravano la ricetta perfetta per farsi dimenticare in fretta. E invece no.

Riempiendoli di qualità e sorprese, Nintendo ha trasformato col tempo quegli appuntamenti casuali in veri e propri eventi, una attesissima festa per i fan. Qualche volta è andata meno bene, certo, ma in generale quella formula è sembrata tenere botta con dignità, finché la stessa Nintendo ha parzialmente smorzato gli entusiasmi affidandosi ai meno appariscenti Indie World o ai più concreti eventi dedicati ai singoli giochi. È andata avanti, insomma.

Sony quella stessa formula l’ha fatta sua, ma proprio uguale, e l’ultimo State of Play, quello del 9 marzo 2022, dimostra che non c’è proprio bisogno di continuare a farli. Senza entrare nel merito dei contenuti, (inspiegabilmente ho letto pareri persino entusiastici), mi pare che si siano perse completamente la carica e la forza iniziale, quell’entusiasmo ettreiano che ti lascia sperare (o credere) che possa succedere proprio di tutto. Dato per scontato che no, Sony non li usa per le grandi sorprese, resta qualche minuto carino con cui passare la nottata. Quando va bene.

E allora ne abbiamo davvero bisogno?

Serve darsi appuntamento alle 23 per mettere insieme un paio di cose buone/decenti e parecchia monnezza?

Chi ne ha bisogno?

Persino agli indie, a cui regali attenzioni impreviste, finisci col creare forse più danni che altro, considerando che nessuno gli presenta Elden Ring 2 con i robot e allora è tutto una merda. La formula Direct è il meglio che questo settore può offrire o possiamo aspettarci di meglio (o anche qualcosa di solo diverso) in futuro?

E a voi piacciono ancora?