La recensione in ritardo di Reflexions: cmq spakka!
Reflexions è ottimo, perché ha stile da vendere e la grafica laser&vettori come Geometry Wars. Perché non sembra il ricircolo del modernariato, ma c'ha un preciso senso (sin)estetico, perfettamente amalgamato con la multitraccia sonora, i colori tutti fluorescenti e i movimenti ipnotici che produce di volta in volta. Perché non costa neppure un centesimo (troppo tardi: la promozione è scaduta e adesso occorrono € 0,79, ma l'App è universale) e già dal quarto o quinto livello in poi fa sì che il cervello del giocatore s'intrecci irrimediabilmente, cadendo preda delle reiterate – nonché convulse - prove empiriche, bestemmie e retry. In buona sostanza, ha lo stesso pregio dei migliori puzzle game in circolazione: una soluzione ovvia (eppur geniale) nascosta dentro un gameplay che ti fracassa il cervello e non puoi più uscirne, fino alla fine del gioco o della batteria dell'iPhone.
A esser enciclopedici come Pocoto, si direbbe che Reflexions assomigli generosamente a Deflektor, un puzzle game risalente al 1987 – proprio sul finire del governo Craxi II – sviluppato da Vortex Software e pubblicato da Gremlins. Lo scopo dei due videogiochi, in effetti, sembrerebbe essere lo stesso: riordinare appropriatamente l'angolazione di alcuni specchi, per colpire l'obbiettivo preposto con un raggio laser. L'uno parrebbe l'evoluzione tecnologica dell'altro, insomma, se non fosse per dei fatti e certe situazioni che fanno di Reflexions molto più di un semplice remake dall'aspetto ancora più futuribile di prima. Innanzitutto, nel titolo di YoYo Games il raggio laser parte al primo tap e da lì in poi non si può fermare più (se non morendo). Più che un raggio laser, a dire il vero, Reflexions spara un piccolo dischetto luminoso, uno come quelli di Tron, che prende a rimbalzare contro tutte le superfici inclinate a 45° ed emette pure un suono (uno solo, una sorta di metronomo variabile), che s'incastra magistralmente con l'avvolgente base electro-lounge in sottofondo, senza mai ossessionare l'udito e la pazienza del giocatore. Seppure Reflexions non sia un music game in senso stretto, dunque, è certo che la sua colonna sonora, i suoi suoni e tutti i rumori concorrano a garantire una sinestesi ancora più mesmerizzante.
Non essendoci alcuna possibilità di fermare la corsa del dischetto una volta lanciato, inoltre, Reflexions necessita di due differenti strategie ludiche: la prima è quella di ruotare le superfici a bocce ferme, secondo calcoli probabilistici e balistica di fortuna, ovvero ipotizzando il percorso ideale. Ciò non basta a ottenere il successo, tuttavia, visto che alcune manovre vanno necessariamente eseguite "on the go", con i riflessi e il tempismo al massimo, oltre a tutti gli altri sensi già in tensione. Si capisce visibilmente, così, che il brivido del triplo tap perfetto o la rabbia per l'errore reiterato facciano di Reflexions un puzzle game praticamente perfetto, con quaranta livelli per quattro mondi. Perfetto, quantomeno, nel genere dei puzzle game a base di Light Disc che rimbalzano su superfici inclinate a 45°.
Ho "acquistato gratuitamente" Reflexions proprio l'altro giorno, quando era in super offerta estiva e m'è bastato inserire la mia password sull'App Store per avviare il download.