L’E3 è morto… come al solito!
Da che ne ho memoria, L’E3 è sempre stato sul punto di morire. Anche quando era magnifico, quando nessuno poteva nemmeno pensare di rubargli fette d’attenzione, qualcuno era pronto a sostenere che non ce ne sarebbe stato un altro o che, nella migliore delle ipotesi, non servisse davvero più a nulla.
Solo che adesso sembra più vero che mai.
Come con i cinema, il COVID sembra aver accelerato il processo di autocombustione interna e, dopo un’altra edizione solo digitale, la sensazione è che ci ritroveremo, nel 2023, a domandarci cosa farcene di questo E3. A chi serve? Chi ci guadagna? Possiamo vivere senza?
La risposta all’ultima domanda è più semplice che mai perché, a scavare nemmeno troppo a fondo, è da un pezzo che stiamo vivendo senza E3, seppure non formalmente. Senza Sony, con Nintendo a fare le comparsate, Devolver le grigliate nel parcheggio e Rockstar che chivisincula, sono anni che facciamo finta che sia la stessa cosa, che forse può bastare, ma sappiamo benissimo che c’è ben poco da salvare.
Eppure, i The Game Awards dimostrano che c’è voglia di un evento aggregante molto più di quanto ci interessino le cerimonie di premiazione. Il mondo dei videogiochi non ha bisogno dei suoi Oscar come quello del cinema non ha bisogno di un evento in cui, per giorni, tutti fanno conferenze di due ore in cui si vedono trailer e neppure di uno showfloor per provare film.
Siamo il mondo dei videogiochi, unico e meraviglioso, e viviamo di sogni e hype e speranze e progressi tecnologici, i nostri Oscar sono il carnaio dell’E3 dove restare delusi di quello che rimpiangeremo per i vent’anni successivi. La nostra festa è morta, è evidente, ma possiamo farne altre.
Tutti insieme, però, o non è una festa.
Tutti contro gli altri, però, o non c’è motivo per provare a essere migliori.
Tutti per amore dei videogiochi, però, o non cresceremo mai.