Outcast

View Original

Librodrome #59 - La scomparsa della realtà per Jean Baudrillard, pomodori verdi fritti per Fotone

Attenzione. Ogni due settimane, in questa rubrica si parla di cultura. Niente di strepitoso, o che ci farà mai vincere il Pulitzer, ma è meglio avvertire, perché sappiamo che siete persone impressionabili. E tratteremo anche dei libri. Sì, quelle cose che all’Ikea utilizzano per rendere più accattivanti le Billy. E anche le Expedit. Parlare (mica recensire!) de La scomparsa della realtà di Jean Baudrillard qui su Outcast è da malati. Scriverne dopo un piatto peperoni fritti (true story) è da malati di ebola. "La scomparsa della realtà" di Jean Baudrillard, infatti, non parla di videogiochi, non contempla il gameplay, eppure parla di noi, sudici (chi più, chi meno) giocatori borderline perennemente immersi nel vituale.

Il libro. Davvero. Il libro è una jpeg.

"L'invenzione della realtà, sconosciuta alle altre culture, è un prodotto della ragione moderna occidentale, la svolta dell'universale, quella di un mondo oggettivo, sbarazzato da tutti i retro-mondi. Concretizzare, verificare, oggettivare, dimostrare: l'oggettività è questa presa di reale che costringe il mondo a fronteggiarci epurandolo di ogni segreta complicità e di ogni illusione. Immaginiamo di avere sempre di fronte la realtà, pensiamo sempre di fronteggiarla. Ma questo faccia a faccia non c'è. L'oggettività e la soggettività non esistono, sono una duplice illusione. Essendo la coscienza parte integrante del mondo e il mondo parte integrante della coscienza, io lo penso ed esso mi pensa."

Io penso GT Legends e GT Legends mi pensa.

Affascina Jean Baudrillard che a suo modo è stato ammaliato dal problema della debole realtà della realtà nel nostro tempo sempre più dominato dalla tecnica, dal mediatico, dallo sviluppo del virtuale, dal digitale e da Internet. Senza amarezza, in una tranquilla disperazione, con l'idea che la fine non sia prossima ma già in atto, Baudrillard vive in queste poche-ma-densissime pagine un'apocalisse da padre sereno. Derealizzatore, disgregare le evidenze, ci risveglia, ci stimola: se tutto deve diventare ricco di immagini, di informazione, di virtuale, il cruciale effetto negativo è appunto la scomparsa della realtà.

Dopo avere girato il primo Matrix, i registi del film, i fratelli Wachowski, hanno preso contatto con Jean Baudrillard per chiedergli di fornire la sua consulenza per i sequels in preparazione. Ma il filosofo francese ha rifiutato. "Matrix è un po' il film sulla Matrice che avrebbe potuto fabbricare la Matrice".

"Se gli uomini creano o fantasticano di macchine intelligenti vuol dire che segretamente disperano della loro intelligenza, oppure sono schiacciati dal peso di una intelligenza mostruosa e inutile che in qualche modo esorcizzano nelle macchine per poterne giocare e sorridere … se gli uomini sognano macchine originali e geniali vuol dire che disperano della propria originalità o che preferiscono farne a meno e goderne per macchine interposte. Ciò che queste macchine offrono è soprattutto lo spettacolo del pensiero e gli uomini manipolandole si dedicano allo spettacolo del pensiero più che al pensiero stesso. Il problema del pensiero, così come quello della libertà, non potrà più essere posto per le generazioni future. Così gli uomini dell'intelligenza artificiale attraverseranno il loro spazio mentale, immobili, legati al loro computer. L'uomo virtuale sarà un handicappato fisico e mentale. A questo prezzo sarà operativo."

Jean Baurillard è morto nel 2007. Questo è mio zio Franco.

La realtà, per il compianto Baudrillard pensatore, scompare e viene sostituita dal contrario di quella che essa era, o era creduta, o che magari non è mai esistita; una anti-realtà, una iperrealtà, la cui sola ragion d’essere è di suggerirci, per contrasto, che la realtà vera esiste ed è tutt’intorno, mentre noi siamo invece sprofondati nella sua caricatura, nella sua menzogna, nel suo contrario.

O forse in un brutto videogioco, vai a sapere.

"[…] Allora lo sviluppo tecnologico significherebbe che l'uomo non crede più in una sua esistenza propria e ha scelto un'esistenza virtuale, un destino per procura. Tutti i nostri artefatti diventano quindi il luogo dell'inesistenza del soggetto, del suo desiderio di non esistere."

Leggete 130 pagine del genere, non giocate a Destiny. È pieno di veleno.