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Racconti dall’ospizio #221: MadWorld - Wiiulenza e secchiate di plasma

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

All around me are familiar faces
Worn out places, worn out faces
Bright and early for their daily races
Going nowhere, going nowhere
Their tears are filling up their glasses
No expression, no expression
Hide my head, I want to drown my sorrow
No tomorrow, no tomorrow

Il 20 marzo 2009, accadde un fatto videoludico bizzarro, per non dire bizzarrissimo (“ciao, signore!”).

Il candido Wii, che fino ad allora aveva costruito il suo (in)successo a suon di favole, funghetti colorati, idraulici spaziali e sfavillotti teneroni, si macchiò improvvisamente di rossissimo sangue. Fiumi di emoglobina, galloni di fluido purpureo, secchiate di plasma che circolavano con furibonda maestria nell'apparato cardiotecnoludico del nuovo gioco di PlatinumGames.

MadWorld aveva solo tre colori (bianco panna, nero pece e globulo rosso) e un producer che lévati (Atsushi Inaba). Era un gioco sanguinario, perverso, sadico, turpe e scurrile. Sebbene squisitamente iconografica e inverosimile (ovvero, la sua manifesta artificiosità ne mitigava/smorzava giocoforza la brutalità), tutta quella Wiiulenza funzionava a meraviglia.

Già, proprio su Wii. Soprattutto con l’accoppiata Wiimote+Nunchuck. Alla faccia del Regno dei Funghi. Alla faccia delle sue quindici copie vendute. A meraviglia, vi dico.

I rimandi alle tavole di Frank Miller (mettiamoci anche 1997: Fuga da New York, The Running Man e Battle Royale) erano evidenti. Varrigan City, metropoli situata sulla Jefferson Island, era il teatro dell’azione. Il protagonista indiscusso e incazzato si chiamava Jack Cayman, o "Jack e basta". La trama era subordinata al massacro. Una sordida voce in filodiffusione avverte la popolazione che ormai non si può più fuggire via. Nessuno può lasciare l'isola, le forze dell'ordine sono tagliate fuori, non esistono più leggi, eccetto quella del più forte. Conviene subito armarsi e iniziare a fare a pezzi i propri concittadini, per garantirsi la sopravvivenza nel cosiddetto Death Watch.

Il premio per il vincitore? Cento milioni di dollari e l’agognata libertà. Frechete!

And I find it kinda funny, I find it kinda sad
The dreams in which I'm dying are the best I've ever had
I find it hard to tell you, I find it hard to take
When people run in circles it's a very very
Mad world, mad world

MadWorld non era un prodigio di innovative meccaniche ludiche eppure, ancora una volta, funzionava alla perfezione. Il suo tessuto connettivo fluido era proprio dei classici beat ’em up / hack and slash / ti spacco il culo / STOCAZZO, organizzato da Platinum Games secondo una concatenazione di arene ricolme di carne da macello, villani affetti da gigantismo e tutto un ampio campionario di armi e strumenti per agevolare un trapasso sempre più creativo.

Non subordinava mai l'avanzamento nei livelli di gioco alla soluzione di enigmi o alla prova di abilità sulle piattaforme. Non contava il numero di kill o la velocità di esecuzione, quanto piuttosto il “come”. Sfruttare l'ambiente circostante e dilettarsi in omicidi sempre più complessi e ricercati era il modo migliore per far schizzare il contatore alle stelle.

Limitarsi a tagliare di netto il nemico con la motosega in dotazione era una roba da scarsoni e/o mammolette. Era molto più fregno (e remunerativo!) infilare il primitivo in una serie di pneumatici, conficcargli in gola una bottiglia di champagne e, previa agitazione, proiettarlo verso un tritarifiuti con spuntoni d'acciaio arrugginiti.

Tra l’altro, PlatinumGames introdusse anche una barra del surriscaldamento della motosega (uno stratagemma volto a limitare l’abuso dell’arma), assieme a un ampio campionario di strumenti non convenzionali, per lo più da conficcare.

Children waiting for the day, they feel good
Happy birthday, happy birthday
Made to feel the way that every child should
Sit and listen, sit and listen
Went to school and I was very nervous
No one knew me, no one knew me
Hello teacher, tell me what's my lesson
Look right through me, look right through me
And I find it kinda funny, I find it kinda sad

Il bello di MadWorld era anche il suo humor nero, le sue volgarità dispensate senza curarsi di morale o censura alcuna.

E non mancavano neppure alcune attività collaterali decisamente spassose.

C’era il golf umano (le palline erano - manco a dirlo - le teste ancora attaccate ai corpi) o persino il tiro al bersaglio, naturalmente umano, fatto di enormi turbine che maciullavano tutto o spuntoni arrugginiti che trafiggevano d'emblée le parti erogene dei malcapitati. Per non parlare della colonna sonora, che alternava hip-hop old school al metal più spietato, con un gradevole sottofondo di motosega che fuoriusciva dall’altoparlante del Wiimote.

Ad ogni colpo inferto, era un tripudio di rosso cremisi, che schizzava, sporcava il pavimento, insozzava i panni del protagonista e creava scompiglio tra i benpensanti. Il motore grafico era solido e funzionale all'azione, mentre la scelta cromatica, una volta in movimento e in pieno delirio di onnipotenza omicida, affascinava inevitabilmente gli astanti.    

Sei brevi ma intensissime ore per giungere all’epilogo finale, che impartirono al mondo dei videogiochi una lezione emblematica: il Wiimote era uno strumento perfetto per squartare un uomo/lupo mannaro/zombie/punk in senso longitudinale e separarne gambe e busto con un sol colpo orizzontale.

The dreams in which I'm dying are the best I've ever had
I find it hard to tell you, I find it hard to take
When people run in circles it's a very very
Mad world, mad world
Enlarge your world
Mad world

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Devil May Cry e alle pizze in faccia alla giapponese, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.