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Mario & Luigi: Superstar Saga era come un film!

Per il Calzati del 2003, dodicenne, Mario & Luigi: Superstar Saga fu una rivelazione totale! Fino a quel momento Super Mario era per me un’opera per lo più astratta, un personaggio in salopette che saltava qua e là per salvare una principessa, linea narrativa da fiaba della buonanotte raccontata attraverso un gameplay totalizzante, come i grandi platform sanno essere. Non avevo mai avuto la possibilità di provare Super Mario RPG di Squaresoft (SNES - 1996) né il primo Paper Mario di Intelligent System (N64 - 2000); quindi, Mario & Luigi mi arrivò proprio come un prodotto freschissimo, costruito però su elementi di gameplay mescolati e non shakerati che già all’epoca adoravo. Perché quella di AlphaDream è una follia meravigliosa, un JRPG con combattimenti a turni ibridato al metroidvania, che sembra uno Zelda ma, per sua stessa natura, non può rinnegare il platform, traslandolo in una prospettiva “a volo d’uccello” che inquadra perfettamente il vicino stato-legume oltre i confini del Regno dei Funghi: Fagiolandia.

Qualche immagine del remake uscito su 3DS, a mio gusto adorabile!

Proprio da qui, in visita ufficiale, arriva la Strega Ghignarda, un nome che è tutto un programma, che, sotto le mentite spoglie di ambasciatrice, si presenta al cospetto della principessa Peach e, in maniera subdola e meschina, le ruba la voce tra risate diaboliche: un affronto atroce! Chiaro che a questo punto gli agenti salterini al servizio di sua maestà entrano in azione (a dire il vero Luigi non ci pensava neanche di partecipare ma ci finisce in mezzo come al solito), sorprendentemente aiutati da Bowser e la sua ciurma di goomba e koopa, in quella che dovrebbe essere una missione di infiltrazione e recupero dai contorni decisamente comici e deliziosamente assurdi. Non c’è un solo momento in cui l’atmosfera farsesca e leggerissima perda smalto, tra faccette buffe, frasi in “dialetto” strettissimo doppiate e non tradotte, personaggi completamente schizzati, citazioni, e un umorismo slapstick alla Stanlio & Ollio, brillantissimo, dove Mario e Luigi si prendono a martellate, si danno fuoco, Mario si riempie la pancia d’acqua e Luigi gli fa il solletico per fargliela sputare, per non parlare delle mosse in combattimento, vere e proprie coreografie fuori di testa con conseguenze ridicole se si sbaglia la sequenza di tasti.

E in generale il combat system è proprio lo specchio della straripante personalità dell’opera, con turni tanto secchi quanto dinamici, in attacco come in difesa, con avversari che ammiccano per farci intuire chi attaccheranno e pattern sempre vari da imparare per difendersi e contrattaccare. Ma poi, che meraviglia l’animazione con cui i due inghiottono in un sol boccone funghi, noccioline e sciroppi per recuperare energie, col gozzo di 2 pixel che si muove su e giù! Classe cristallina. È proprio questa espressività che lo rende così caratteristico e sorprendentemente “cinematografico”, soprattutto in relazione alle produzioni Game Boy Advance (forse solo Wario Land 4 e WarioWare sono su questo livello), unita a una varietà di situazioni e a un ritmo martellante, saltellante, elettrizzante. L’inedita Fagiolandia nasconde location adorabili, monti, cittadine, profondità marine, ma anche boschi dove si coltivano bacche esilaranti per dare vita a pregiati vini frizzanti, templi e laboratori, inventandosi sempre qualcosa per variare l’esplorazione, tra salti, buche nel terreno, rimpicciolimenti, e addirittura la possibilità di trasformare il povero Luigi in una tavola da surf per cavalcare le onde! 

La voce rubata della principessa andava portata in salvo… Amaro Fagiolone, sapore di legume.

Lo ammetto, questo articolo è stato un po’ la scusa perfetta per rigiocarci dopo un sacco di tempo e mi ci sono divertito così tanto che mi è sembrato di stare facendolo per la prima volta. Merito del gameplay fluidissimo ma anche di singoli momenti fantastici, tipo quando a Toadopoli, cittadina fondata da emigrati del Regno dei Funghi a Fagiolandia, Mario rimane intossicato da un fungo velenoso e Luigi deve andare da solo a recuperare l’antidoto; solo che se la fa addosso perché gli dicono che il posto è infestato da mostri ferocissimi e l’unica cosa da fare è portarlo da una specie di strizzacervelli che lo ipnotizza, facendogli credere di essere il fratello. Oppure le boss fight, che belle le boss fight. C’è materiale per una sceneggiatura clamorosa qui dentro; Bowser prima alleato e poi trasformato in Ghignobowser (oltretutto sta roba dei ghigni ha anche un che di inquietante, tipo Us in salsa Nintendo a volte), il mitico Fagiolostella, obiettivo ultimo della strega che reagisce a una voce pura per esaudire i desideri e si arrabbia fino a esplodere se il suo udito non è soddisfatto, per non parlare delle comparsate del Dottor Strambic direttamente da Luigi’s Mansion, qui in veste di grande appassionato di caffè (prodotto con fagioli tostati, chiaro… Anche ‘sta cosa dei fagioli alla lunga si fa un po’ inquietante, tipo Valfrutta in salsa Nintendo).

La verità è che spin-off del genere ribaltano totalmente la convinzione popolare per cui la narrazione nei giochi di Mario sia robetta; o meglio, questa cosa è vera nei giochi principali della serie, ma tanto AlphaDream quanto Intelligent System hanno dimostrato negli anni che il meglio della videogame comedy è proprio roba da Super Mario. Giusto qualche mese fa ho finito l’ultimo Paper Mario, The Origami King, e giuro che non ho mai riso tanto davanti a un videogioco. Mario & Luigi, nello specifico, è una serie che sembra nata per essere adattata al cinema, con cinque capitoli uno più matto dell’altro (tra cui un crossover proprio con Paper Mario) che rendono ancora più amaro il fallimento di AlphaDream, un pagina parecchio triste e abbastanza rara nel panorama dei second party Nintendo, con conseguente congelamento dell’IP a tempo indeterminato (anche perché con Mario + Rabbids a Kyoto hanno già trovato un sostituto). Quel che resta è però il fondamentale contributo alla creazione di una mitologia mariesca così stratificata, ridicola, affascinante e irresistibile che, senza Superstar Saga, non avrebbe forse avuto lo stesso sapore, lasciando ai posteri anche preziose testimonianze di game design su come gestire incredibilmente bene l’ibridazione di genere, per una serie che non è mai stato possibile etichettare e che ha sempre osato, scherzato e sperimentato con il materiale videoludico più famoso al mondo, in maniera molto “indie” e iconoclasta. Solo amore.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Mario, che trovate riassunta a questo indirizzo.