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Le serie animate Marvel, che gran circo, signora mia

Un po’ come successe per la DC con l’uscita di Justice League, vediamo di fare un po’ di ordine nell’universo Marvel fatto di disegni che si muovono, a volte fatti a mano, a volte fatti con un computer. Anche stavolta è bene precisare che si tratterà di una cavalcata basata sui ricordi e senza la pretesa di essere super dettagliata. Del resto, nell’odierno internet, bastano pochi clic per arrivare a pagine con listoni ordinati come, banalmente, quella di Wikipedia. Io sono sempre stato nettamente schierato a favore della Marvel, per amore della continuity, dei supereroi calati in un contesto riconoscibile e più reale, e altri fattori che non staremo qui a elencare. E anche al cinema, visti gli ultimi dieci anni, non si può dire che Warner e il suo universo DC si siano impegnati per ribaltare la situazione anzi. I Marvel Studios hanno tirato fuori anche tanto liquame, chiariamolo subito, ma l’attesa per Avengers: Endgame mi pare leggermente più alta che per Justice League o altri prodotti della Distinta Concorrenza, non trovate? Poi, come sempre, chi vivrà vedrà. Basta perdere tempo: nell’attesa del gran finale (credeteci), guardiamo cosa ha tirato fuori mamma Marvel coi suoi cartoni animati.

Beh, se devo cercare un’inizio nei miei ricordi, in realtà, partirei proprio dall’inizio di tutto, da The Marvel Super Heroes, serie antologica del 1966 che nel resto del mondo e in Italia è arrivata in varie forme, in vari anni e in varie epoche, tanto da poterne aver visto io stesso alcuni stralci, nonostante gli oltre cinquant’anni che porta sulle spalle. È il primo prodotto animato Marvel, o quasi, nel senso che di animato ha poco. Vignette in movimento, come l’italianissimo SuperGulp nostrano, che ho assaporato in varie repliche o in rete. Piccoli segmenti che riprendevano le avventure a fumetti degli Avengers, da Capitan America, Thor, Hulk, Iron Man e Namor, il sub-mariner. Uno che è tipo Aquaman ma è nato prima, anche se ancora il mondo massificato non lo conosce (portate pazienza, lo tireranno fuori, vedrete).

Ricordo nettamente alcuni episodi dedicati a Capitan America, ovviamente contro il Teschio Rosso, passati su qualche TV locale e di cui discutevo in mensa alle elementari. In Italia hanno anche spesso replicato un mischione di alcuni di questi segmenti, con annesse anche serie realizzate dopo, ad esempio quella su Spider-Woman, il tutto condito con una sigla fantabulosa, che merita di non essere dimenticata. Già dalla sigla si nota come la Donna Ragno sia una serie di qualche anno dopo e totalmente animata, a dispetto degli altri poveri eroi. Comunque, Iron Man, sei forte.

Gli anni Sessanta sono però stati ovviamente dominati da Spider-Man, con la sua storica prima serie animata, che fu infatti realizzata a parte e senza usare la tecnica delle vignette in movimento. Ma non mi dilungherò sul tessiragnatele, correte a leggere (o rileggere) quello che si è detto lo scorso anno con la Cover Story a lui dedicata, in una disamina sulle sue serie animate.

Fino agli anni Novanta, in generale, sarà sempre Spidey a tenere alta la bandiera Marvel con le migliori produzioni (ciao Uomo Ghiaccio e Stella di Fuoco!), se escludiamo una serie sui Fantastici Quattro e una su Hulk. La seconda era piuttosto standard, quella dei Fantastici quattro era quantomeno bizzarra. Prodotta dalla De Patie / Freleng Enterprises in collaborazione con Marvel Comics Animation, si intitolava The New Fantastic Four, perché la formazione era appunto nuova. Cioè, uguale, ma senza la Torcia Umana, tenuta in disparte perché doveva essere utilizzata altrove da Universal, a cui Marvel aveva concesso i diritti. Per far restare quattro i protagonisti, Johnny Storm viene rimpiazzato dal robottino H.E.R.B.I.E. Non chiedete. Comunque, quando la guardavo da bimbo sulle reti locali o replicata poi in Rai, pensavo sempre di beccare le puntate in cui “La Torcia non c’è, cavolo”. Marvel mi deve un'‘illusione durata decenni.

Arriviamo ai nineties, di già, con le serie più famose sui supereroi Marvel, quelle che conoscono davvero tutti gli aficionados e che fra l’altro dettero vita a una sorta di Marvel Animated Universe, collegandosi qua e là con super tizi che si ospitavano a vicenda nelle serie. Le danze le hanno aperte gli X-Men, con una fra le migliori produzioni animate Marvel di sempre: X-Men - The Animated Series (in realtà solo X-Men ma, per evitare confusione e seguire il successo di Batman - The Animated Series, ogni cartone animato di supereroi, appena poteva, veniva rinominato The Animated Series).

Cinque stagioni per un totale di 76 episodi, in Italia andate in onda nella seconda metà degli anni Novanta su Italia 1, oggi ancora replicate su Fox Kids (FOX. Che, da roba Marvel, che viene comprata dalla Disney, che poi compra Fox, che al mercato mio padre comprò). X-Men è una serie formata non più da episodi autoconclusivi o da doppie puntate speciali, ma da veri lunghi archi narrativi simili a quelli dei fumetti, con una forte ispirazione alle storie anni Ottanta e inizio Novanta firmate da Chris Claremont, il vero papà dei mutanti moderni. C’è tutto quello che poi si sarebbe visto nei film targati 20th Century Fox: Xavier e Magneto nemici/amici, le Sentinelle, il razzismo verso i mutanti. La lunga saga di Jean Grey che diventa Fenice (e che rivedremo al cinema con il gran finale della saga mutante targata Fox), Apocalisse, l’oscuro passato di Wolverine e la sua eterna lotta con Sabretooth.

Il look della serie fece impazzire i giapponesi, tanto che ancora oggi, nei vari Marvel vs Capcom e in produzioni di quel tipo, gli X-Men hanno generalmente sempre quel classico look tamarro dei primi anni Novanta. Solo l’universo cinematografico Marvel, col suo successo globale, sta smuovendo le cose anche nella Terra del Sol Levante. Le trame che si intrecciavano di puntata in puntata avevano il sapore del fumetto seriale; per un ragazzino, erano il massimo e, a pensarci bene, avevano un tipo di narrazione che le serie TV ancora dovevano adottare, almeno in larga parte, escludendo le soap opera. L’animazione era nettamente superiore a quella delle precedenti produzioni Marvel (chiaramente: erano passati anni) e la serie ottenne un successo incredibile, seppur con alti e bassi a livello produttivo, che inficiarono un po’ la qualità delle ultime stagioni anche dal lato visivo. Ma la strada era spianata e Marvel iniziò la sua seconda fase animata.

Tralasciando appunto Spider-Man -The Animated Series, di cui si era parlato, gli anni Novanta ci hanno regalato Iron Man, con sole 26 puntate e due stagioni, in cui il Vendicatore di Ferro faceva coppia con War Machine. Una serie più difficile da vendere al pubblico, visto che il personaggio godeva di minor successo, cosa che a sentirla oggi fa quasi ridere, vero Robert Downey Jr? Bizzarra la doppia puntata iniziale, che vede il temibile Mandarino scontrarsi con iron Man e risvegliare il drago Fing Fan Foom (capite perché era difficile proporre questa roba al grande pubblico?). Iron Man resta intrappolato sottoterra con l’armatura che deve auto ripararsi, ma Tony non può permettersi di svenire nel frattempo, deve restare cosciente o sarà la fine. Come decide di stare sveglio? Attiva un proiettore sul casco dell’armatura e chiede alla stessa di trasmettere le registrazioni dei ricordi di come è diventato Iron Man, in modo da poterle mostrare anche a chi guardava la serie. OK. Il cartone faceva anche uso di una computer grafica che vista oggi è agghiacciante, ma anche ieri non è che fosse uno spettacolo irrinunciabile. Decisamente, ad Iron Man andava meglio quando veniva ospitato nelle serie amiche, come ad esempio proprio quella di Spider-Man o in L’Incredibile Hulk.

“Ha la forza di mille uomini e più si arrabbia più mostra i muscoli. Chi fermerà l’incredibile Hulk?”, si chiedeva Giorgio Vanni nella sigla della serie animata del 1996, dove Iron Man appunto appariva, ufficializzando che fosse davvero tutto collegato (gli X-Men erano comparsi in Spider-Man, dove debutteranno poi i Fantastici Quattro). Con Hulk le cose vanno decisamente meglio, i toni si fanno più adulti e lo stesso personaggio si presta meglio a storie meno pacchiane, districadosi fra militari che lo vogliono morto e il riuscire a governare quello che più che un superpotere è una maledizione. Non è ben chiara la decisione, da parte di Marvel, di troncare la serie molto presto, sicuramente un mix fra il poco appeal per i ragazzini, che pretendevano più distruzione e meno introspezione da parte del personaggio, e qualche polemica riguardo i temi trattati, ritenuti forse a volte troppo adulti da qualche associazione di genitori. Niente dichiarazioni ufficiali, molta fumosità, il povero Hulk chiude anche lui dopo solo due stagioni e 21 puntate. Ma grazie a Giorgio Vanni, vivrà nei nostri incubi.

Serie meno popolare e ugualmente finita nel tritarifiuti (chiedetevi poi perché anche al cinema, oltre a Spider-Man e gli X-Men, fosse così difficile tirare fuori film decenti) è Fantastic Four. Lanciati dalla serie di Spider-Man, potevano finalmente contare su un’animazione totale e su quattro membri fissi. Anche le storie pescavano direttamente dai classici anni Sessanta del quartetto, con atmosfere che toccavano Kirby e Byrne, praticamente il meglio della loro produzione a fumetti. In America, la serie veniva mandata in onda in un segmento della durata di circa un’ora, accoppiandola con Iron Man. Entrambe le seconde stagioni delle due serie subirono un restyling che ne migliorava l’animazione, oltre a proporre trame più mature, ma il risultato è servito a poco e anche Fantastic Four è caduta sotto la ghigliottina, fermandosi a 26 episodi. Ancor peggio è finita per Silver Surfer, di sole 13 puntate, perché Saban citò Marvel, sostenendo di possedere ancora i diritti sul personaggio, ceduti precedentemente. Resta comunque un piccolo gioiello, con grandi atmosfere cosmiche, una narrazione matura ed echi di Starlin, il creatore del Guanto dell’Infinito e di tutta l’epopea che ha portato la popolarità a Thanos.

Fino a qui, solo Spider-Man e X-Men avevano toccato le cinque stagioni e superato le cinquanta puntate. Marvel arriva a voler provare a giocare il carico da novanta e punta tutto sugli Avengers, seguendo la popolarità della Justice League della concorrenza e degli episodi crossover. The Avengers: United They Stand (da noi semplicemente I Vendicatori) arriva nel 1999, conta solo 13 puntate e forse non cattura abbastanza il pubblico a causa della singolare scelta di usare come team quella che di fatto era la formazione dei Vendicatori della Costa Ovest, amata dai nerd dei fumetti ma probabilmente meno appetibile per gli spettatori occasionali. Niente Capitan America o Iron Man, ma Occhio di Falco come capo, Scarlet Witch, Wasp e… Wonder Man e Tigra?

Il nuovo millennio ha posto fine a questo “universo condiviso”, che non si era mai davvero riunito, ma all’epoca, una comparsata da una serie all’altra già bastava ai fan per impazzire. Nuova era, nuovi progetti per la Marvel, che riparte con gli X-Men, già popolari grazie al primo film di Brian Singer. Siamo entrati nella prima era dei cinecomic, quella pre-Marvel Cinematic Universe, e su entrambi i fronti, filmico e animato, sono gli X-Men ad aprire le danze. Arriva X-Men Evolution, che per 52 puntate e quattro stagioni mette in scena le avventure di un team di mutanti moderno e composto da teenager, per essere più appetibile per i giovani. La serie va in onda nel nostro paese inizialmente su Italia 1, per poi spostarsi su Fox Kids, baia di approdo per un po’ tutta la produzione Marvel. Forte di un’animazione graffiante che strizza l’occhio all’oriente, la serie non è malvagia ma non raggiunge i fasti di quella anni Novanta. Facciamo un attimo un salto al 2009, con Wolverine & gli X-Men e la sua stagione unica di 26 puntate, che è quasi un seguito spirituale di questa, con Wolverine in prima linea dopo il successo che il personaggio ha ottenuto al cinema grazie a Hugh Jackman.

Tolte le tonnellate di serie su Spider-Man, tutti gli anni 2000 sono costellati di versioni più teen dei supereroi Marvel. Cartoon Network prova a chiedere il rilancio dei Fantastici Quattro, ed ecco Fantastic Four: World’s Greatest Super Heroes, del 2006. Il look fotonico intrigò il me adolescente, ma le storie non erano per nulla ispirate ai fumetti, sbagliando praticamente tutto. In America, lo show ebbe anche una distribuzione stile montagne russe, con episodi spezzettati e sparsi in diversi contenitori, che ne resero difficile la fruizione, praticamente un prodotto nato morto.

Nel 2008, il mondo inizia ad essere travolto dal’universo cinematografico Marvel, mentre Marvel e poi Disney si operano negli anni per riaccaparrarsi i diritti dei supereroi sparsi qua e là e gettano le basi per rendere gli Avengers il super gruppo più amato di sempre. Iron Man è un successo, tutti amano Robert Downey Jr. e Tony Stark rischia di sorpassare anche Spider-Man come popolarità. Tempo di scongelare il personaggio, fermo agli anni Novanta, ed ecco Iron Man: Armored Adventures: due stagioni, 52 puntate, prodotta da un numero semplicemente ridicolo di studi di animazione e tutta in computer grafica. La trovo di un brutto lancinante, non mi spiego come sia riuscita a toccare le 52 puntate, se non grazie alla popolarità del personaggio, ai pupazzi venduti, al Nick Fury di colore e a tutte quelle strizzate d’occhio ai film.

Dal 2010 al 2012, c’è la parentesi giapponese dell’animazione Marvel. Prima di allora, l’America si affidava a studi asiatici per animare gli episodi e, quando le serie sbarcavano in oriente, al massimo si realizzavano sigle animate ad hoc, ma mai era stata avviata una collaborazione con la Casa delle Idee per produrre delle serie. Il Giappone non resta però immune dalla Marvel mania dell’MCU, così ecco partire il progetto Marvel Anime, da noi mai sbarcato ma che ho recuperato nei meandri della rete. Il progetto prevedeva la creazione di un grande universo condiviso, ma nel giro di quattro brevi serie e due film, la cosa è morta lì. Nonostante la collaborazione di Madhouse e altri studi di sviluppo popolari in terra nipponica, la qualità generale non ha infatti soddisfatto i fan dell’animazione. Le quattro serie, Iron Man, Wolverine, X-Men e Blade, condividono un look moderno e molto adulto, quasi oscuro, e un’animazione decisamente troppo statica.

Intanto, il primo The Avengers cinematografico diventa uno fra gli incassi maggiori nella storia del cinema, l’MCU governa le menti delle persone e, anche se scoppiano le guerre, è più importante sapere quali siano le prossime pellicole Marvel che vedranno la luce. In campo animato, si decide così di iniziare a produrre serie ispirate all’universo cinematografico, che anche se non direttamente collegate, ne condividono lo spirito e il look, il tutto senza comunque rinunciare a produzioni inedite. Tra queste, è bene ricordare Ultimate Spider-Man o Hulk e gli agenti S.M.A.S.H., che assieme a Avengers Assemble (più vicina ai film), sancisce l’accoppiata Marvel/Disney XD, visto che la corporation di zio Walt ha nel frattempo ufficialmente acquisito la Marvel.

Arriviamo ai giorni nostri, con due menzioni d’onore: Guardians of the Galaxy, sui Guardiani della galassia in versione totalmente filmica, che mixa animazione tradizionale e computer grafica, e Big Hero 6, la serie che continua le avventure degli eroi Marvel usati da Disney per tirarne fuori uno dei suoi Classici, quelli del canone ufficiale. Roba che è nella lista assieme a Cenerentola, per dire. Una serie Marvel semi-sconosciuta di fumetti che diventa un Classico Disney e dal quale nasce una serie animata. Possiamo fermarci qui.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata agli Avengers, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.